Di fronte alle innovazioni apportate dalla tecnica dell’era industriale e imperialistica Marinetti non prova timore o riluttanza ma, al contrario, si esalta. Così esulta di fronte alla macchina, che è alla base della nascita delle grandi fabbriche caratterizzate dagli intensi ritmi produttivi, all’automobile e all’aereo, meravigliose invenzioni della mente umana, che ribaltano i concetti tradizionali di spazio e di tempo, proiettando l’individuo in una dimensione nuova. Difensore strenue di tutto ciò che appare innovativo e rivoluzionario, Marinetti si oppose con durezza a chi non condivideva la sua posizione e giunse a proporre mezzi spicci (“lo schiaffo e il pugno”) per convertire i timorosi e gli incerti.
Il futurismo arrivò cosi ad abbracciare i valori e i miti nazionalisti e imperialisti, tanto che molti dei suoi seguaci (Marinetti compreso) confluirono presto nel Partito nazionalista, che in quegli anni premeva per la conquista della Libia (che avverrà nel 1911-12) e poi per l’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale. Infine alcuni futuristi passeranno nelle file del fascismo.
Filippo Tommaso Marinetti
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In campo letterario Marinetti propose la distruzione degli emblemi della cultura tradizionale, come le biblioteche e i musei, e decretò che bisognava inventare una espressività nuova, più consona all’epoca moderna. Così anche il linguaggio deve trasformarsi, essere più veloce e immediato, e perciò bisogna ridurlo a sostantivi ea verbi lasciati alla forma infinitiva. La pagina occorre che appaia viva e vibrante come la realtà e quindi non deve ospitare solo parole, ma anche accoppiamenti di sillabe e segni tipografici che diano al lettore una percezione visiva immediata. Sotto il profilo stilistico, il movimento futurista si fece portavoce dell’indubbia e valida esigenza di rinnovare il linguaggio letterario, proponendo sperimentazioni che fino ad allora mai nessuno aveva osato. Tuttavia per ciò che concerne i contenuti, il movimento di limitò a distruggere tutto ciò che riguardava il passato e ad accettare in modo cieco e fine a se stesso il nuovo, senza valutarne il significato e le conseguenze.
Nell’ambito letterario il futurismo italiano ebbe i suoi maggiori esponenti, oltre che in Marinetti, in Palazzeschi, Covoni e Soffici. Ma i risultati più importanti, ove la polemica fu meno sterile e più costruttiva, si produssero nel campo delle arti figurative, con l’introduzione di un nuovo senso dello spazio (ad opera soprattutto di Umberto Boccioni), che genererà conseguenze di rilievo sulle successive avanguardie europee (cubismo, dadaismo e surrealismo).
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Col Manifesto tecnico della letteratura futurista del 1910, Filippo Tommaso Marinetti (Alessandria d’Egitto, 22 dicembre 1876 – Bellagio, 2 dicembre 1944) creò una tipologia espressiva basata sulle “parole in libertà”, le sole che potessero ben raffigurare la frenesia e il mito della velocità che accomunava i futuristi.
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Immagine di copertina:
La città che sale, bozzetto (1910)
Umberto Boccioni (1882–1916)
Museum of Modern Art, New York
Olio su tela cm 200 x 301
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