NICOLÁS CRISTOBAL GUILLÉN – Scrittore e poeta cubano

Nicolás Cristobal Guillén Batista (Camagüey, 10 luglio 1902 – L’Avana, 16 luglio 1989) è stato uno scrittore e poeta cubano.

Quando, sull’esempio di simili esperienze europee (Stravinsky nella sua Sagra della primavera aveva riscoperto la musica popolare della Russia pagana e contadina, Darius Milhaud (Marsiglia, 4 settembre 1892 – Ginevra, 22 giugno 1974) era stato il primo a sfruttare il patrimonio indigeno popolare brasiliano di sambe nelle sue Saudades e in altre composizioni), la giovane cultura progressista cubana, tesa a quella ricerca di valori espressamente e particolarmente “americani”, nazionali, che verso il 1925 la accomunava a tutte le altre culture latinoamericane, volle far ricorso al folklore del proprio paese, trovò che niente meglio delle tradizioni popolari negre poteva rispondere a queste esigenze. Il più geniale dei musicisti cubani che portò a dignità d’arte tale folklore fu Amadeo Roldan: e uno dei suoi primi e migliori lavori in questo senso, furono le otto canzoni per voce e undici strumenti che si intitolano Motivos de son. Il son è una forma musicale popolare come la conga o la rumba: e il testo di quelle canzoni era stato scritto da un poeta, Nicolás Cristobal Guillén.

Musica e poesia avevano avuto la stessa fortuna a Cuba: tutt’e due attingevano allo stesso patrimonio folklorica, giacché il folklore negro era appunto fatto di poesie e di musica insieme strettamente congiunte. E Nicolás Cristobal Guillén, nato nel 1904 e che aveva fatto accurati studi universitari, riuscendo un acuto e fine conoscitore delle finezze letterarie della tradizione spagnola, volle appunto, con la sua maestria, sfruttar temi, motivi, linguaggio della poesia negra. Le poesie dei suoi primi libri, Motivi di son (1930) e Sòngoro cosongo (1931) sono in gran parte testi per canzoni, pieni di una corrusca ed esotica pittoricità su ritmi prima d’allora estranei alla poesia di lingua spagnola.

Ma ben presto Guillén s’accorse che l’afrocubanismo (cosi si chiamava appunto il movimento poetico e musicale che intendeva rifarsi al patrimonio folklorica negro) avrebbe finito per esaurirsi nel solito cliché del negro ebbro di sole e steso languidamente sotto una palma con una chitarra in mano. Suo padre era stato un soldato, e da soldato era morto: e in lui la tragedia familiare si univa al drammatico destino che, in Cuba e altrove, costringe i figli dei popolani, se vestiti della divisa militare, a sparare contro gli stessi popolani che scioperano o si ribellano. In Canto per soldati e sones per turisti (un titolo ironico e allusivo) questo tema militare si svolge in forme e con accenti che ricordano certo Bertolt Brecht. Muore un soldato, e la sposa e la madre vengono a reclamarne la salma, ma l’ufficiale impietoso la nega loro; canta il coro:

Cin, cin, cin!
I; soldato è il meno.
Cin, cin, cin!
ne abbiamo tanti di soldati!

Così, nella poesia di Guillén, le storie di negri e meticci diventano a poco a poco (intanto il poeta si era avvicinato al movimento operaio e aveva assunto responsabilità politiche) le storie di tutti gli operai e di tutti i contadini della terra: e i temi sono sempre gli stessi: miseria, fame, desolazione, morte, scioperi e rivolte – e di contro oppressione, sfruttamento e violenza. È la storia di Simon Caraballo:

Luna fredda di notte,
mattina senza caffè. 
Non so che farne delle mie braccia,
ma troverò come usarle.
Io,
il negro Simon Caraballo
ho i pugni chiusi,
i pugni chiusi,
e ho bisogno di mangiare.

L’elemento che inserirà definitivamente Nicolás Cristobal Guillén nel movimento internazionale antifascista e progressivo sarà la partecipazione alla guerra di Spagna.

Il libro che da quella esperienza ha tratto (España, 1937) non per niente è composto da quattro “angosce” – come il poeta dice – e una “speranza”: la speranza è quella che chiude il libro con questi bellissimi versi:

Io… amo le libertà semplicemente,
come si ama un bimbo, il sole, un albero
piantato in faccia a casa…
I nostri rozzi 
scarponi risuonando
diranno al bosco tremula:
“È il futuro che passa”. 

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