SIBILLA DELFICA – Michelangelo Buonarroti

SIBILLA DELFICA (1508-1512)
Michelangelo Buonarroti (1475-1564)
Cappella Sistina, Città del Vaticano
Affresco cm 350 x 380

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La Sibilla Delfica appartiene alla grande decorazione della volta della Cappella Sistina, commissionata a Michelangelo da Giulio II nel 1508.

Come un’imponente Madonna rinascimentale, la Sibilla Delfica è assisa su un maestoso trono architettonico, affiancato da due puttini cariatidi. La sua identità ci è svelata dal nome riportato su una targa sorretta da un puttino posto nella zona sottostante. Nella mano tiene un rotolo dal quale legge l’oracolo. Lo splendido volto, su cui è dipinto uno sguardo sbigottito, è avvolto da un velo che le corre lungo la schiena e lascia scoperto un ciuffo di capelli biondi; il corpo è avvolto in una morbida tunica all’antica. Il verde, il blu e il rosso delle vesti sono ravvivati dai riflessi della luce, che ne mette in risalto le pieghe. Dietro di lei sono due putti, uno dei quali sorregge un tomo letto da quello che volge le spalle allo spettatore.

Così come gli altri Profeti e Sibille affrescati in corrispondenza degli arconi della volta della Sistina, anche la Sibilla Delfica occupa uno spazio isolato, dove la realtà pittorica diviene realtà spirituale, e si misura solo al cospetto di Dio. Nella complessa decorazione della Sistina le dodici figure di Sibille e Profeti assumono il ruolo di annunciatori della venuta sulla terra del Redentore. Insieme agli Ignudi, che sormontano i loro troni, le Sibille simboleggiano anche la natura intellettuale dell’ uomo e alludono alla rinascita spirituale della Chiesa cattolica. In particolare la Sibilla Delfica è stata considerata come una rivisitazione di Cassandra, inascoltata veggente della tragedia di Troia.

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Il restauro della Cappella Sistina

Il complesso restauro degli affreschi della Sistina ha occupato i restauratori il doppio del tempo che Michelangelo impiegò per eseguirli. Scopo primario degli interventi è stato quello di ridonare alla decorazione l’originale cromia, compromessa dal tempo e dall’uso religioso dell’ambiente. Il dato più rilevante è che la rimozione delle macchie brune e delle antiche ridipinture ha fatto emergere gli antichi colori, molto brillanti ma in perfetta sintonia con quelli del giovanile Tondo Doni (Firenze, Uffizi).
Si può facilmente immaginare quanti fossero gli occhi puntati sul risultato di questo restauro.
Fra consensi e critiche, è da segnalare il giudizio negativo del professore americano James Beck; questi è certo che i restauratori insieme allo sporco abbiano rimosso anche la colla utilizzata da Michelangelo per fissare i colori stesi “a secco”, una tecnica questa che permette agli artisti successivi ritocchi.
Tale teoria non è supportata dalla metodologia adottata dal grande maestro fiorentino, che pare si sia avvalso esclusivamente della tecnica del “buon fresco›”.

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Ritratto di Michelangelo (circa 1544)
Daniele da Volterra (1509–1566)
Metropolitan Museum of Art
Olio su tavola cm 88,3 × 64,1
p.d.

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