QUARTO POTERE (Citizen Kane) – Orson Welles

QUARTO POTERE

Titolo originale – Citizen Kane
Lingua originale – Inglese
Paese di produzione – Stati Uniti d’America
Anno 1941
Durata119 min
Dati tecnici Bianco/Nero
Genere drammatico
Regia – Orson Welles
Soggetto – Orson Welles
Sceneggiatura – Orson Welles, Herman J. Mankiewicz
Produttore – Orson Welles per Mercury Theatre e George Schaefer per RKO
Casa di produzione – Mercury Theatre – RKO Radio Pictures
Distribuzione in italiano – RKO (1948)
Fotografia – Gregg Toland
Montaggio – Robert Wise
Effetti speciali – Vernon L. Walker, a.s.c.
Musiche – Bernard Herrmann
Scenografia – Van Nest Polglase, Perry Ferguson
Costumi – Edward Stevenson

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PERSONAGGI E INTERPRETI
Orson Welles: Charles Foster Kane
Joseph Cotten: Jedediah (Johnson/John) Leland
Everett Sloane: Mr. Bernstein
Dorothy Comingore: Susan Alexander Kane
Agnes Moorehead: Mary Kane
Ray Collins: James W. Gettys
Ruth Warrick: Emily Monroe Norton Kane
William Alland: Jerry Thompson
George Coulouris: Walter Parks Thatcher
Paul Stewart: Raymond, il maggiordomo
Philip Van Zandt: Mr. Rawlston
Fortunio Bonanova: Matiste, il tenore
Gus Schilling: Capo cameriere
Georgia Backus: Signorina Anderson
Harry Shannon: padre di Kane
Erskine Sanford: Herbert Carter
Sonny Bupp: figlio di Kane
Buddy Swan: Kane a otto anni
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Doppiatori italiani

Emilio Cigoli: Charles Foster Kane
Renato Turi: Jedediah (Johnson/John) Leland
Oreste Lionello: Mr. Bernstein
Maria Pia Di Meo: Susan Alexander Kane
Dhia Cristiani: Mary Kane
Gualtiero De Angelis: James W. Gettys
Rita Savagnone: Emily Monroe Norton Kane
Pino Locchi: Jerry Thompson
Gianfranco Bellini: Walter Parks Thatcher
Cesare Barbetti: Raymond, il cameriere
Mario Feliciani: padre di Kane
Vinicio Sofia: Herbert Carter
Rina Morelli: bibliotecaria
Sergio Graziani: direttore del giornale
Manlio De Angelis: Bones
Gino Cervi: Voce narrante

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QUARTO POTERE – CITIZEN KANE racconta la storia dell’inchiesta fatta da un giornalista di nome Thompson per scoprire il senso delle ultime parole di Kane. Poiché il suo parere è che le ultime parole di un uomo devono spiegare la sua vita.
Forse è vero. Lui non capirà mai cosa Kane volesse dire, ma il pubblico, invece, lo capisce.
La sua inchiesta lo porta da cinque persone che conoscevano bene Kane, che lo amavano e lo odiavano. Esse gli raccontano cinque storie diverse, ciascuna delle quali molto parziale, in modo che la verità su Kane può essere dedotta soltanto, come d’altronde ogni verità su un individuo, dalla somma di tutto quello che è stato detto di lui.
Secondo alcuni Kane amava soltanto sua madre…, secondo altri amava soltanto il suo giornale, solo la sua seconda moglie, solo se stesso.
Forse amava tutte questa cose, forse non ne amava nessuna.
Il pubblico è giudice.
Kane era insieme egoista e disinteressato, contemporaneamente un idealista e un imbroglione, un uomo grandissimo e un individuo mediocre. Tutto dipende da chi ne parla. Egli non vene mai visto attraverso l’occhio obiettivo di un autore.
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Lo scopo del film risiede, d’altra parte, nel porre il problema, piuttosto che nel risolverlo.
CITIZEN KANE passerà alla storia del cinema come uno dei “capostipiti” di un certo modo di fare cinema. Oltre alla frantumazione del linguaggio convenzionale mediante l’uso sistematico – metafisico più che narrativo – del flashback, introduce nuovi modi realizzativi, per esempio il fatto che molte sequenze fossero confezionate a misura della musica.
Il film è un fatto nuovo perché ha impostato la narrazione cinematografica in un campo sin lì poco battuto, e teoricamente assai controverso…, il film psicologico…, e poi, perché sceglie come argomento della sua indagine una figura complessa e “difficile”.
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IL FILM CHE FECE TREMARE IL CAPITALISMO AMERICANO

Kane, favorito per la carica di governatore, tiene il suo discorso elettorale

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“La soppressione di un simile film sarebbe stata un delitto”…, scrisse sul “New York Times” del 2 maggio 1941, all’indomani della prima mondiale di CITIZEN KANE al Palace Theater, il noto critico del tempo Bosley Crowther.

Ciò vuol dire che si era brigato per sopprimerlo. Bosley Crowther aggiungeva, a scanso di equivoci… “E’ di gran lunga il film più sorprendente, più cinematograficamente eccitante che si sia visto da molte stagioni. Anzi, effettivamente il film più sensazionale mai realizzato a Hollywood”.
Siamo nel 1940.
Un giovanotto, arrivato a Hollywood da New York con qualche magia precedentemente sconosciuta, ottenne un contratto per fare un film con la R.K.O. in qualità di produttore, regista, scrittore e attore. Tutta la gente del mestiere si lasciò andare a grasse risate.
In primo luogo – dicevano in un parossismo di ilarità – un bambino, ha ancora il latte in bocca.
Secondariamente, non sa nulla della tecnica cinematografica, non ha mai realizzato un film, mai scritto una sceneggiatura e mai recitato per lo schermo.
Beh…, dicevano le malelingue del tempo, vedremo questo giovanottino implume dibattersi per un po’, buttar via un sacco di soldi e infine cuocere nel proprio brodo.
Dopo due o tre false partenze, probabilmente perchè il giovanottino implume non voleva compromettere la propria integrità artistica con la mentalità coagulata di Hollywood, egli cominciò un film intitolato CITIZEN KANE.
E di nuovo, giù le risate…eheheheh…
Beh… mercoledì 9 aprile 1941 il CITIZEN KANE ha avuto la sua anteprima all’Ambassador Theater.
Parecchia gente del mestiere, maschi e femmine, era là per spassarsela alla sepoltura e prolungare le risate. E ci fu, infatti, abbastanza ilarità. Ma non da parte dei maschi e delle femmine del mestiere, bensì da parte di Orson Welles e di coloro che avevano avuto fiducia in lui.
E avevano ben motivo di ridere, poiché Orson Welles aveva realizzato, senza minimamente ricorrere alla proverbiale formula hollywoodiana, uno dei film più belli mai usciti da Hollywood.
Con termini entusiastici si espressero, suppergiù, tutte le critiche americane dell’epoca. Tutte, eccetto quelle della stampa Hearst.
Sulla stampa Hearst era proibito parlare del film di Orson Welles, era proibito perfino accettarne la pubblicità.
Le cose erano andate in questo modo.
Quando giunse a Hollywood, Orson Welles era già celebre per aver spaventato l’America.
Enfant-prodige, anzi… enfant-terrible del teatro e della radio, egli si era servito di quest’ultima e di un testo del suo quasi omonimo H.G. Wells, LA GUERRA DEI MONDI, per inserirsi da par suo nel clima bellicistico che la propaganda hitleriana alimentava anche negli Stati Uniti.
Il 30 ottobre 1938, alle otto della sera, Orson Welles riesce a far credere agli americani che i marziani hanno invaso il paese. Scoppia il panico…., la gente affolla le chiese, fugge sulle montagne, si attacca ai telefoni chiedendo precisazioni alla polizia. Popolazioni si sollevano, individui si spararono o si gettarono dalla finestra, donne partorirono prematuramente.
Tutto questo perché il dramma radiofonico era stato interpretato con troppo realismo.
Nulla piace agli americani quanto questi colpi a sensazione.
Da un giorno all’altro, il ragazzone ventenne di Kenosha, Wisconsin, figlio di un inventore e di una virtuosa del pianoforte, l’attore che non si era ancora fatto abbastanza notare recitando il GIULIO CESARE in divisa fascista e il MACBETH in versione negra, diventò famoso.
Il ragazzo-prodigio, il ragazzo-terribile, il ragazzo-meraviglia.
Andò a Hollywood e impose quel contratto da favola, che mai nessuno aveva avuto prima di lui. Il capo della R.K.O. era allora un mezzo intellettuale, un certo ingenuo Gorge J. Schaefer.
L’uomo che aveva fatto sbarcare i marziani sul continente americano ottenne da lui tutto, perfino una clausola che impediva a chiunque società di controllare il materiale girato. Ecco perché la gente del cinema accolse Welles con uno scherno che non riusciva a mascherare l’invidia.
D’altra parte Welles la ricambiò…, ritenne sempre Hollywood “un sobborgo dorato, perfetto per i giocatori di golf, i giardinieri, gli uomini mediocri e i divi insoddisfatti…, ed io – aggiungeva – non appartengo a nessuna di questa categorie”.
“Silenzio! Un genio lavora!”… titolò imprudentemente un quotidiano, il giorno delle riprese di CITIZEN KANE, sperando di fare dell’ironia. Invece fece della cronaca, perché ci fu effettivamente silenzio e mistero attorno a quel che il nuovo venuto girò dal 30 luglio al 23 ottobre 1940, e perchè la personalità che stava dietro e davanti alla macchina da presa aveva indubbiamente qualcosa di geniale.
Diciotto anni dopo, al referendum mondiale di Bruxelles organizzato dalla Cineteca reale del Belgio, CITIZEN KANE sarebbe risultato tra i primi dodici migliori film della storia del cinema, quarto in graduatoria tra gli americani dopo LA FEBBRE DELL’ORO di Charlie Chaplin…, GREED di Eric von Stroheim…, e INTOLERANCE di Griffith. (Come si ricorderà, primo in classifica giunse LA CORAZZATA POTEMKIN di Eisenstein con 100 voti…, il film di Welles ne ottenne cinquanta.
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Mentre Orson Welles sta completando il montaggio, Louella Parson, una delle più note “pettegole” di Hollywood, mettendo il naso da quelle parti, sente odore di bruciato.
Pare che il personaggio principale del film, Charles Foster Kane, assomigli nientemeno che al suo padrone, all’onnipotente William Randolph Hearst, il magnate della stampa che mai nessuno aveva osato sfidare, l’uomo dalle collere leggendarie, dagli odi mortali, dalla potenza economica incommensurabile, dominatore e tiranno dell’opinione pubblica con la sua catena di quotidiani, riviste, stazioni radio.
E’ mai possibile che il cittadino Kane corrisponda al cittadino Hearst?
Nella seconda settimana di gennaio, su ordine del principale, Louella riesce a farsi proiettare una primissima copia del film alla R.K.O, in presenza di due legali e dell’autista di Hearst. Non si sa che cos’abbiano detto i due legali. L’autista, non facendosi vedere dagli altri si avvicinò a Orson Welles uscendo dalla proiezione e gli sussurrò… “Bravo, Mr. Welles, va proprio bene”…, la comare si attaccò al telefono e riferì cose di fuoco al capo.
Costui intima alla casa produttrice di non far uscire il film. La R.K.O. risponde picche. Hedda Hopper, rivale e concorrente di Louella Parson, si butta dalla parte di Welles.
Hearst lancia l’ordine ai suoi giornali: silenzio assoluto, totale!
La disputa è ormai pubblica.
Almeno ottocentomila dollari sono in gioco.
Una parte dello stato maggiore della R.K.O. sta per cedere.
Orson Welles entra in campo e minaccia di far causa per rottura di contratto.
A Los Angeles, durante un pranzo dell’associazione degli autori, egli dichiara con sarcasmo… “Appena lo scandalo suscitato da CITIZEN KANE sarà finito, girerò un grande film sulla vita di Hearst”.
Nel frattempo quest’ultimo, sta tentando la carta decisiva
…, ricomprare il film per distruggerlo. Non riuscendovi personalmente, cerca di ottenerlo attraverso un gruppo di produttori, i quali partono a loro volta in crociata e dichiarano di voler bruciare il negativo “per il bene dell’arte e dell’industria del cinema”.
Ma, per fortuna del cinema e anche dell’America, Schaefer e Welles tennero duro, e il 9 aprile del 1941 CITIZEN KANE fu presentato alla stampa e, poco dopo, al pubblico.
Purtroppo il pubblico americano non seppe apprezzarne i meriti, ma questo sarebbe un altro discorso.
Dunque, anche il CITIZEN KANE, come già era accaduto ai film di Stroheim e particolarmente a GREED (Rapacità) rischiò di andare distrutto. Certo, Hearst aveva più di un buon motivo per preoccuparsi. In effetti, le somiglianze c’erano. Come Kane nel film, anche Hearst nella realtà aveva un’amante (Marion Davies) ch’egli voleva assolutamente trasformare in una grande attrice, mentre non fu che una diva mediocre. Cantante invece che attrice, questa era la sfumatura di differenza…, del resto Jules Brulatour, il proprietario della Kodak, aveva voluto fare della propria moglie una grande cantante, e Welles lo sapeva.
Ad ogni modo, nemmeno le leghe puritane avevano osato attaccare Hearst che viveva con una donna senza averla sposata…, si poteva forse permettere che lo facesse un film?
Hearst era riuscito in passato a seppellire uno scandalo che lo riguardava piuttosto da vicino.
Secondo Kenneth Anger nel suo libro HOLLIWOOD BABILONIA, Hearst avrebbe ucciso per gelosia, sul proprio yacht, il grande regista Thomas H. Ince, il padre del western, che gli stava insidiando appunto l’amante, Marion Davies. Poi, sui giornali della propria catena, aveva fatto morire Ince “per un acuto attacco d’indigestione” mentre aveva comprato il silenzio della testimone Louella Parson, nominandola corrispondente a vita da Hollywood.
Come Kane nel film, anche Hearst nella realtà viveva in un palazzo-castello ch’era un incredibile guazzabuglio di stili, di dipinti, di armature, di sculture, di sarcofaghi.
Il brano del film in cui, facendosi l’inventario dei tesori alla morte del padrone, la distesa delle casse ripresa dall’alto suggeriva l’idea dei grattacieli di Wall Street, era il brano che più piaceva a Welles.
E anche Hearst, come Kane, aveva buttato qualche milione di dollari in campagne elettorali a proprio favore, senza mai riuscire ad essere eletto governatore o altro.
Perciò qualche buon motivo personale di avversione per CITIZEN KANE, non posso onestamente negarlo a Hearst. Ma il valore dell’opera non sta tanto nell’essere più o meno fedele alla biografia di un capitalista, quanto nell’aver dato una diagnosi profonda del capitalismo americano, sia pure da un punto di vista idealistico ottocentesco.
Welles apprezza molti aspetti di Kane e altri non riesce a sopportarli. Kane, in sostanza, è “anche” Orson Welles e quindi il regista-attore si autocompiace di certo sensazionalismo, di certa implacabile tenacia, di certa capacità di sbalordire. Ma non può tollerare, ad esempio, che Kane faccia incetta di tesori d’arte di tutt’Europa e non sia capace di goderne.
In questo, Kane è un perfetto nazista anche se l’autore scarica un po’ delle sue colpe sulla sua infanzia violentata dalla madre e dai banchieri.
Quel che vien fuori è una parabola moralistica, ma di eccitante potenza…, come il denaro e il potere tutto corrompono, tutto avviliscono, tutto distruggono, amicizie, matrimoni, rapporti umani. Una parabola ambivalente, poiché l’autore ha per Kane odio e amore, ammirazione e repulsione, come Eisenstein per il suo Ivan il Terribile, alias Stalin.
CITIZEN KANE ha per il cinema americano, nei riguardi del capitalismo, la stessa importanza che ebbe per il cinema sovietico – solo qualche anno dopo IVAN IL TERRIBILE nei riguardi dello stalinismo e del “culto della personalità”.
Anche CITIZEN KANE denuncia, a suo modo, un culto della persona.
“Signore e signori – lo presentò lo stesso Welles – non so cosa penserete del signor Kane, non riesco nemmeno a immaginarlo. Capite, l’ho interpretato io stesso… E’ un eroe e una canaglia. E’ un farabutto e magari un buon diavolo. E’ un grande innamorato, un grande cittadino americano, e un lurido porco. Tutto dipende da come se ne parla”.
Welles ne parlò con magniloquenza, con ambivalenza e con furore…, ne parlò dall’interno di se stesso, e nel contempo esternando contro di lui il proprio odio per la tirannia.
La critica americana capì benissimo gli intendimenti di Welles.
Capì che non bisognava, di fronte a CITIZEN KANE, cadere nella “tentazione di discuterne separatamente la tecnica e il contenuto… La cosa più sorprendente è che le innovazioni tecniche, per quanto sensazionali, non offuscano mai il significato del racconto. Al contrario, esse accrescono costantemente l’umore e la forza d’urto delle varie sequenze… Invece d’essere episodici, questi frammenti d’una vita dedita al potere e al possesso, magnificamente si attagliano al drammatico crescendo del film. L’amaro e solitario destino dell’egocentrico è conosciuto fin dall’inizio. Ma il ritratto di Kane assume nuove dimensioni poiché egli distrugge e perde ogni bene di cui si occupa. E’ un ritratto feroce ma dipinto con umana comprensione, e sempre sul limitare della tragedia.
La tragedia, appunto, della solitudine e dell’impotenza, nonostante il dominio delle masse e l’immenso potere privato.
E’ un punto di vista moderno, dal quale invito oggi a riguardare questo colosso della cinematografia, che fece tremare a suo tempo il capitalismo americano, e che è arrivato sui nostri schermi col suo titolo italiano di QUARTO POTERE

Ed è venuto il momento anche del suo successo.