MATERIALISMO e MATERIALISTI

Karl Heinrich Marx

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EVITARE GLI EQUIVOCI SUL MATERIALISMO

In una pagina particolarmente notevole dei suoi QuaderniAntonio Gramsci mette in luce assai bene la ricchezza e varietà di significati, di riferimenti, di sfumature che il termine materialismo è venuto assumendo nella realtà vivente della cultura.

“Il termine di materialismo – egli scrive – occorre intenderlo non solo nel significato tecnico-filosofico stretto, ma nel significato più estensivo che venne assumendo polemicamente nelle discussioni sorte in Europa col sorgere e lo svilupparsi vittorioso della cultura moderna. Si chiamò materialismo ogni dottrina filosofica che escludesse la trascendenza dal dominio del pensiero e quindi, in realtà, tutto il panteismo e l’immanentismo; non solo, ma si chiamò materialismo anche ogni atteggiamento pratico ispirato al realismo politico, che si opponesse cioé a certe correnti deteriori del romanticismo politico che non parlavano che di missioni e di ideali e di consimili nebulosità e astrattezze sentimentalistiche.
Nelle polemiche anche odierne dei cattolici, il termine è spesso usato in questo senso: materialismo è l’opposto di spiritualismo in senso stretto, cioé di spiritualismo religioso e quindi si comprende in esso tutto l’hegelismo e in genere la filosofia classica tedesca, oltre al sensismo e all’illuminismo francesi. Così, nei termini del senso comune, si chiama materialismo tutto ciò che tende a trovare in questa terra e non in paradiso il fine della vita”.
Si spiega quindi come siano stati definiti materialisti, in senso spesso polemico e spregiativo, quei pensatori progressivi, che, di tempo in tempo e relativamente al livello di maturità critica raggiunto nella loro epoca, hanno rifiutato la sovrapposizione di un mondo celeste ad un mondo terrestre e hanno posto al centro delle loro considerazioni la realtà mondana intesa come teatro dell’azione degli uomini e oggetto di esperienza scientifica. E si intende pure il senso dell’accusa di materialismo rivolta dai ceti conservatori e dai campioni dello spiritualismo retrivo contro i movimenti rivoluzionari. Movimenti condannati – ieri-e oggi – come materialisti, non tanto perché i loro rappresentanti e seguaci professino questa o quella forma di materialismo in senso filosofico, ma per lo spirito di vigorosa concretezza che li ispira, per il rifiuto ad ogni svalutazione mistica degli uomini e delle cose e ad ogni evasione in platonici sovramondi, per il loro solido puntare i piedi sulla realtà da trasformare.
Lungi dunque dall’occupare un posto in esclusiva nel vocabolario filosofico, il termine materialismo presenta una vasta gamma di accezioni non specifiche aventi un valore più o meno metaforico. Bisogna naturalmente prendere atto di questa situazione e accettarla come un dato di fatto; ma bisogna al tempo stesso identificare e distinguere con cura i vari significati evitando confusioni e ibridazioni che tanto più facilmente sono fonte di equivoci, in quanto non manca chi si sforza di diffonderli e di alimentarli. Lo scopo di questa azione equivocatrice è chiaro: screditare moralmente e intellettualmente i movimenti di sinistra che sul piano ideologico si pongono in polemica con il dogmatismo idealista e spiritualista.
Un esempio autorevole del modo ambiguo è confuso con cui, più o meno intenzionalmente, si parla di materialismo da parte dei suoi avversari, è dato da un radiomessaggio che il Pontefice Giovanni XXIII ha lanciato ai cattolici del Belgio a chiusura del locale congresso mariano. Riaffiora una volta di più nel testo del Papa la banale, meschina concezione del materialismo come culto del vitello d’oro, aspirazione esclusiva a beni tastabili e a soddisfazioni grossolane.
Concezione comoda, indubbiamente, per chi voglia illudersi di squalificare senza troppa fatica l’aborrito materialismo, ma che suscita un senso di fastidio e di pena in chiunque conservi un minimo di lucidità mentale.
Ma mettendo da parte gli equivoci più grossolani (chi non sa che un conto è l’essere materialisti su un piano teorico e un conto l’esserlo in un senso volgarmente pratico?), molti altri equivoci e pregiudizi devono essere dissipati alla luce di un attento esame critico. In primo luogo, bisogna guardarsi dal confondere l’uso ristretto e specifico del termine materialismo con quello estensivo e polisenso. In secondo luogo – e tocchiamo così il punto dove si annidano le ambiguità e i luoghi comuni più tenaci – bisogna nettamente distinguere, nel seno stesso del materialismo inteso in senso teorico, il materialismo filosofico tradizionale (dogmatico, metafisico), dal materialismo marxista (*).
Gramsci ha avuto, tra gli altri, il merito rilevante di mettere in guardia contro le acritiche confusioni tra il materialismo tradizionale, sia pure «riveduto e coretto, e la filosofia di Marx, interpretata nel suo spirito più autentico. Il materialismo dialettico infatti – ove questa dialetticità non venga intesa in modo estrinseco e superficiale – è una concezione pienamente autonoma ed irriducibile ad ogni altra posizione filosofica.
(*Non sarà inopportuno ricordare che, nell’espressione materialismo storico, il termine materialismo ha un valore puramente metaforico e che esso si giustifica solo in base alle origini storico-psicologiche della dottrina, in base cioè alle vicende culturali in cui il suo o i suoi autori si trovarono impegnati. Quando infatti si parla di condizioni materiali di esistenza, di forze materiali di produzione ecc., non ci si riferisce naturalmente nè all’oscuro Ente Materia su cui ragionano le metafisiche materialiste, nè al concetto di materia di cui si servono le scienze naturali (fisica, chimica): bensì, come è ovvio, alla realtà delle condizioni economiche e delle strutture della società (cosa questa – occorre dirlo? – ben diversa dall’interesse particolare, immediato, gretto dei singoli individui).
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Karl Heinrich Marx
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MATERIALISMO DIALETTICO E MATERIALISMO METAFISICO
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Nella prima parte di questa pagina ho detto che uno dei punti intorno a cui si affollano gli equivoci e le confusioni più gravi, è quello che riguarda la differenza tra la filosofia di Marx e il materialismo filosofico tradizionale. Aggiungevo inoltre che il materialismo dialettico che vuol essere l’orizzonte teoretico generale della dottrina marxista – è una posizione filosofica assolutamente originale e non riducibile a nessun’altra (a condizione però che il suo carattere dialettico venga inteso nel modo più profondo e rigoroso). In questa breve nota vorrei contribuire all’opportuna opera di chiarificazione, mostrando alcuni aspetti salienti della differenza di cui sopra. Mi limiterò a cenni molto rapidi e puramente orientativi, consapevoli che problemi del genere esigono, in altra sede, ben altra trattazione.
Mio  intento, è soprattutto quello di stimolare lo spirito critico del lettore richiamando la sua attenzione sulla necessità di avere idee ben chiare e precise quando si parla di materialismo e in particolare di materialismo marxista.
Queste idee chiare e precise non ci sono purtroppo state nel passato, e neppure oggi si può dire, che ci siano completamente e dappertutto. Le ragioni di questo fatto sono varie e costituiscono senza dubbio un capitolo interessante e istruttivo della storia della cultura, e in particolare della cultura popolare, dagli ultimi decenni dell’Ottocento ai primi decenni del Novecento. Provvisorie combinazioni e alleanze con altre correnti di pensiero “per combattere i residui del mondo precapitalistico nelle masse popolari, specialmente sul terreno religioso” (Gramsci); drastiche semplificazioni e schematizzazioni a scopo divulgativo; travisamenti da parte di frettolosi e banali ripetitori, ebbero a determinare nel campo del pensiero marxista un certo allentamento del rigore filosofico, un certo intorbidamento di concetti.
In questa situazione culturalmente vivace ma teoreticamente confusa è avvenuto, come scrive Gramsci, che “la filosofia dello prassi subisce una doppia revisione. Da una parte alcuni suoi elementi sono stati assorbiti e incorporati da alcune correnti idealistiche… Dall’altro i cosiddetti ortodossi, preoccupati di trovare una filosofia che fosse, secondo il loro punto di vista molto ristretto, più comprensiva di una semplice interpretazione della storia, hanno creduto di essere ortodossi identificandola fondamentalmente col materialismo tradizionale. Questi ortodossi o pseudo ortodossi – e Gramsci cita il Plekhanov come il più autorevole fra di essi – sono per ironia, degli autentici eterodossi poichè “concepiscono la loro filosofia come subordinata a una teoria materialistica (volgare) come altri a quello idealistica”, laddove la vera ortodossia, cioè – come dice l’etimo – la giusta opinione, va ricercata nel concetto fondamentale che “la filosofia della prassi basta a sè stessa”, che essa “contiene in sé tutti gli elementi fondamentali per costruire una totale e integrale concezione del mondo, una totale filosofia e teoria delle scienze naturali…”.
Chi va alla ricerca di estranei sostegni su cui far poggiare la filosofia del marxismo sacrificandone quindi l’autonomia, si pone al di fuori di una ortodossia bene intesa.
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Ludwig Andreas Feuerbach
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Ma entriamo ora, dopo questa premessa, nel vivo del nostro argomento. La prima esplicita contrapposizione del nuovo al vecchio materialismo la troviamo nelle famose 11 tesi formulate da Marx a Bruxelles nella primavera del 1845). Nella prima tesi, che è anche la più importante, è contenuta una critica radicale a “tutto il materialismo passato compreso quello di Feuerbach” e sono abbozzate le prime linee di una concezione che, secondo quanto Marx affermava negli scritti precedenti, giunga a realizzare la fusione tra naturalismo e umanismo Contro il vecchio materialismo e, più in generale contro le posizioni del realismo ingenuo, viene mossa l’accusa di fare del soggetto senziente qualcosa di passivo e di puramente recettivo di fronte alla realtà esterna, e quindi, di svalutare l’attività umana, il lato soggettivo, la prassi (valorizzati invece, su un piano astratto, dall’idealismo).
Ma c’è di più. Quando il materialista metafisico parla di materia, egli non allude alla quotidiana realtà fenomenica (le cose, gli oggetti che ci circondano), e neppure allude – a rigore – al concetto di materia quale è postulato dal moderno pensiero scientifico, ma si riferisce ad un Ente Materia, ad una materia come cosa in sè (che fra l’altro non si riesce a capire bene che cosa sia), di cui l’attività cosciente dell’uomo sarebbe nulla più che una accidentale manifestazione.
Il materialismo metafisico fa insomma della materia un principio primo non meglio definito, una essenza del reale altrettanto statica quanto astratta.
Non così il materialismo dialettico. Il carattere materialistico di quest’ultimo è spoglio da ogni sottinteso metafisico; esso vuole rappresentare soprattutto una energica rivendicazione polemica della effettività e concretezza del reale. Più esattamente: vuol essere un netto rifiuto della tesi idealistica che fa riassorbire la realtà del mondo, dell’ambiente, nella realtà del soggetto, dell’io. Ma respinto un dogmatismo, il materialismo dialettico non vuole metterne avanti un altro. Come scrive Antonio Banfi, esso “non pone la materia come realtà assoluta e perciò non pretende di definirla come se si trattasse di una entità in sè sussistente… Lungi dall’essere la teoria di una realtà, in sè, il materialismo dialettico garantisce la realtà quale è sul piano dell’esperienza umana…”.
La dialetticità di questo materialismo consiste anzitutto nel riconoscere un rapporto di attiva correlazione tra il soggetto e l’oggetto, tra l’io e le cose, per cui appunto, scrive ancora Banfi, “io sono nel mando in mezzo ad esse a conoscere e ad agire, ed esse si offrono alla mia conoscenza e alla mia azione”.
I due termini (soggetto e oggetto, io e mondo) non possono essere presi isolatamente al di fuori della sintesi dinamica che li comprende: il farlo è indice di mentalità antidialettica e conduce inevitabilmente alla metafisica e al dogmatismo. In secondo luogo, tale dialetticità coglie e sottolinea lo sviluppo del mondo storico attraverso le sue stesse contraddizioni; stabilisce un nesso di interdipendenza e di azione reciproca tra i vari molteplici aspetti della realtà (si veda ad esempio come il marxismo concepisce il rapporto fra “struttura” e “sovrastruttura”.
È questa dialetticità, questo carattere dialettico, che differenzia recisamente il materialismo marxista da quello tradizionale e che preserva il primo dai gravi difetti dogmatici che viziano il secondo.
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Ritratto da giovane di Marx

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