CHE GUEVARA – Figlio del sogno

      

 FIGLIO DEL SOGNO

“Un sogno senza stella è un sogno dimenticato”, dice Eluard. Un sogno con una stella è un sogno destato, si potrebbe rispondere. Teniamo gli occhi aperti, il Che non li ha mai chiusi…”.

Termina così la lunga cronistoria di Jean Cormier:
Le battaglie non si perdono, si vincono sempre.
La purezza del Che e la sua morte tragica lasciano spalancate le porte del sogno. Il suo fascino, che emana dalla celebre foto di Korda, ha destato la gioventù della vecchia Europa e l’ha spinta a salire sulle barricate del maggio ’68.
“Sotto il pavé la sabbia e sopra la sabbia il Che, sole della rivoluzione”, proclamava uno striscione. A lungo nascosto dalla propria leggenda, l’uomo Ernesto Guevara torna oggi alla ribalta, invocato più o meno coscientemente da una gioventù in cerca di una guida, di una stella da seguire.
 Il tedesco naturalizzato svedese Peter Weiss asserisce:
“Il dramma del cristianesimo è di non avere cristianizzato il mondo intero. Il Che ha galvanizzato i giovani della terra, forse perché hanno cessato di credere nel Cristo”.
Ma non accostiamo l’ateo Ernesto Guevara al barbuto di Palestina, anche se la definizione di Cristo marxista potrebbe essere calzante.
O anche quella di Don Chisciotte dell’America Latina.
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Per Antoine Blondin, “L’uomo è figlio del sogno”.
Quando il comandante scrive seduto sul suo albero, nella macchia boliviana, parole di presentimento della propria fine terrena, egli comincia a risalire al sogno. Stretto fra la Pachamama dei grandi antenati e la propria stella che ormai non tarderà a raggiungere, il  Che termina la propria settima vita da gatto.
Che vede da lassù? L’Urss che implode, il comunismo che esplode.
Cuba la bella che resiste pateticamente al blocco dello Zio Sam, il cui rancore è tenace.
Il  vecchio compagno Fidel Castro sempre più testardo, che si ostina a voler restare l’Ultimo Comunista contro i venti e le maree che allontanano dall’isola i balseros.
Il suo uomo nuovo che, anche lui, si allontana dalla linea che gli aveva tracciato così rigorosamente.
Un mondo costituito unicamente di piccoli Che Guevara sarebbe senz’altro utopistico.
Questo non toglie nulla alla sua generosità conquistatrice, al suo amore per il prossimo, senza distinzione alcuna. Contrariamente a quanti devono quotidianamente apportare correzioni per tenersi in equilibrio, il Che non ha mai dovuto farlo, perché non è mai stato dissociato nel proprio intimo. In lui la tenerezza e la durezza si sono amalgamate in un monolite di generosità.
Divorante di giorno e tormentosa di notte, l’asma fu un diavolo che gli vagava in petto, che egli trasformò in pungolo a fare bene.
Questo idealista che ha scelto di essere per gli altri ricorda il “Tutto è in tutto” di Pascal.
Medico, guerrigliero, scrittore, poeta, comandante, ambasciatore, ministro, padre di famiglia (un po’), il Che è molta parte di quel tutto che viene chiamato l’Umano. Il suo profondo umanesimo l’ha condotto a lottare e a dare la morte, per tentare di riequilibrare la vita fra i troppo ricchi e i troppo poveri.
Con un desiderio: “Una nuova società in cui l’uomo sia al centro della vita pubblica, e non alla mercé del potere che fa le leggi”.
E una certezza: “Il terrorismo è una forma negativa che non produce in alcun modo gli effetti desiderati e che può incitare un popolo a reagire contro un movimento rivoluzionario”.
In risposta a Strindberg, “Solo la verità è sfrontata”, parole che aderiscono al Che come una seconda pelle, queste tre frasi di suo padre:
“Ernesto era un fanatico della verità. Era il suo sogno. Tanto era freddo nella battaglia, inflessibile in tutto ciò che riguardava la Rivoluzione, tanto la sua tenerezza era immensa e il suo umorismo colmo di cordialità”.
Il Che non era un vagabondo anarchico, come talvolta è stato descritto, era un viaggiatore dell’anima, che avanzava con la speranza inchiodata al cuore, che posava il suo sguardo magnetico sulle cose della vita degli altri con la volontà esasperata di migliorarle.
Per questo ebbe il coraggio di scegliere la lotta.
Quando afferma … “Ogni vero uomo deve sentire sulla propria guancia lo schiaffo dato ad un altro”, ciò significa condividere.
Il Che ha condiviso tutto ciò che gli passava tra le mani, compreso il dolore degli altri. E un apostolo dell’umanesimo quale deve essere concepito all’alba del terzo millennio, ponendo più che mai l’uomo al  servizio dell’uomo.
“Un sogno senza stella è un sogno dimenticato”, dice Eluard.
Un sogno con una stella è un sogno destato, si potrebbe rispondere.

Teniamo gli occhi aperti, il Che non li ha mai chiusi……

“Tornerà, lo conosco. Come un frammento di stella, tornerà”