LO STATO D’ISRAELE – La questione ebraica

.

DALLA NASCITA DEL SIONISMO ALLA GUERRA DEI “5 GIORNI”

 

LO STATO D’ISRAELE

Sorto come movimento ideologico per la ricostruzione di uno Stato ebraico, il sionismo ha assunto le forme di un movimento colonialistico ai danni degli Arabi abitanti la Palestina. La dichiarazione Balfour del 1917. Tre guerre.
.      
Nella seconda metà del secolo XIX gli Ebrei dettero inizio a un movimento chiamato sionismo da Sion, la fortezza di Gerusalemme distrutta dai Romani nel 70 d.C., data da cui ebbe inizio la diaspora, la dispersione cioè degli Ebrei nel mondo.

Il sionismo fu un movimento ideologico che, articolandosi in varie forme organizzative e arricchendosi di nuovi impulsi e di nuovi strumenti, divenne uno stimolo esaltante e un motivo di ricostituzione di uno Stato ebraico, il cui miraggio si presentava affascinante a tanti gruppi di Ebrei che avvertivano quanto fosse doloroso e penoso lo stato di segregazione nei ghetti cui la struttura di una società, di religione diversa, li aveva condannati, spesso perseguitandoli ferocemente.
Sarebbe tuttavia errato, perché non conforme alla realtà storica, ritenere che il movimento sionistico si proponesse di convogliare tutti gli Ebrei in un unico Stato; moltissimi Ebrei, ampiamente integrati negli Stati che li avevano accolti e dove avevano costruito la loro fortuna, vedevano con particolare interesse una soluzione sionista, non nel senso di una loro partecipazione diretta, ma in rapporto a un aumento di prestigio e, di conseguenza, a un aumento di importanza nel giro dei loro affari, oltre che a un diretto strumento di potenza.
La partenza della nave Exodus. Le autorità britanniche impedirono che gli Ebrei imbarcati sulla nave sbarcassero in Palestina
.      
Del sionismo fu data da un comunista libanese la seguente acuta definizione (riferita da Maxime Rodinson “Israel, fait colonial?”):
“Il movimento sionista non è altro che Io sfruttamento dei sentimenti di un popolo largamente provato, per i profitti dei capitalisti ebrei legati a obiettivi imperialistici nell’Oriente arabo… I sionisti hanno negoziato lo stato di infelicità del loro popolo con una sorta di impresa commerciale e una piattaforma colonialista”.
.      
La nascita e lo sviluppo del movimento sono contrassegnati dalle seguenti date:
.      
1860: sorge a Parigi l’Alleanza Israelita universale, che si prefigge lo scopo di fondare scuole nell’area mediterranea per la formazione delle nuove generazioni ebraiche su nuove basi intellettuali e morali.
1880: alcuni gruppi di Ebrei immigrano in Palestina, ove acquistano appezzamenti di terreno, che fertilizzano e coltivano.
.      
1881: nella Russia meridionale hanno luogo eccidi di Ebrei (pogrom).
.      
1882: Leon Pinsker invita gli Ebrei all’autoemancipazione, con un appello che viene raccolto dagli studenti ucraini, i quali si trasferiscono in Palestina a fondarvi colonie agricole. A Odessa
e a Varsavia sorge la Società degli amici di Sion che si propone la raccolta di fondi per l’assistenza ai colonizzatori della Palestina. Migliaia di Ebrei si trasferiscono in Palestina, vi fondano colonie, aziende agricole, aziende artigiane.
.      
1884: Conferenza di Katovice, presieduta da Leon Pinsker, cui partecipano la Società degli Amici di Sion, l’Alleanza israelita universale e alcuni grossi personaggi dell’alta finanza mondiale, tra cui Rothschild. È il primo passo per la sintesi delle varie iniziative in un unico impulso e un unico obiettivo.
.      
1895: viene pubblicata I’opera fondamentale del sionismo, Der Judenstaat (Lo Stato ebraico) di Theodor Herzl, nella quale si progetta per la prima volta la costituzione di uno Stato ebraico.
.      
La cartina riproduce la divisione della Palestina decisa dall’ONU. La zona in grigio è quella conquistata dagli Israeliani nel corso della prima guerra contro gli Arabi
Dai consensi suscitati in tutto il mondo nasce il primo congresso sionistico mondiale (Basilea, 1897) che approva questa dichiarazione finale: “Il sionismo ha lo scopo di creare in Palestina per il popolo ebreo un asilo garantito dal diritto pubblico”: si crea un comitato d’azione che subito costituisce l’Organizzazione sionistica mondiale di cui Herzl è presidente.
Per opera del Comitato d’azione viene immediatamente realizzalo The Jewish National Fund (Fondo Nazionale Ebraico) per l’acquisto in Palestina di terreni da cedere ai coloni immigrati, dietro pagamento di una canone perpetuo, e il Palestine Foundation Fund (Fondo per la colonizzazione della Palestina), per il finanziamento della colonizzazione agricola, delle imprese commerciali, ecc.; entrambi questi organi finanziari, che hanno lo scopo di intensificare la corrente migratoria di famiglie ebraiche di lavoratori delle varie categorie produttive, entrano in funzione nel 1901.
In quello stesso anno Herzl chiede al Sultano (dal 1517 la Palestina era divenuta colonia turca) una concessione di colonizzazione della Palestina, ma ne riceve un rifiuto.
Nel 1902, in conseguenza di una nuova orrenda strage di Ebrei in Russia, il governo britannico offre El-Arish (località del Sinai) e l’anno successivo una zona dell’Uganda: entrambe le proposte sono respinte.
I sionisti puntano decisamente sulla Palestina facendo leva su due argomenti : uno biblico e uno storico.
Secondo il primo, fu Dio a farne promessa dopo che Abramo giunse nel paese di Canaan e, traversando il paese, arrivò fino al luogo di Sichem (odierna Nablus), su una collina presso Béthel, “e l’Eterno apparve ad Abramo e disse: Io darò questo paese alla tua progenie” (Genesi, XII,7).
La questione della “progenie” ha trovato molti oppositori alla tesi sionista su un piano scientifico.
Secondo Alfred Guillaume, professore di studi sull’Antico Testamento all’Università di Londra, per progenie si debbono intendere anche gli Arabi, musulmani e cristiani, in quanto discendenti di Ismaele (del testo Arabi e Ebrei appartengono alla stessa razza, la semitica).
Altri studiosi contestano che gli Ebrei moderni discendano dagli Ebrei biblici.
Harry L. Shapiro, capo del dipartimento di antropologia del Museo americano di storia naturale, e Juan Comas, dell’Università Nazionale del Messico negano che vi sia “una razza ebraica, come tale. Intanto, osservano giustamente che, essendo il giudaismo una religione, è accaduto che si potesse abbracciare tale religione pur essendo di razza diversa, così come è accaduto che gli Ebrei divenissero cristiani o musulmani.
Insomma, si può divenire Ebrei per elezione, ossia, per scelta religiosa, come per matrimonio. Inoltre, nelle trasformazioni cui si piega il fisico umano per il suo adattamento alle condizioni climatiche, gli Ebrei stessi sono divenuti diversi, da paese a paese, tanto che difficilmente si potrebbe riconoscere un qualsiasi punto di contatto tra un paffuto olandese e un greco segaligno.
Per questo complesso di considerazioni, che gli scienziati suffragano con dati somatici, non si potrebbe parlare di una “progenie” nel senso indicato dalla Bibbia; non esisterebbero pertanto gli eredi della promessa biblica.
Dal punto di vista storico la questione è priva di senso. È vero che la storia della Palestina diviene a un certo momento la storia stessa del popolo ebraico e che la Palestina resta l’unico paese al quale si possa ricollegare l’idea di una comunità ebraica organizzata e indipendente. Ma è un richiamo storico cui viene meno qualsiasi validità.
Dovremmo rispolverare i diritti di Roma su Cartagine, o degli Arabi sulla Spagna, o dei Normanni in Sicilia. L’accettazione del principio che ogni popolo torni dove era molti secoli or sono, creerebbe uno scompiglio senza fine.
E sono per primi gli Ebrei a smentirlo.
Perché, a rigor di logica, tutti gli Ebrei della terra dovrebbero abbandonare le loro attività e i loro interessi a Parigi o a New York, a Londra o a Tokyo, per trasferirsi in Israele. In realtà, in Israele gli Ebrei sono poco più di due milioni; altri tredici milioni sono sparsi per il mondo. Comunque, la questione potrebbe anche essere accettabile, se la Palestina fosse rimasta spopolata, in attesa di un mitico ritorno dei suoi antichi abitanti. Ma vi sono popolazioni arabe le quali hanno sulla regione gli stessi diritti che possiedono gli italiani sull’Italia o i francesi sulla Francia: risiedono colà da infinite generazioni e hanno il possesso naturale di quella regione.
L’accusa agli Arabi di aver lasciato il deserto dove gli Ebrei hanno creato ricche fattorie agricole, anche se corrisponde al vero, nella realtà è profondamente ingiusta e si potrebbe facilmente ritorcere verso altri popoli di altre regioni, ove le condizioni feudali o/e lo sfruttamento capitalistico hanno conservato la miseria e l’arretratezza, l’analfabetismo e la superstizione.
Non bisogna dimenticare che gli Arabi, durante il dominio turco, furono mantenuti in condizioni feudali e furono sfruttati secondo il sistema coloniale.

PikiWiki Israel 46060 Haim Weizman.jpg
Chaim Weizmann
.      
La giustificazione storica non è dunque accettabile. La Palestina, tuttavia, rimane l’obiettivo dei sionisti. Alla direzione dell’organizzazione sionistica mondiale era successo a Herzl un professore di chimica di Ginevra, Chaim Weizmann, che per i suoi meriti fu chiamato prima alla cattedra di Manchester e poi alla direzione dei laboratori scientifici inglesi.
Con Weizmann, che tenne la carica per vari anni, salvo un intermezzo durante la guerra, in cui per i suoi onerosi impegni di lavoro la cedette ai Rothschild, il sionismo registra una svolta importante.
Nel 1917 tra i governi dell’Intesa erano intercorsi negoziati per il futuro del vicino Oriente, e ad essi avevano partecipato, per la loro importanza ai fini della guerra, del contributo finanziario e politico ebraico, anche eminenti Ebrei, tra i quali il Weizmann stesso, Nahum Sokolov e il barone Rothschild. In quella occasione essi ottennero una promessa di concessione di “autonomia interna alla nazionalità ebraica in Palestina, libertà d’immigrazione per gli Ebrei e costituzione di un ente nazionale ebraico per il ripopolamento e lo sviluppo economico del paese”.
La posizione degli Ebrei in Palestina si era fatto particolarmente precaria con lo scoppio della Prima  guerra mondiale, perché, essendo la Turchia alleata alle potenze Centrali, la Palestina era diventata una base turco-tedesca per le operazioni contro l’Inghilterra (in Egitto).
Le operazioni di guerra inglesi e le concomitanti azioni di Lawrence d’Arabia condussero alla vittoria inglese in Palestina (1917).
Il 2 novembre il ministro degli esteri inglese, Arthur J. Balfour, in esecuzione delle promesse precedenti, inviava a Rothschild la seguente dichiarazione: “Il Governo di S.M. considera con favore la creazione in Palestina di un focolare (Home; Foyer) nazionale per il popolo ebraico e adopererà i suoi migliori sforzi per facilitare il compimento di tale progetto, essendo chiaramente inteso che nulla sarà fatto che possa recare pregiudizio ai diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Palestina o ai diritti e allo statuto politico di cui godono gli Ebrei di ogni altro paese”.
.      
La dichiarazione Balfour, accettata dai governanti di Roma e di Parigi, fu inserita nel trattato di pace con la Turchia (Sèvres, 10 agosto 1920).
Il ritmo di colonizzazione ebraica della Palestina aveva assunto un livello preoccupante per gli Arabi, i quali non erano contrari all’immigrazione ebraica ma erano contrari fermamente alla loro pretesa di creare una comunità avulsa da tutto il contesto sociale del paese. La presenza ebraica era andata aumentando in maniera sensibile negli ultimi anni, quale conseguenza delle facilitazioni e degli appoggi internazionali di cui gli Ebrei godevano.
Dal 1850, anno in cui si contavano 12.000 Ebrei in Palestina, erano saliti a 15.000 nel 1882, 85.000 nel 1914, 100.000 nel 1918. Ed era una presenza che si materializzava in un possesso ben preciso della terra e in un conseguente arretramento degli Arabi; fu inevitabile che scoppiassero i primi conflitti, alcuni dei quali, nel 1920 e 1921, particolarmente sanguinosi.
Nel 1922 il governo inglese fu costretto a pubblicare una dichiarazione (White Manifest) in cui si precisava che gli abitanti della Palestina non avrebbero mai subito l’imposizione della nazionalità ebraica e che il Focolare nazionale ebraico si proponeva lo sviluppo della comunità ebraica esistente, il cui stanziamento in quegli antichi luoghi non doveva essere accolto con tolleranza, ma considerato un diritto legittimo.
Churchill, il quale nel 1922 era segretario di Stato alle Colonie, si spinse oltre dichiarando che non avrebbe acconsentito mai a che la Palestina divenisse uno Stato ebraico.
Il concetto di salvaguardia dei diritti civili e religiosi di tutti gli abitanti della Palestina, di qualsiasi razza e religione, veniva ribadito anche nello statuto approvato dalla Società delle Nazioni (1922).
Dopo la guerra fu affidato agli Inglesi il mandato sulla Palestina, confermato dalla Conferenza di S. Remo (1922) e dalla Società delle Nazioni (1923).
Sin dal 1920 era stato nominato alto Commissario per la Palestina l’ebreo Herbert Samuel, la cui presenza era stata evidentemente reclamata dai sionisti quale garanzia di attuazione del programma Balfour; inoltre I’O.S.M., alla cui testa era tornato Weizmann, creava l’Agenzia ebraica, un organismo di governo nell’ambito della comunità ebraica, per facilitare il compito a Samuel.
Nel ventennio compreso tra il 1920 e il 1940, costellato in Palestina di scontri sanguinosi tra Arabi e Ebrei, il programma sionistico è stato puntualmente svolto rivelando le sue profonde contraddizioni, di cui saranno vittime dapprima gli Ebrei come persone, poi lo Stato d’Israele come comunità politica.
La prima contraddizione del sionismo, implicita nell’ideologia di razza eletta, fu la orrenda persecuzione nazista in Europa. I carnefici nazisti adottarono, in fondo, un principio sionistico, quando colpirono gli Ebrei in nome della diversità di razza, della costante distinzione della comunità ebraica da quella ariana, e della superiorità di quest’ultima, destinata (e quindi eletta) a un grande compito storico per volontà della Provvidenza. L’elemento diverso consiste nell’affermazione che la razza  eletta è quella ariana; ma il principio è il medesimo.
Non si giudichi questa affermazione, come se volessi far carico agli Ebrei delle atrocità naziste, ma non si deve sottovalutare il contenuto di certe dottrine, che portano la tempesta, come le nubi; se ieri furono gli ebrei a pagarne lo scotto, oggi potrebbero essere gli Arabi.
Il sionismo infatti non ha favorito il processo integrativo tra i due popoli in Palestina, ma ha conservato alla immigrazione ebraica un carattere di distinzione e di contrapposizione alle popolazioni locali, un carattere di occupazione legittima e giustificata, se non dall’eredità biblica e dai diritti storici, dalla superiore civiltà, come i suoi centri organizzati hanno potuto dimostrare.
Si è rispolverato dunque un principio coloniale, in un’epoca in cui il colonialismo è in crisi, ponendo la logica premessa a guerre, a legittime reazioni, a uno stato di instabilità.
Un altro fattore contraddittorio accompagnò lo sviluppo del programma sionistico durante il citato ventennio: l’interesse imperialistico in quel settore. Un interesse che si chiamava controllo strategico e petrolio e per il quale gli Inglesi avevano creato solidi legami con gli Arabi, solleticando il loro nazionalismo, aprendo le loro università ai figli degli sceicchi e trasformando, come dice André Fontaine (Histoire de la guerre froide), alcuni capi tribù, più potenti di altri, in fondatori di dinastia.
Tuttavia, quando l’Alto comitato arabo promosse l’insurrezione in Palestina (1937-38), le truppe britanniche furono costrette a intervenire per stroncarla. Ecco perché, dicevo, lo Stato d’Israele nasce, quando nascerà, come un elemento di contraddizione dell’imperialismo: è naturale che non abbia vita facile. I contadini che lavorano nei kibbutz, gli artigiani che lavorano nelle botteghe di Tel Aviv, ancora una volta saranno le vittime.
Gli inglesi tentarono di uscire da questa situazione di contrasto tra Arabi e Ebrei, i quali ultimi avevano nel frattempo organizzato una propria forza armata col nome di Haganah (Difesa), proponendo la spartizione della Palestina in due Stati, una ebraico e uno arabo, ma entrambe le parti respinsero la proposta.
Intanto, in Europa, la situazione precipitava a causa delle rivendicazioni naziste. È un momento delicato, l’Inghilterra non può fare a meno della piena solidarietà araba e, dovendo scegliere, sacrifica gli Ebrei, ai quali chiude l’immigrazione in Palestina (1939) e vieta (1940) l’acquisto di terreni.
In Europa cominciano a bruciare i forni e le camere a gas e gli Ebrei fuggono disperati verso la Terra Promessa; ma quando giungono davanti alle sue coste, li accolgono le cannonate inglesi, e le navi di quegli infelici vagano per i mari in cerca di un approdo che non ci sarà.
.      

Una di queste navi, una fra le tante, andrà a naufragare sulle coste del Bosforo, nel turbine di una tempesta, col suo carico di oltre 700 uomini.

Exodus (il cui nome completo era Exodus 1947) è il nome di una nave diventata tristemente famosa per gli avvenimenti del 1947. La Exodus, salpata dal porto italiano della Spezia , trasportava 4.515 profughi ebrei, scampati ai campi di concentramento, che tentarono di sbarcare in Palestina per trovare rifugio nella comunità ebraica. Tuttavia l’esercito inglese – che governava la Palestina in base al mandato stabilito dall’ONU, che sarebbe scaduto l’anno successivo – bloccò la nave e le impedì di sbarcare i profughi. Il governo inglese infatti era intenzionato a bloccare l’immigrazione ebraica in seguito ai disordini in atto fra arabi ed ebrei. La nave fu persino speronata nelle acque davanti Haifa dai cacciatorpediniere inglesi, che causarono delle vittime a bordo L’Exodus, dopo un lungo giro nel Mar Mediterraneo, fu costretta a tornare in Germania, ad Amburgo, dove i profughi furono rinchiusi in un ex-lager nazista convertito in un campo di prigionia per ebrei.
Il mondo arabo, incoraggiato dalla scelta politica inglese, confida allora di riuscire a bloccare e distruggere il sionismo; sorge la Lega Araba (1945) per iniziativa del primo ministro egiziano di re Faruk, Nahas Pascià, con il concorso di Abalallah di Transgiordania e di Nury Said, dittatore dell’Iraq.
Era tanto evidente la gravità della situazione che Truman propose la costituzione di uno Stato federale, senza incontrare consensi, mentre le Nazioni Unite ripresentavano l’antica proposta inglese di creare due Stati, nominando una Commissione di studio composta da Stati Uniti, URSS, Canada e Guatemala (1947).
Non era difficile prevedere quale sarebbe stato l’atteggiamento degli USA verso Israele; ma che cosa avrebbe fatto I’URSS? L’URSS si trovò a dover scegliere tra gli interessi del sionismo e gli interessi di un arabismo, allora rappresentato da sceicchi, da Faruk, da un vecchio mondo in decadenza, strettamente collegato al sistema coloniale e imperialistico inglese. L’URSS appoggiò la spartizione della Palestina.
Di rimbalzo l’Inghilterra dichiarò di abbandonare il mandato della Palestina per il 15 maggio 1948. Nel frattempo aveva fatto dono alla Transgiordania della Legione Araba armata e diretta da uno stato maggiore di ufficiali inglesi, alla cui testa era il noto Glubb Pascià.
Non è escluso che in fondo sperasse di far occupare dalle forze arabe i territori che avrebbe lasciato liberi, in modo da risolvere il problema palestinese con le mani pulite, ossia presentandosi senza colpa per quanto sarebbe potuto accadere dopo il ritiro delle proprie truppe. Quando le truppe britanniche cominciarono a evacuare non fecero nulla per impedire che al posto loro subentrassero i commandos dell’armata araba di liberazione.
Un cerchio di ferro si strinse attorno alla regione abitata dagli Ebrei.
Appena l’ultimo inglese fu partito e David Ben Gurion proclamò la nascita dello Stato d’Israele, il 14 maggio 1948 (anno ebraico: 5708), precisamente undici minuti dopo, giunse il riconoscimento “de facto” della Casa Bianca, seguito dall’aggressione araba, intesa a eliminare con la forza l’intruso.
Di nuovo I’URSS fece la sua scelta: il 17 maggio riconosceva il nuovo Stato “de facto” e “de jure”, ossia come una realtà storica e una realtà giuridica, gettando un notevole tronco tra le gambe del colonialismo inglese.
Israele vinse la sua prima e unica guerra difensiva; i paesi della Lega Araba furono costretti ad accettare le convenzioni d’armistizio sulla nuova linea di “cessate il fuoco”.
Il primo armistizio fu stipulato con l’Egitto (febbraio 1949); seguirono: Libano (3 marzo), Transgiordania (3 aprile) e Siria (20 luglio).
Con l’Iraq, membro della Lega Araba non vi furono accordi perché i due Stati, non confinanti, avevano praticamente cessato le ostilità fra di loro.
Il ritardo con cui la Transgiordania firmò l’armistizio, consentì a Israele di procedere ancora nell’occupazione di quel territorio fino a Eilath, che diverrà importante porto nel golfo di Akaba dopo la guerra d’aggressione del 1956.
L’11 maggio 1949 Israele è ammessa all’ONU.

La Torah e la spada – Il ministro della guerra Moshe Dayan al Muro del pianto
Nei territori occupati da Israele ha inizio la tragedia dei profughi arabi.
Sistemati provvisoriamente nelle regioni vicine, vivono ora il dramma dell’esilio, come già lo vissero gli Ebrei; questa volta l’aguzzino si chiama sionismo. I rifugiati arabi organizzano franchi tiratori, commandos d’azione che hanno lo scopo di rendere la vita difficile a Israele.
Da una statistica riferita da Sami Hadawi (Les rélugiés arabes) la situazione dei profughi era (giugno 1965) la seguente:
.      
Giordania 688.327
Libano 159.783
Siria 135.772
Gaza 296.941
Totale 1.280.823
.      
Questa situazione è mutata dopo la più recente guerra, per il fatto che nuovi territori sono stati invasi, e mentre vecchi profughi sono stati riassorbiti con l’occupazione delle terre in cui essi vivevano, altri Arabi sono divenuti profughi.
Negli anni che vanno dal ’49 al ’56 molte cose cambiano nel Vicino Oriente.
Dopo che la Transgiordania si era annessa, con una legge (1950), il territorio occupato dalla Legione Araba (da Gerico a Hebron) compresa la Città vecchia di Gerusalemme, sostituendo di conseguenza al sua nome quello di Giordania, le tre potenze, Stati Uniti, Inghilterra e Francia, pubblicarono una dichiarazione per lo status quo della regione.
Nel frattempo Israele sempre più si orienta verso gli Stati Uniti, e il gruppo sionistico che dirige il paese accentua la sua politica di legame con l’imperialismo americano.
Ben Gurion in un discorso pronunciato all’università ebraica, nel 1950 afferma: “Con l’invasione e la diplomazia edificheremo l’impero d’Israele. Bisogna abbracciare tutti i territori compresi tra il Nilo e l’Eufrate”.

.
.

Cinque anni più tardi affida al generale Moshe Dayan l’incarico di mettere a punto un piano per l’invasione del Sinai.
La Francia di Guy Mollet si offre di fornire a Israele le armi necessarie al compimento dei suoi piani, dimenticando la dichiarazione anglo-franco-americana del 1950 che garantiva lo status quo del settore.
Dal canto suo l’Egitto, per la diga di Assuan, trova gli Americani disposti a un prestito tramite la Banca Mondiale, ma le condizioni del prestito non paiono accettabili all’Egitto, che riceve dai Sovietici un’offerta più vantaggiosa: 200 milioni di dollari, rimborsabili in 10 anni, al 2 per cento di interesse, mediante prodotti in natura di riso e cotone. I sovietici offrono a Nasser anche armi.

I luoghi santi di Gerusalemme: 1. Monte degli Ulivi; 2. Moschea di Omar; 
3. Moschea El Aqsa; 4. Muro del pianto: 5. Chiesa di Sant’Anna; 
6. Santo Sepolcro; 7. Chiesa del sonno
Nel luglio 1952 era caduta la monarchia egiziana; crollava con Faruk un bastione del mondo coloniale e fermenti nuovi si agitavano in Egitto e nei paesi arabi.
Nel febbraio del 1954 saliva al potere Nasser, che si presentava come campione di quei movimenti nazionalistici borghesi caratterizzanti la fase iniziale dell’indipendenza dei popoli coloniali. Successivamente, il suo contatto con gli esponenti del Terzo Mondo (Nehru, Chou en-lai, Sukarno), i quali lo avevano invitato a Bandung, cominciava a imprimere all’Egitto una configurazione più tipica di rottura con lo schieramento imperialistico mondiale.
Il 26 luglio 1956 Nasser improvvisamente, sconcertando Londra e Parigi, pronuncia un discorso nel quale afferma: “Il  Canale di Suez è diventato uno Stato nello Stato… I benefici della Società (che amministra il canale) per il 1955 hanno raggiunto i 100 milioni di dollari e noi che abbiamo avuto 120 mila morti per la costruzione del Canale, noi riceviamo 3 milioni di dollari. Sapete a quanto ammonta l’aiuto che ci vogliono offrire l’America e l’Inghilterra in cinque anni? 71 milioni di dollari… Noi non consentiremo mai che il passato si ripeta. Al contrario, distruggeremo il passato e riaffermeremo i nostri diritti sul Canale di Suez…”.È la dichiarazione della nazionalizzazione; una mossa di tale coraggio che né a Londra né a Parigi si aspettavano e che non credevano fosse vera.
Seguirono affannose prese di posizione, minacce velate, come quella tripartita di Dulles, Pineau e Lloyd del 2 agosto, con la quale venne denunciata nazionalizzazione come una minaccia alla libertà e alla sicurezza del Canale.
Poi gli americani preferirono tirarsi indietro, poiché non possedevano interessi immediati in quella zona. Gli inglesi, i quali possono contare nella Giordania su un amico tradizionale, fanno le mostre di incoraggiare la resistenza araba contro Israele, mentre tengono nell’Iraq una divisione pronta a dare man forte alla Giordania, in caso di pericolo.
Gli atti di sabotaggio dei commandos arabi assumono aspetti così spettacolari da far ritenere legittima la reazione di Israele, il cui esercito alla fine entra in Giordania e compie un’ecatombe in un villaggio.
La tensione giunge al massimo.
Il governo francese interviene presso Israele, al fine di indirizzare la reazione contro l’Egitto, sede del Comando generale unico degli eserciti arabi: la vendetta va presa in direzione dell’Egitto.
Il 29 ottobre Israele sferra il lungamente progettato attacco al Sinai; il 31 l’aviazione francese distrugge Port Said e il 6 novembre le truppe anglo-francesi sbarcano a Suez, “per la difesa e la libertà della navigazione del Canale”.
La guerra lampo di Dayan, anche se in esecuzione di un ordine del consiglio di Sicurezza dell’ONU tutte le truppe che avevano occupato il Sinai dovettero essere ritirate, aveva conseguito un altro successo territoriale, di enorme importanza: lo sblocco del golfo di Akaba, da cui le truppe di Israele si ritirarono solo dopo aver ottenuto la garanzia che non sarebbe stata ostacolata la navigazione verso e dal porto di Eilath.
Tuttavia, malgrado la violentissima aggressione con la quale le forze colonialiste avevano tentato di recuperare gli antichi privilegi nella zona del Canale e di punire duramente chi aveva osato contestare la pretesa di mantenerli in eterno, Nasser uscì vittorioso da quel confronto, perché il Canale rimase agli egiziani.
Ben Gurion

Tra il 1956 e il ’67 le tendenze che si erano prefigurate nella prima metà degli anni ’50 (tra il ’50 e il 55) si sviluppano coerentemente: i paesi arabi, dall’Egitto alla Siria, dal Libano all’Iraq, allo Yemen, ai quali si è aggiunta l’Algeria libera, hanno rotto tutti i vecchi rapporti di sudditanza con le potenze coloniali; il nuovo schieramento arabo è profondamente mutato nei suoi orientamenti e nelle sue prospettive, rispetto a quello che aggredì Israele nel 1948.
Il mondo arabo tende a orientarsi sempre più decisamente verso il socialismo, ma le remore, gli ostacoli, un’antichissima miseria dovuta allo sfruttamento coloniale, pregiudizi religiosi, l’ostinata resistenza di una classe feudale abbarbicata al passato non solo frenano un più spedito cammino in quella direzione, ma forniscono la speranza agli antichi padroni colonialisti che sia ancora possibile un ritorno al vecchio sistema.
Il compito di saggiare tale possibilità è stato affidato a Israele.  

Si giunge così alla terza guerra arabo-israeliana, seconda guerra d’aggressione d’Israele.
Nella prima decade di aprile del 1967 lo Stato sionistico aggredisce una zona confinaria della Siria con una massiccia azione terroristica, tendente a far cadere il governo del partito socialista Baath; è già pronto quello di ricambio, filo-occidentale.
Nasser richiama l’attenzione di Israele sui pericoli di quella politica, fa bloccare il golfo di Akaba, come contromisura, e minaccia Israele di distruzione se non si fermerà in tempo.

Gamāl ʿAbd al-Nāṣer (Nasser)
Alessandria d’Egitto, 15 gennaio 1918 – Il Cairo, 28 settembre 1970
Israele ha già pronti i piani d’invasione, come nel 1956.
Il 5 giugno la sua potenza militare scatta, mentre quella egiziana s’inceppa, per tradimento.
Lo schieramento imperialista, il fascismo internazionale con le sue latenti nostalgie razziali, sono in festa; mentre Israele batte rapidamente la Giordania, conquista il Sinai e si affaccia al canale di Suez, Nasser, di cui si desidera disperatamente la fine, viene accusato dai sostenitori dell’aggressione israeliana, di aver voluto la distruzione degli Ebrei, come i nazisti.
Il ministro algerino Brahimi, al riguardo, ha detto: “È vero, questa parola d’ordine è stata lanciata. Ma con quale significato?… Distruzione non significa, come si è voluto far credere, massacro. Significa che gli algerini sono contro ogni riconoscimento dello Stato di Israele”.
Questa posizione, che riflette un largo settore dell’opinione araba, poggia sul risentimento. Va abbandonata. È l’antica posizione araba del 1948, non più realistica al momento. Se nel ’48 poteva essere pensabile impedire la creazione dello Stato d’Israele, oggi esso è una realtà che non si può negare.
Anche in Europa sono avvenuti notevoli spostamenti. La Germania di Bonn ha affiancato gli USA nell’appoggio a Israele, mentre Francia e Inghilterra, la prima in modo più netto, si sono schierate per gli Arabi, ai quali il sostegno dell’URSS ha dato la forza di sopportare il terribile colpo del 5 giugno.
C’è una soluzione al problema creato dalla nuova aggressione israeliana e, in generale, ai rapporti tra Israele e i paesi arabi?
Il contrasto arabo-israeliano, acutizzato dagli enormi interessi imperialisti che vi gravitano intorno, costituisce una pesante eredità del colonialismo e, come tutte le eredità colonialiste, quali ad esempio la questione confinaria cino-indiana, o la controversia indo-pakistana sul Kashmir, è di difficilissima soluzione. Essa presuppone anzitutto la rinuncia ad ogni mira di predominio e l’abbandono di ogni sciagurata velleità razzista.

Menachem Begin
.      

Cronologia dello Stato di Israele

.      

14 febbraio 1896 – Teodore Herzl pubblica a Vienna Lo Stato ebraico (Der Judenstaat).

1897 – Basilea – Primo congresso sionista che adotta il programma di Herzl.

2 novembre 1917 – Dichiarazione del ministro degli esteri britannico Balfour che promette la costituzione di un ‘focolare’ nazionale ebraico in Palestina.

17 maggio 1919 – Il governo inglese prende l’impegno di bloccare l’immigrazione ebraica in Palestina dopo l’ingresso di un contingente di 75.000 ebrei divisi in 5 anni. Dopo 10 anni verrà creato uno Stato palestinese arabo con una minoranza, ebraica permanente e garantita. Le organizzazioni sioniste si oppongono a questa soluzione.

1941 – L’Hagana si trasforma in armata clandestina ebraica. Le organizzazioni terroristiche (Irgun, gruppo Stern) iniziano la lotta contro le truppe inglesi. Il governo britannico emana leggi di urgenza contro gli ebrei.

29 novembre 1947 – L’ONU si pronunzia per la spartizione della Palestina tra arabi ed ebrei. Gerusalemme e Bethlemme saranno internazionalizzate. Inizio delle ostilità tra le due comunità.
.      
9 aprile 1948 – L’Irgun, organizzazione terroristica ebraica, attacca il villaggio arabo di Deir Yassin e vi trucida 154 uomini, donne e bambini.
.      

13 aprile 1948 – Per rappresaglia gli arabi attaccano a Gerusalemme un convoglio sanitario ebraico uccidendo 76 persone.

17 aprile 1948 – Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ordina il cessate il fuoco.

Maggio 1948 – La Hagana si impadronisce di Haifa (scacciandone 40.000 arabi), Acri e Tiberiade.

14 maggio 1948 – Il consiglio nazionale ebraico proclama a Tel Aviv lo Stato di Israele che viene riconosciuto “de facto” dagli USA. Presidente del consiglio è David Ben Gurion.

15 maggio 1948 – Gli eserciti arabi entrano in Palestina.

17 maggio 1948 – L’Unione Sovietica riconosce “de jure” lo Stato di Israele.

11 dicembre 1948 – L’assemblea generale dell’ONU vota una risoluzione che impone a Israele di far rientrare in Palestina i profughi arabi, o di indennizzarli a titolo di compenso. Israele si rifiuterà sempre di accettare la risoluzione.

Febbraio 1949 – Armistizio tra arabi e israeliani.

11 maggio 1949 – Israele viene ammessa all’ONU.

1953 – Lo Stato di Israele espropria 70.000 dei 110.000 ettari di terra appartenenti agli arabi di Israele.

29 ottobre 1956 – Israele aggredisce, con l’appoggio dei franco-inglesi l’Egitto.

7 aprile 1967 – In seguito a un attentato di un commando palestinese l’aviazione israeliana effettua un attacco su Damasco e abbatte 6 aerei siriani.

12 maggio 1967 – Il capo di stato maggiore israeliano Rabin, afferma la necessità di abbattere il governo rivoluzionario di Damasco.

14 maggio 1967 – Mobilitazione dell’esercito egiziano.

18 maggio 1967 – Mobilitazione in Israele.

22 maggio 1967 – Blocco del golfo di Akaba per le navi israeliane.

1 giugno 1967 – Costituzione in Israele di un governo di “unità nazionale” nel quale entrano il generale Moshe Dayan e il leader fascista Begin.

5 giugno 1967 – Israele aggredisce i paesi arabi distruggendo al suolo la loro flotta aerea. L’Unione Sovietica condanna l’aggressione.

6 giugno 1967 – Mentre continua l’avanzata israeliana verso il Canale di Suez il Consiglio di sicurezza dell’ONU ordina il cessate il fuoco.

7 giugno 1967 – Continua l’avanzata israeliana. La Giordania accetta di sospendere le operazioni belliche ciò nonostante gli israeliani continuano l’invasione della Cisgiordania.

8 giugno 1967 – Egitto e Siria accettano l’ordine dell’ONU. Israele insiste nell’aggressione.

9 giugno 1967 – Israele attacca gli altipiani siriani e Damasco.
.      
10 giugno 1967 – I paesi socialisti rompono le relazioni diplomatiche con Israele.

…….

…….

2023 …. e la lotta continua…..

Begin, Carter e Sadat a Camp David 1978

.
VEDI ANCHE . . .

STORIA DEL CANALE DI SUEZ