LETTERATURA DEL TRECENTO – PETRARCA

IL TRECENTO

Premessa storica

L’evoluzione politica che aveva avuto inizio nel ‘200,precisa i suoi caratteri nel XIV secolo, ma con elementi nuovi e di grande importanza. I Comuni e i governi autonomi delle città decadono o perdono l’originaria fisionomia. In Italia al potere comunale subentra quello di tipo personale e accentratore della Signoria.

Se permane la contraddizione di fondo tra la borghesia ed un sistema feudale ormai esausto, un’altra ne insorge che oppone il popolo minuto, i ceti popolari, a mercati e banchieri. Questi dispongono di una autorità pressoché assoluta e se ne valgono per dominare il mercato del lavoro. Le città francesi ed italiane sono teatro di aspri conflitti di classe, in una situazione resa di continuo esplosiva dalla feroce rivalità delle città concorrenti. Famose sono, nella storia del nostro paese, la rivolta popolare di Roma capeggiata da Cola di Rienzo (1344) e più ancora quella di Firenze del 1378 che ebbe a protagonisti (e da essi prese il nome) gli artigiani poveri, i Ciompi, insorti contro la borghesia. Questa classe, ancora storicamente al suo sorgere, già determinava – per i rapporti sociali nuovi che aveva instaurato – la nascita, nel suo seno, di una classe antagonista, formata da quegli strati della popolazione che non possedevano altro che le proprie braccia.

Agli albori del ‘300, col trasferimento ad Avignone, in Francia, della sede papale (Roma e la Corte pontificia erano sconvolte dalle lotte dei nobili e degli ecclesiastici) la Chiesa viene investita da una crisi che culminerà, dopo qualche decennio, nel “grande scisma”: due parti si fronteggeranno, l’una a sostegno del papa a Roma, l’altra schierata con l’antipapa ad Avignone. Corruzione, difesa esasperata dei privilegi mondani e della potenza economica, stanno alla base della crisi dell’autorità religiosa, in uno dei periodi più oscuri della millenaria storia della Chiesa.

In ogni sua regione, l’Italia è lacerata, divisa. A differenza delle altre grandi zone europee, non riesce a configurarsi come nazione. Il fallimento del tentativo dell’imperatore Arrigo VII fa naufragare le speranze di quanti – come Dante – auspicavano una Italia riunita sotto la tutela di una monarchia universale. Paradossalmente, proprio in questo secolo l’Italia esprime una sua unità sul piano della civiltà e della cultura con opere che illumineranno l’Europa.

Nel 1348 una spaventosa catastrofe s’abbatte sull’intero continente: si diffonde, dalla Crimea, una violentissima epidemia di peste. Le cronache narrano di milioni di vittime.
È l’anno della “grande morte”. Difficile fu la ripresa: quando questa ebbe inizio, fu il genio italiano a guidarla.

Francesco Petrarca

La sua personalità – Personalità assai diversa da quella di Dante – forse più complessa ma anch’essa di eccezionale rilievo – ebbe Francesco Petrarca. Con la sua poesia portò il “volgare”, già costruito come lingua nell’opera dantesca, ad un grado elevatissimo di eleganza, purezza e perfezione formale.
L’erudizione profonda, l’amore per i libri, il recupero che egli compie – attraverso una ricerca scrupolosa e uno studio ancor più attento dei testi classici – dei valori umani dell’antichità riproponendoli, in una nuova visione, all’intelligeîîa dei suoi tempi; le sue stesse personali vicende: tutto si fonde e si compone in un’opera complessiva che apre un periodo nuovo nella cultura italiana e di tutta Europa.

Non sarà un politico come lo fu Dante, non ne condividerà l’ideale, già vanificato dal volgere degli eventi, di una monarchia universale. Pensa ad una Italia indipendente, autonoma che in Roma abbia il suo centro. Come Dante, esprimerà la propria condanna della corruzione della Chiesa e dell’abbandono, da parte di questa, della sua naturale missione spirituale.

Religioso come Dante, non avrà di questi la fede sicura e tranquilla: al contrario, inquietudine ed incertezza lo porteranno a considerare la fede come qualcosa mai definitivamente raggiunta.

Il suo Umanesimo sarà rivolto alla ricerca d’una sintesi tra la cultura degli antichi ed il sapere dei moderni: e se egli non sfuggirà alla suggestione di contrapporre Umanesimo a pensiero scientifico – in forza d‘una concezione che dà alle “lettere” una superiorità su ogni altra umana disciplina – pure se ne riscatterà per la passione di conoscenza, tutta moderna, che mai gli verrà meno.

La vita – Francesco Petrarca nacque nel 1304 ad Arezzo, dove il padre, condannato all’esilio da Firenze, aveva trovato rifugio. Otto anni dopo la famiglia si stabilisce ad Avignone, presso la Corte pontificia. .

Francesco vi inizia, appena dodicenne, gli studi giuridici, che perfezionerà più tardi a Bologna. Ma sin da allora sente, fortissimo, l’amore per il mondo classico. Nel 1326 torna ad Avignone, conduce una vita brillante, è ammirato e ricercato dagli uomini più colti e raffinati della Corte. In questi anni, Petrarca approfondisce la sua conoscenza dei classici: Cicerone, Virgilio, Tito Livio, Sant’Agostino. Non trascura, d’altra parte, le necessità materiali della vita: allo scopo di ottenere ricompense ed onori, abbraccia la carriera ecclesiastica, limitandosi, però, a prendere gli Ordini minori.

Nel 1327 incontra, innamorandosene, Laura, la donna che sarà l’ispiratrice delle sue opere in “volgare”.

Irrequieto per temperamento, insofferente e avido di novità, viaggia moltissimo lungo itinerari che gli permettono di ricercare le tracce della cultura antica. Petrarca riporta alla luce molte opere di Cicerone e di altri autori latini, salvandole probabilmente dalla distruzione. Intanto acquista e consolida una fama di dotto umanista: le principali Corti del tempo lo apprezzano e lo ospitano.

Ben presto i viaggi lo stancano: dopo aver visitato diversi paesi europei, decide di ritirarsi nella cittadina di Valchiusa e dedicarsi tranquillamente allo studio.

Ma non gli sarà facile trovare pace: il desiderio di calma e solitudine contrasta con la sua naturale irrequietezza; il fastidio, tutto intellettuale, che prova per il mondo contraddice la mai sopita ambizione di gloria; alla tentennante e discontinua fede religiosa si oppone il desiderio dei piaceri mondani e sensuali. Petrarca subisce il travaglio di una personalità contraddittoria. Nel 1347, preso da entusiasmo per il tentativo di riforma politica operato da Cola di Rienzo, parte per Roma, ma di fronte agli sviluppi negativi dell’evento, interrompe il viaggio e rimane a Parma.

Dopo la morte di Laura e di alcuni membri della sua famiglia, il Petrarca lascia Avignone e si stabilisce dapprima a Milano, poi a Venezia e infine ad Arquà, vicino Padova, dove muore nel 1374.

Opere minori – Francesco Petrarca fu stimato dai suoi contemporanei soprattutto per le opere latine, ispirate all‘ideale umanistico, ma che oggi sono considerate fredde e prive di spontaneità. Le più importanti sono: Africa.., Bucolicon Carmen.., De viris illustribus.., Epistolae metricae.., e le Epìstolae latinae in prosa.

Ha lasciato anche un libro di confessioni dei suoi intimi sentimenti e dei dolorosi contrasti del suo animo, il Secretum, documento fondamentale per lo studio della sua personalità.

In volgare ha scritto oltre il Canzoniere, un poema allegorico-morale: I Trionfi.

Il Canzoniere – L’amore per Laura, considerato come un pretesto, o meglio come uno strumento di indagine e di approfondimento dell‘esperienza spirituale, ha ispirato i 317 sonetti e le 29 canzoni di questa raccolta.

La sofferenza per il rifiuto della donna amata, il dolore per la morte di Laura, il malinconico ricordo dei pochi momenti trascorsi insieme, servono al Petrarca per guardare a fondo nel proprio animo, per tracciarne in certo senso la storia, per conoscerne meglio i dubbi e le debolezze.

Il Petrarca ci offre un completo ritratto autobiografico: sono presenti in questa opera i sentimenti, le aspirazioni, le incertezze della sua vita di uomo e di poeta, di studioso e di filosofo; tutti i problemi della sua esistenza di testimone attivo ed acuto degli sviluppi sociali e politici del tempo, di partecipe e costruttore di una civiltà nuova, l’Umanesimo, di cui fu iniziatore e poeta.

In quasi tutto il Canzoniere è il senso malinconico della brevità e caducità delle cose umane, e un dolore dolce che nasce dall’impossibilìtà di staccarsi dagli affanni del cuore, dal desiderio di gloria e di successo, per vivere nella solitudine pensosa del saggio.

Da qui il suo terrore umano della morte, l’angoscia del distacco da tutte le cose terrene: questo sentimento pervade dolorosamente tutta l’opera e ne costituisce, forse più dell’amore per Laura, il motivo unificatore e l’aspetto più vicino alla nostra sensibilità moderna.

DAL CANZONIERE

“Voi che ascoltate in rime sparse il suono”

Questo sonetto, composto dal Petrarca negli ultimi anni della sua vita, è il proemio, cioè l’introduzione, del Canzoniere. Il poeta è ormai pienamente consapevole del fatto che l’amore con le sue lusinghe è lontano, e tutte le cose terrene sono caduche, troppo brevi, inutili. Egli, stanco e indifferente di fronte a ciò che un tempo lo ha fatto soffrire, si rivolge a coloro che ascoltano le sue poesie frammentarie ispirate dai sentimenti amorosi che nutrivano il suo cuore negli anni della prima follia giovanile, quando era un uomo diverso da quello che è ora.  Egli spera di trovare tra coloro che odono i diversi modi in cui esprime il suo dolore e le sue riflessioni, combattuto tra le vane speranze e l’inutile sofferenza, non solo perdono ma anche pietà, soprattutto se qualcuno tra loro ha provato l’amore per propria esperienza. Ora egli si accorge di essere stato per molto tempo oggetto di chiacchiere e di riso per molte persone; perciò spesso si vergogna di se stesso. Il risultato del suo interesse per le cose inutili è la vergogna e il pentimento e il comprendere con chiarezza che tutte le cose che danno piacere in questa terra sono soltanto un breve sogno.

“Solo e pensoso”

Questo sonetto, pervaso da una profonda tristezza, esprime in modo misurato e senza alcuna ostentazione, il tormento e la sofferenza dell’animo del poeta che, solo e in preda a pensieri tristi, cammina lentamente per i campi deserti, desideroso soltanto di evitare ogni luogo in cui appaiano segni della presenza umana. Soltanto in questo modo può evitare la curiosità degli altri; infatti dai suoi gesti privi di allegria si comprende facilmente quanto sia sconvolto e turbato. È ormai convinto che i monti e le spiagge, i fiumi e le selve conoscano le intime sofferenze che nasconde agli altri. Purtroppo non riesce a trovare un luogo tanto aspro e selvaggio da impedire che l’Amore con le sue sofferenze gli sia sempre, quasi materialmente, accanto.

Forse questo è il sonetto più poeticamente valido del Petrarca; con parole semplici, e senza veemenza, egli riesce ad esprimere tutta la sofferenza e il dolore di un animo ferito, stanco e disgustato dal mondo. Ancora una volta il poeta esprime dolorosamente l’incapacità di trovare nella solitudine, abbracciata per disperazione, la pace dello spirito.

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1 – DANTE ALIGHIERI

2 – DANTE ALIGHIERI

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PAOLO E FRANCESCA – V Canto dell’ Inferno – La Divina Commedia – Dante Alighieri

IL QUATTROCENTO – L’UMANESIMO

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