Palazzo Farnese, Roma
Antonio da. Sangallo il Giovane (1484-1546), allievo dello zio Giuliano e di Bramante, attende – soprattutto in Roma – a palazzi, a chiese e a fortificazioni. Il Palazzo Farnese è il prototipo austero di quelle regge papali e cardinalizie che abbelliscono la città fino al Settecento. Alla facciata d’ordini architettonici si sostituisce la nuda superficie di pietre, con il pianterreno a finestre inferriate, sorrette da mensole, i due piani superiori divisi da fasce di gigli ed il meraviglioso cornicione di Michelangelo. Le finestre ricopiano le edicole del Pantheon, e quella di mezzo, che sorge sul portone a bugne, riquadrata da pilastri e colonne e carica di tre stemmi, è del Buonarroti. Il vestibolo a volta cilindrica, fiancheggiato da massicce colonne, conduce nel piú spazioso cortile della città, e mostra – quantunque deturpati – i tre ordini soprapposti del Teatro di Marcello.
Insieme con il palazzo iniziato nel 1514 dal cardinale Alessandro Farnese – divenuto poi Paolo III, il papa umanista, istruitosi ascoltando Pomponio Leto in una corte di trecentosessantasei persone – il Sangallo riprende (1526) la chiesa di Santa Maria di Monserrato – principiata dallo zio sotto Alessandro VI – dandole la pianta ad una sola nave, che non si abbandona piú nel maturo e nel tardo Rinascimento.
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