FRANCESCO FLORA

FRANCESCO FLORA

Francesco Flora (Colle Sannita, 28 ottobre 1891 – Bologna, 17 settembre 1962) è stato un critico letterario, storico della letteratura, poeta e scrittore italiano, di formazione crociana, nonché antifascista. Francesco Flora svolse sempre un’attività di “fronda” nei confronti del regime, tanto da essere perseguitato ed emarginato in campo accademico, nonostante fosse uno dei più illustri letterati italiani del Novecento. A Francesco Flora, nel 1955, il Ministero degli Interni Mario Scelba ha recato la grave offesa del ritiro del passaporto al suo ritorno dalla Cina.

La carriera letteraria di Francesco Flora ha inizio con un libro del 1920-21, Dal romanticismo al futurismo, che è un po’ la sua autobiografia mentale; in esso egli rende omaggio al Maestro che lo ha aiutato a liberarsi dalle influenze che su di lui aveva esercitato l’arte decadente. “Credo di dovere a Benedetto Croce – egli scrive – se a fatica mi sono liberato e mi vengo liberando dal decadentismo contemporaneo”. I miti della parola (1931) segnano in certo modo il suo passaggio definitivo ad una nuova maniera critica, ispirata all’estetica del Croce.

Dal suo libro del 1931 al più recente, Orfismo della parola (1953), il Flora è venuto elaborando una sua “estetica della parola”; nelle sue pagine la parola è amata per le sue risonanze musicali, per le sensazioni che essa suscita. Questo suo amore per la parola, anziché inaridire la sua critica in un gioco di ritmi e di cadenze, gli ha permesso di scrivere le sue pagine migliori sulla poesia contemporanea (Civiltà del Novecento, 1934; Poesia ermetica, 1936; Scrittori italiani contemporanei, 1952), e, nella sua grande Storia della letteratura. su tutti i poeti più “fioriti”, dal Petrarca agli scrittori del Seicento, dal Metastasio al D’Annunzio. Il Flora ha scritto anche due romanzi, La città terrena, del 1927, e Mida e il nuovo satiro, del 1931, che però interessano soltanto la storia della sua formazione culturale.

Come si vede, il contributo dato da Francesco Flora alla nostra critica letteraria è stato ingente e prezioso, anche se in parte limitato dal mancato approfondimento della genesi storica delle singole opere, del loro nascere e formarsi in un determinato periodo storico, in una determinata situazione sociale ed umana. Un limite che egli ha ereditato dal suo maestro napoletano, e che in certo senso ha anche aggravato, per quel suo gusto tutto musicale e sensuale della parola e del verso.

Non bisogna, tuttavia, dimenticare la funzione educativa che il Flora ha avuto durante il ventennio verso molti intellettuali, con l’esempio della sua dignitosa opposizione al fascismo.

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