LA DIALETTICA DI ESSERE E DIVENIRE – TENTATIVI DI SINTESI

LA DIALETTICA DI ESSERE E DIVENIRE
TENTATIVI DI SINTESI

Impossibilità di trovare la causa prima fra gli elementi costitutivi della natura

La teoria anassimandrea del “principio” indeterminato mette in rilievo la difficoltà, anzi l’impossibilità, di trovare la causa prima fra gli elementi costitutivi della natura, intesa soltanto come sostanza materiale. Se tutto in essa si trasforma e diviene, bisognerà dire che la realtà non è “essere”, ma continuo “divenire”, oppure occorrerà negare al dato dell’esperienza sensibile valore di realtà vera e attribuirlo a una realtà, che non cade sotto i sensi. A ogni modo bisogna conciliare l’esigenza dei sensi con quella della ragione. Un puro divenire sembra non possa avere significato; il flusso universale degli esseri non comporta possibilità di conoscenza, non potendosi stabilire alcun rapporto fra l’oggetto conoscibile e il soggetto conoscente, entrambi in mutazione incessante.

La ragione cerca un fondamento permanente di “essere”; cerca ciò che permane nella variazione, ciò che unifica la molteplicità; non trovandolo nel dato del senso, lo cercherà al di là di esso: l’antitesi fra esperienza sensibile e ragione va superata. Ecco allora delinearsi la dialettica di essere e di divenire , e prendere maggior forza e chiarezza i tentativi di sintesi fra essere e divenire.

Tutto ciò è già implicito nelle concezioni dei tre filosofi di Mileto: abbiamo infatti notato che nella loro fisica affiora prepotente l’esigenza metafisica. Che cos’è, in se stesso, il principio elementare delle cose? Perchè esso principio è eterno e costante nella sua essenza, mentre i suoi stati, gli “esseri”, variano continuamente? Che è questo variare, questo divenire? E se la realtà è una, non si identificheranno, forse, l’essere e il divenire?

In Eraclito, filosofo pure ionico, il problema si presenta in forma acuta, e la soluzione è radicale, ma oscura e perciò variamente interpretata. Comunemente si considera Eraclito come il filosofo del divenire, e a lui vien contrapposta la scuola eleatica, come quella che afferma che l’essere è tutto e il cambiamento e la molteplicità vana apparenza. Ma anche in Eraclito si avverte il bisogno razionale e religioso dell’unità permanente, dell’armonia che trionfa del contrasto, d’una legge razionale immutabile, a dispetto dei dati dell’esperienza sensibile.

Gli eleati accentueranno e renderanno esplicite queste conclusioni, e le porteranno all’affermazione esclusiva della realtà dell’essere uno, immutabile, eterno, perfetto, di natura intelligibile.

Pitagorici e atomisti ricercheranno, come vedremo, nuove soluzioni, si preoccuperanno nuovamente di non sopprimere l’uno o l’altro dei termini dell’antinomia, ma di ‘conciliarli in sintesi tali, che permettano di affermare la permanenza degli esseri (considerati dai pitagorici come unità aritmetiche o ideali, e dagli atomisti come unità fisiche o materiali) e il mutamento continuo dei loro rapporti.

Anassagora avvertirà più chiaramente degli altri l’insufficienza del puro naturalismo e parlerà d’una Intelligenza ordinatrice, d’una Mente. Siamo sulla strada che conduce a Dio. Non si può negare lo spirito religioso a questi grandi pensatori antichi, ritenuti, almeno alcuni, estranei o ostili alla religiosità: la grande filosofia, professata con purezza d’animo, è anche religione.

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