FILOSOFIA E SENSO COMUNE – Materialismo

Karl Marx

EQUIVOCI SUL MATERIALISMO

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In una pagina particolarmente notevole dei  suoi quaderniGramsci mette in luce assai bene la ricchezza e varietà di significati, di riferimenti, di sfumature che il termine materialismo è venuto assumendo nella realtà vivente della cultura.

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“Il termine di materialismo – egli scrive – occorre intenderlo non solo nel significato tecnico-filosofico stretto, ma nel significato più estensivo che venne assumendo polemicamente nelle discussioni sorte in Europa col sorgere e lo svilupparsi vittorioso della cultura moderna.
Si chiamò materialismo ogni dottrina filosofica che escludesse la trascendenza dal dominio del pensiero e quindi, in realtà, tutto il panteismo e l’immanentismo: non solo, ma si chiamò materialismo anche ogni atteggiamento pratico ispirato al realismo politico, che si opponesse cioè a certe correnti letterarie del romanticismo politico che non parlavano che di missioni e di ideali e di consimili nebulosità e astrattezze sentimentalistiche.
Nelle polemiche anche odierne dei cattolici, il termine è spesso usato in questo senso: materialismo è l’opposto di spiritualismo in senso stretto, cioè di spiritualismo religioso e quindi si comprende in esso tutto l’hegelismo e in genere la filosofia classica tedesca, oltre al sensismo e all’illuminismo francesi. Così, nei termini del senso comune, si chiama materialismo tutto ciò che tende a trovare in questa terra e non in paradiso il fine della vita”.
(II materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce).
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Si spiega quindi come siano ,stati definiti materialisti, in senso spesso polemico e spregiativo, quei pensatori progressivi, che, di tempo in tempo e relativamente al livello di maturità critica raggiunto nella loro epoca, hanno rifiutato la sovrapposizione di un mondo celeste ad un mondo terrestre e hanno posto al centro delle loro considerazioni la realtà mondana intesa come teatro dell’azione degli uomini e oggetto di esperienza scientifica. E si intende pure il senso dell’accusa di  materialismo rivolta dai ceti conservatori e dai campioni dello spiritualismo retrivo, contro i movimenti rivoluzionari.
Movimenti condannati – ieri e oggi – come materialisti, non tanto perchè i loro rappresentanti e seguaci professino questa o quella forma di materialismo in senso filosofico, ma per lo spirito di vigorosa concretezza che li ispira, per il rifiuto ad ogni svalutazione mistica degli uomini e delle cose e ad ogni evasione in platonici sovramondi, per il loro solido puntare i piedi sulla realtà da trasformare.
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Lungi dunque dall’occupare un posto in esclusiva nel vocabolario filosofico, il termine materialismo presenta una vasta gamma di accezioni non specifiche aventi un valore più o meno metaforico. Bisogna naturalmente prendere atto di questa situazione e accettarla come un dato di fatto; ma bisogna al tempo stesso identificare e distinguere con cura i vari significati evitando confusioni e ibridazioni che tanto più facilmente sono fonte di equivoci, in quanto non manca chi si sforza di diffonderli e di alimentarli.
Lo scopo di questa azione equivocatrice è chiaro: screditare moralmente e intellettualmente i movimenti di sinistra che sul piano ideologico si pongono in polemica con il dogmatismo idealista e spiritualista.
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Un esempio autorevole del modo ambiguo e confuso con cui, più o meno intenzionalmente, si parla di materialismo da parte dei suoi avversari, è dato dal radiomessaggio che nel 1954 il Pontefice ha lanciato ai cattolici del Belgio a chiusura del locale congresso mariano. Riaffiora una volta di più nel testo del Papa la banale, meschina concezione del materialismo come culto del vitello d’oro, aspirazione esclusiva a beni tastabili e a soddisfazioni grossolane.
Concezione comoda, indubbiamente, per chi voglia illudersi di squalificare senza troppa fatica l’aborrito materialismo, ma che suscita un senso di fastidio e di pena in chiunque conservi un minimo di lucidità mentale. (Naturalmente, se diamo retta al professor Sciacca o a padre Gemelli, è proprio questo “ripugnante” materialismo tutto fatto di avidità animalesche e di gretto utilitarismo, che Marx avrebbe messo alla base della storia in spregio ad ogni impulso ideale!).
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Ma mettendo da parte gli equivoci più grossolani (chi non sa che un conto è l’essere materialisti su un piano teorico e un conto l’esserlo in un senso volgarmente pratico?), molti altri equivoci e pregiudizi devono essere dissipati alla luce di un attento esame critico. In primo luogo, bisogna guardarsi dal confondere l’uso ristretto e specifico del termine materialismo con quello estensivo e polisenso di cui si parla nel brano che ho citato all’inizio.
In secondo luogo – e tocco cosi il punto dove si annidano le ambiguità e i luoghi comuni più tenaci – bisogna nettamente distinguere, nel seno stesso del materialismo inteso in senso teorico, il materialismo filosofico tradizionale (dogmatico, metafisico), dal materialismo marxista ( 1 ).
Gramsci ha avuto, tra gli altri, il merito rilevante di mettere in guardia contro le acritiche confusioni tra il materialismo tradizionale, sia pure “riveduto e corretto”, e la filosofia di Marx, interpretata nel suo spirito più autentico. Il materialismo dialettico infatti – ove questa dialetticità non venga intesa in modo estrinseco e superficiale – è una concezione pienamente autonoma ed irriducibile ad ogni altra posizione filosofica. Tutto ciò comunque sarà argomento di un articolo successivo.
( 1 ) Non sarà inopportuno ricordare che, nell’espressione materialismo storico, il termine materialismo ha un valore puramente metaforico e che esso si giustifica solo in base alle origini storico-psicologiche della dottrina, in base cioè alle vicende culturali in cui il suo o i suoi autori si trovarono impegnati.
Quando infatti si parla di condizioni materiali di esistenza, di forze materiati di produzione ecc., non ci si riferisce naturalmente nè all’oscuro Ente Materia su cui ragionano le metafisiche materialiste, nè al concetto di materia di cui si servono le scienze naturali (fisica, chimica): bensì, come è ovvio, alla realtà delle condizioni economiche e delle strutture della società (cosa questa – occorre dirlo? – ben diversa dall’interesse particolare, immediato, gretto dei singoli individui).
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