LA POESIA TRA LE DUE GUERRE

Giuseppe Ungaretti 

LA POESIA TRA LE DUE GUERRE

Un processo di rinnovamento di portata analoga a quello verificatosi per la, prosa, interessò la poesia negli anni tra le due guerre. Protagonisti invero eccezionali di esso furono oltre a Cesare Pavese, Giuseppe Ungaretti, Umberto Saba, Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo.

Ungaretti, nato ad Alessandria d’Egitto nel 1888 e morto a Roma nel 1970, deve essere considerato, se così si può dire, l’inventore della poesia moderna. Nei suoi versi vengono davvero bruciate senza residui le esperienze dei
crepuscolari, dei futuristi. Come giustamente è stato detto, egli avvertì subito – e la estrema nudità a cui la guerra obbliga l’animo numana lo aiutò – che la parola oratoria o decorativa o estetizzante, pittorescamente bozzettistica o malinconica e sensuale falliva il suo scopo poetico. Il risultato è la parola scarna, essenzialissima, proprio come essenziale è il sentimento dell’uomo di fronte al dramma della guerra. La poesia che presentiamo nelle pagine seguenti ne è un limpidissimo esempio.

Opere principali di Ungaretti sono: “Il porto sepolto“, “L’Allegria“, “Sentimento del tempo“, “Poesie disperse“, “Il dolore“. In queste ultime composizioni, l’arte di Ungaretti si apre a esigenze religiose e sembra accordare maggiore attenzione all’eleganza della forma. Si può affermare che la sua poesia più valida resta quella in cui il tema della guerra gli offre l’occasione per una denuncia di grandissimo valore morale.

La statua di Umberto Saba a Trieste in via Dante

Estraneo alle tendenze culturali che si andavano manifestando in Italia, lontano dagli stessi ambienti letterari, Umberto Saba (1883-1957) ebbe la capacità di cogliere, nella sua poesia, la sostanza stessa della crisi del mondo contemporaneo. Egli aveva coscienza del suo isolamento e pur avvertendo con chiarezza che la realtà esige partecipazione e aggressività, non riconosceva a se stesso la capacità di soddisfare tale esigenza, di adeguarsi al ritmo imposto dalla vita. Da qui la tristezza ma anche l’amore verso le cose, la comprensione per gli uomini, la ricerca di un contatto umano come mezzi per sfuggire alla disperazione. La sua città, Trieste, i vecchi quartieri, la folla che riempie i cinema e lo stadio, ricorrono a suggerire temi di toccante poesia. Ne presenteremo una, dedicata alla squadra di calcio. Le poesie di Saba sono raccolte nel “Canzoniere“. Altre opere sono: “Scorciatoie“, “Raccontini“, “Mediterranee“, “Uccelli“.

Eugenio Montale

La proposta di un linguaggio estremamente comunicativo, capace di sintetizzare in una sola parola complesse suggestioni; un modo di raccontare in poesia con una ricchezza di immagini pari all’essenzialità dell’espressione privata di ogni elemento superfluo, rappresentano forse i caratteri più tipici della poesia di Eugenio Montale (1896).
Profondamente pessimistica è la visione che il poeta ha della realtà, di un mondo che è come “una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia”. “Ossi di seppia“, “Le occasioni“, “Accordi e pastelli“, “Quaderno di traduzioni“, sono tra le opere maggiori del poeta genovese. Stupenda la poesia che presentiamo, “Meriggio“.

Tra il 1920 e il 1940, accogliendo la lezione di Ungaretti e di Montale, un gruppo di poeti dette vita a una corrente che fu chiamata “ermetica“. Ermetismo significa oscurità; impenetrabilità: e davvero impenetrabili e volutamente oscuri furono i versi di questi poeti, una sorta di astratta testimonianza della tragica condizione dell’uomo. Non priva di fascino, densa di difficili analogie, la poesia ermetica non sfuggì a quella sostanziale ambiguità che aveva caratterizzato, come abbiamo visto, la “prosa d’arte“.
Essa, infatti, pur essendo, senza dubbio, una forma di difesa della cultura dalle ingerenze “culturali” del regime, non era tale, per sua natura, da creare preoccupazioni politiche al fascismo. Visse, perciò, tranquilla, protetta dal compartimento stagno dei suoi quasi sempre incomprensibili versi.

Maggior rappresentante dell’ermetismo, poeta di assoluto valore, fu il premio Nobel Salvatore Quasimodo, nato in Sicilia nel 1901 e scomparso di recente. Quasimodo trovò soprattutto nel secondo dopoguerra il suo momento espressivo più alto e lucido, quando scelse a tema della sua poesia il dolore e l’orrore degli uomini dinanzi alla disumana brutalità della guerra.

Salvatore Quasimodo

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