LA PITTURA VENETA

LA PITTURA VENETA

L’arte veneta merita sicuramente un discorso a parte che sia in grado di metterne a fuoco l’innegabile originalità, sia sul piano dell’elaborazione teorica e della riflessione filosofico-religiosa, sia su quello della ricerca stilistica e della sperimentazione
tecnica.
Da sempre la pittura veneta ha manifestato una vivissima sensibilità al colore e al tonalismo, cercando di studiare a fondo e modulare efficacemente gli effetti di luce sui piani cromatici, al fine di conservare l’immediatezza del dato percettivo e la spontanea vitalità degli elementi naturali del paesaggio, senza rinunciare al rigore di un’impostazione spaziale precisa e calibrata.
A questo senso vividissimo del colore e della luce, resi nella loro vibrante variabilità, si aggiungono l’analisi acuta dell’organizzazione della visione (evidente nelle prime “vedute” del Carpaccio), in cui però lo sfondamento spaziale e l’apertura fino all’ultimò orizzonte del campo visivo non sono perseguiti attraverso una pedante applicazione delle regole geometriche e prospettiche, bensì dando il massimo risalto al dato impressionistico della visione. Ciò è ottenuto mediante la ricerca di effetti di colore, l’abbozzo illusionistico di figurine simili a macchiette che rendono una viva sensazione di luce e movimento, e una scrupolosa ripresa descrittivistica del dettaglio.
Questi elementi di vivacità narrativa e di arguzia aneddotica si stemperano nella visione permeata di poesia e di intensa religiosità di Giovanni Bellini, che reinterpreta la grande lezione di Mantegna, il fondatore dell’Umanesimo in ambito settentrionale, riformulando il tema del rapporto storia-natura.
Questa ponderosa questione filosofica si trasforma in lui in un motivo lirico, interpretato liberamente, che trascorre in tutta la sua opera, dando alla sua visione della figura di Cristo quella tipica venatura di commozione e malinconia, che traspone la sua intensa spiritualità in una chiave personalissima di effusione sentimentale. Senza questi presupposti non si potrebbe intendere il profondo rinnovamento della pittura di Giorgione e Tiziano, che fornisce un’inedita interpretazione del rapporto storia-natura, non più considerato in chiave teologica, e cioè facendo riferimento al problema filosofico dell’essenza e della trascendenza, bensì riportandolo alla dimensione della concreta esistenza dell’uomo, del suo vissuto quotidiano, che riassume tutti questi aspetti in una prospettiva integrale.

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CRISTO MORTO (1480 – 1490)
Andrea Mantegna (1431 – 1506)
Pinacoteca di Brera a Milano
Tela cm. 68 x 81

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Immagine di copertina:
Miracolo della reliquia della Croce a Rialto (1496 circa)
Vittore Carpaccio (1465–1526)
Gallerie dell’Accademia, Venezia
Tempera su tela cm 365 × 389