MIETITORI – Paul Gauguin

MIETITORI (1889)
Paul Gauguin (1848-1903)
Courtauld Institute, Londra
Olio su tela cm 92 x 73

Anche se l’opera è legata figurativamente al mondo rurale bretone, per Gauguin il tema della mietitura e dei lavori nei campi sono solo un pretesto per sviluppare un linguaggio sempre più efficacemente sintetico che, prendendo spunto da un’immagine concreta, la superasse concentrandosi esclusivamente sul colore e sull’uso essenziale del segno grafico.
Il forte modellato dei buoi guidati dal contadino crea una sorta di continuità fra spazio artefice e spazio reale; non è certo casuale la loro collocazione in diagonale che sembra suggerire il movimento successivo, quando i buoi si sposteranno verso sinistra e poi scompariranno. Il continuo senso di dinamismo è suggerito anche dalla orchestrazione delle disposizioni e degli atteggiamenti delle donne, ciascuna delle quali è in armonia o in contrasto rispetto ad una compagna.
La prospettiva tradizionale è stata totalmente abbandonata a favore della visione simbolica e la precisa definizione dei contorni delle figure e la stesura del colore così piatta e ormai distante dalla breve esperienza impressionista.
Sull’esempio di Cézanne che partiva dal contorno per poi cancellarlo, Gauguin ripassava i contorni con blu di Prussia per dare maggiore risalto alle figure, assumendo così una forte valenza decorativa.

Il dipinto, firmato in basso a destra “P.Gauguin”, è datato 1889 e risale al secondo soggiorno dell’artista in Bretagna quando, per affinità di intenti, si trovò vicino al gruppo di artisti composto da Laval, Fauché, Schuffenecker, Anquetin, Monfreid, Bernard, Roy, con i quali organizzerà la mostra al Caffè Volpini.
Dello stesso soggetto esiste un acquerello preparatorio autografo piuttosto piccolo, conservato a Vienna all’A1bertina.

Gauguin visto dai “Nabis”: un giudizio critico di Maurice Denis

Nel 1912 Maurice Denis, sulle pagine del suo libro “Théories” scrisse di Gauguin: “Forse non fu lui ad avere inventato il sonettismo che a contatto con i letterati divenne simbolismo ma Gauguin ne era comunque il maestro … colui di cui si raccoglievano e si diffondevano i paradossi, di cui si ammiravano il talento e la facondia, il gesto, la forza fisica, la carogneria, l’immaginazione inesauribile, la capacità di resistere all’alcool, gli atteggiamenti romantici. Voleva innanzitutto rendere il carattere, esprimere l’intimo pensiero, anche nella bruttezza. Era ancora impressionista, ma voleva leggere il libro in cui sono iscritte le leggi eterne del Bello. Era ferocemente individualista, eppure si manteneva vicino alle più collettive e anonime tradizioni popolari. Da queste contraddizioni noi traevamo una legge, un insegnamento, un metodo”.

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