INTELLETTUALI E FASCISMO

Benedetto Croce

INTELLETTUALI E FASCISMO

Almeno agli inizi, l’opinione prevalente tra gli intellettuali italiani a proposito del fascismo fu quella che avevano già espresso i liberali, secondo i quali il fascismo stesso, necessario a combattere e sconfiggere il movimento socialista,  sarebbe poi scomparso gradatamente, riassorbito dalla forza delle istituzioni dello Stato. Questa tesi era stata accolta da Benedetto Croce e si era fatta strada anche per l’influenza esercitata dal filosofo abruzzese sulla cultura italiana (1). Gli intellettuali non furono quindi pregiudizialmente contrari al nuovo regime e mostrarono, almeno in parte, una certa disponibilità nei suoi confronti. Il regime, da parte sua, si era presentato, nel 1925, con un “manifesto” redatto dal filosofo Giovanni Gentile (1875-1944) e sottoscritto da qualche centinaio di uomini di cultura (tra i quali Pirandello, Di Giacomo, Malaparte), in cui si cercava di stabilire una connessione tra la storia nazionale e il fascismo – inteso come “religione” – nel tentativo di ricollegare quest’ultimo alle migliori tradizioni politiche e culturali del Risorgimento e dove si esaltava lo squadrismo come arma per edificare un nuovo Stato, che avesse come prospettiva ideale la crescente grandezza della nazione.

Al manifesto fascista seguì, poco dopo, la risposta degli intellettuali antifascisti (assai più numerosi e rappresentativi), sotto forma di un documento pubblicato sulla rivista “Il Mondo“. Ben presto chiamato il “manifesto Croce” (dal nome del suo estensore) il documento contestava con puntuale efficacia la pretesa del fascismo di qualificarsi come la religione del nuovo tempo, auspicando il ritorno alla libertà.

(1) poco più tardi, dopo il 1924, Croce rivedeva questo giudizio, schierandosi con decisione contro il fascismo: “Il fascismo – scriveva – è stato un moto di difesa dell’ordine sociale, patrocinato in prima linea dagli industriali e dagli agrari e, come tale, esso non è solo indifferente alla letteratura e alla cultura, ma intimamente ostile….”.

Giovanni Gentile

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