LA PATRISTICA GRECA – FILOSOFIA NEI PADRI GRECI

LA FILOSOFIA NEI PADRI GRECI

LA PATRISTICA GRECA

Più vicini alle sorgenti della filosofia greca, educati quasi tutti in essa, ne risentono più dei latini, tranne Agostino, l’influsso, ne apprezzano maggiormente il valore, la considerano una preparazione alla dottrina cristiana e sono portati, ben più dei latini, a conciliarla in più parti con essa e sempre a servirsene, per l’elaborazione dottrinale delle verità della fede.

Gli apologisti difendono la nuova dottrina dalle critiche dei filosofi ebrei e pagani (fra questi ultimi Luciano, Celso, Porfirio), ne sostengono le verità fondamentali, combattono le nascenti eresie, principalmente lo gnosticismo. Sono del secondo secolo; di essi ricordiamo G1USTINO palestinese, gli ateniesi ATENAGORA e ARISTIDE; IRENEO di Smirne, vescovo di Lione e autore di una grande opera Adversus haereses.

LO GNOSTICISMO

Ireneo fu il martello dello gnosticismo. Questa eresia, il cui nome etimologicamente significa “conoscenza”, accentuava la tendenza a dare al cristianesimo una forma speculativa e accoglieva inoltre volentieri e troppo facilmente elementi da dottrine orientali e pagane. Un principio comune agli gnostici era la concezione della materia come sostanza degradante, causa del male e assolutamente opposta allo spirito. Ne veniva infirmata l’idea dell’incarnazione divina, poichè si riteneva assurdo che il figlio di Dio assumesse un corpo materiale; e infatti una forma tipica di gnosticismo fu il cosiddetto docetismo, che negava a Cristo, in quanto essere divino, un reale corpo fisico, attribuendogli solo un corpo apparente (dal greco δοκέω = sembro).

I più noti gnostici furono SATURNINO d’Antiochia, BASILIDE e CARPOCRATE di Alessandria, VALENTINO, che insegnò anche a Roma, e MARCIONE, fondatore di una chiesa gnostica: tutti del secondo secolo di Cristo.

I PADRI ALESSANDRINI

Buoni conoscitori della filosofia greca, questi Padri non temettero di servirsene nella loro elaborazione dottrinale cristiana. Appartenevano alla scuola di Alessandria, fondata, pare, dal filosofo convertito PANTENO verso il 200. Vanno ricordati CLEMENTE, ORIGENE, ATANASIO, CIRILLO, quattro grandi figure.

CLEMENTE (circa 150-215) sostiene l’importanza della conoscenza speculativa, anche rispetto alla fede; mentre nell’Esortazione alle genti vuol dimostrare quanto d’irrazionale vi fosse nel paganesimo, negli Stromata presenta il cristianesimo come la più alta filosofia e nel Pedagogo ci dà un primo trattato di educazione cristiana.

ORIGENE, vissuto nella prima metà del secolo terzo, fece il primo tentativo di ridurre a sistema il contenuto della fede cristiana (De Pricipiis), sostenne una celebre polemica contro Celso, filosofo platonico. Alcune sue dottrine non sono state accettate dalla Chiesa, specialmente quelle riguardanti la Trinità divina. Egli infatti, riecheggiando Filone e il contemporaneo Plotino, affermava la subordinazione del Figlio al Padre e dello Spirito all’uno e all’altro. Altri Padri, come PAOLO DI SAMOSATA, ritenevano che il Figlio “fosse stato adottato, come tale, da Dio Padre nel tempo (Adozionismo) ,

ARIO E ATANASIO

Questa concezione venne fatta propria e sviluppata dal prete alessandrino ARIO, che dalla dottrina dell’inferiorità del Figlio rispetto al Padre e della sua divinizzazione nel tempo traeva la conclusione che il Figlio non è Dio come il Padre, sorse contro di lui il vescovo di Alessandria ATANASIO, che propugnò l’eternità del Figlio e vide in lui la stessa essenza del Padre.

Affiorava in questo dibattito e faceva pendere la bilancia in favore della tesi di Atanasio l’intuizione cristiana primitiva della necessità morale che il Figlio, cioè Cristo redentore, fosse Dio, perchè la redenzione fosse possibile e adeguata. Per il dialettico Atanasio, poi, la perfetta uguaglianza del Figlio, Verbo divino, e anche dello Spirito, col Padre è chiarimento della stessa creazione del mondo, poichè soltanto ammettendo la manifestazione di Dio a se stesso e in sè, è possibile spiegare, come cosa diversa, la manifestazione di Dio “al di fuori”, cioè la creazione, rompendo in tal modo il cerchio-magico dell’emanatismo e del panteismo, che in tante e sì varie forme si insinuava nella filosofia e nella teologia.

Il concilio di Nicea, convocato da Costantino nel 325, risolse la questione, condannando la tesi di Ario e consacrando quella di Atanasio di una sola natura divina in tre persone distinte. In quel celebre concilio, come abbiamo già ricordato, venne formulato il simbolo apostolico (il Credo).

I LUMINARI DI CAPPADOCIA

Sconfitti sulla questione della divinità originaria del Figlio, gli ariani risollevarono il problema trinitario, puntando sulla questione della divinità dello Spirito Santo, che nel concilio era rimasto un poco in ombra. Contro questi nuovi assalti e per rafforzare sempre più il dogma, predicarono e scrissero tre Padri orientali, che, per la loro sapienza e dal luogo dove vissero, vennero detti i luminari di Cappadocia. Furono SAN BASILIO di Cesarea, conosciuto anche come grande organizzatore di chiese e di conventi, SAN GREGORIO, vescovo di Nissa, fratello del precedente, e SAN GREGORIO di Nazianzo, che fu anche poeta; tutti e tre vissuti nella seconda metà del secolo quarto.
Importante sopra gli altri è SAN GREGORIO di Nissa, il più grande filosofo della patristica greca. Tre cose, almeno, dobbiamo mettere in evidenza nelle sue dottrine: . Il significato anche umano della speculazione trinitaria, in quanto l’uomo, creato a immagine di Dio, riproduce nel suo spirito i momenti del processo trinitario; . Il principio immateriale della materia creata, nella conoscenza della quale, infatti, noi cogliamo le qualità sensibili, che per sè non sono materia, e non cogliamo altro, e con questi dati sensibili pensiamo poi il corpo ; . Il significato profondo della resurrezione, basata sull’ immortalità dell’ anima come principio spirituale, che, pur sciogliendosi, con la morte corporale, dalla materia, ne conserva le caratteristiche acquisite, cosicché, nella restaurazione finale, essa si individuerà nuovamente nei suoi elementi corporei (intesi come al n. 2°): la qual concezione implica un forte senso della personalità.

NESTORIO E CIRILLO

Le decisioni del concilio di Nicea del 325 vennero ribadite in quello di Costantinopoli del 381. Ma come ripercussione e conseguenza della soluzione data dai concili a quel problema trinitario, sorse il problema della vera natura di Cristo, cioè del Figlio in quanto fatto uomo (Verbum cara factum est). Se Cristo è vero ed eterno Dio come il Padre, come possiamo dire che sia stato anche vero uomo? NESTORIO, vescovo di Costantinopoli, sosteneva la netta distinzione della natura divina e della natura umana in Cristo, unite per semplice e momentanea congiunzione, cosicché costituiscono anche due persone distinte.

CIRILLO, vescovo di Alessandria e appartenente quindi alla stessa Scuola di Atanasio, si oppose a Nestorio con vivace polemica e se non giunse all’estremo opposto, cui giunse il monaco EUTICHE, di riconoscere in Cristo la sola natura divina (teoria dei mono-fisiti), vi andava molto vicino, anche per legittimare l’attribuzione della maternità divina a Maria.
L’espressione “Maria madre di Dio” era a quel tempo molto diffusa e sembrava assurda a Nestorio.

Notiamo anche qui che l’intuizione dei cristiani dei primi secoli, fervidi di fede in Cristo redentore divino, preparava e indicava talvolta il fondo delle soluzioni, elaborate poi dai dotti e definite nei concili. Ed ecco il concilio di Efeso del 431 sentenziare che in Cristo vi sono le due nature, la divina e l’umana, unite però in una sola persona, e ciò permetteva anche di chiamare Maria madre di Dio. La decisione venne confermata dal concilio di Calcedonia del 451.

Vanno pure ricordati due scrittori greci, notevolmente posteriori ai precedenti: DIONIGI L’AREOPAGITA (o Pseudo-Dionigi), vissuto verso il principio del sesto secolo, autore di libri molto celebrati sulla Gerarchia celeste e sui Nomi divini, e SAN GIOVANNI DAMASCENO, della prima metà del secolo VIII, autore d’una Fonte della cognizione, vigoroso tentativo di conciliazione della filosofia aristotelica e neoplatonica con la teologia cristiana.

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