GLI SCRITTORI DELLA RONDA

GLI SCRITTORI DELLA RONDA

Dall’esigenza di rimettere un certo ordine nelle cose letterarie del dopoguerra, sembra muovere la “Ronda”, una rivista pubblicata tra il 1919 e la fine del ’22 per iniziativa di alcuni scrittori, Vincenzo Cardarelli, Riccardo Bacchelli, Antonio Baldini, Bruno Barilli, Emilio Cecchi, Lorenzo Montano, Nino Savarese, ed altri. Essa indicava un preciso orientamento: la letteratura deve bastare a se stessa, senza contaminazione alcuna con la politica; sul piano della forma si auspicava il ritorno alla tradizione classica. In realtà l’apparente “disimpegno” non riusciva a nascondere un atteggiamento sensibilmente conservatore e aristocratico. Le manifestazioni della vita associata disgustano i ‘rondisti’, non in se stesse, ma in quanto sono state estese a certi ceti sociali e a classi che avrebbero dovuto restarne fuori; e non solo le classi più umili ma anche buona parte di quelle medie il cui ingresso nella vita pubblica aveva avuto un effetto corruttore, togliendola dalle mani di una ristretta ‘élite’ aristocratica”.

Con questo spirito la “Ronda” rivolge la sua polemica contro i “decadenti“, futuristi, dannunziani o crepuscolari, per riproporre a modello quella tradizione che aveva avuto, al suo vertice, Leopardi e Manzoni. E tuttavia la polemica rimase legata più agli aspetti formali che a quelli di contenuto: pur respingendo la forma chiassosa dei futuristi, gli scrittori della “Ronda” dimostrano, nei fatti, di condividerne le premesse ideologiche irrazionaliste, rimanendo essi stessi coinvolti in quel disordine intellettuale che dicono di voler combattere. Naturalmente, ciascuno dei rondisti portò poi avanti un proprio discorso poetico e stilistico, in rapporto al proprio
temperamento.

Di Vincenzo Cardarelli (1887-1955) restano, quali opere di maggiore spicco, le “Poesie“, le “Poesie Nuove“, nonché “Viaggio nel tempo“, “Il sole a picco“, “Il cielo sulle città“. I suoi migliori componimenti sono quelli che non appaiono condizionati dalla ricerca del massimo di eleganza formale.

Di Antonio Baldini (1889-1961) la migliore testimonianza è data dai romanzi “Michelaccio“, “Beato tra le donne“, “La vecchia del Bal Bullier” che ne rispecchiano il temperamento artistico esuberante e malizioso. A Riccardo Bacchelli (1891-1985) critico e scrittore fecondissimo, si devono tra l’altro i romanzi storici “Il diavolo a Pontelungo” e “Il Mulino del Po“, assai noto quest’ultimo anche per la riduzione televisiva che ne è stata tratta.
Ma la personalità “rondista” di più elevata statura appare senz’altro quella di Emilio Cecchi (1884-1966) anche egli critico oltre che scrittore. Il suo rapporto con la realtà, condotto sempre sul filo di una accuratissima invenzione stilistica mai fine a se stessa, si traduce in una straordinaria capacità di cogliere anche nelle più piccole manifestazioni della natura, suggestioni e significati nascosti. Tra le sue opere maggiori: “Storia della letteratura inglese nel secolo XIX“, “Corse al trotto“, “L’osteria del cattivo tempo“, “Et in Arcadia ego“, “America amara“.


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