ARCHITETTURA DAL XV AL XIX SECOLO

La Città ideale del Rinascimento, che esprime, interpretando l’omonimo paradigma, l’idea di perfezione della classicità “moderna”. Il dipinto è anonimo, probabilmente omaggio a Leon Battista Alberti ed è esposto alla Galleria nazionale delle Marche di Urbino.

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ARCHITETTURA DAL XV AL XIX SECOLO

 

Nel Quattrocento l’amore dell’antico non castiga la fantasia degli architetti: le chiese conservano spesso gli schemi delle basiliche cristiane e non sdegnano gli ingegnosi partiti della tecnica medioevale; ma, al principio del secolo XVI, cessa il compiacimento estetico della simmetria, delle proporzioni eleganti e dell’indipendenza nell’uso degli ordini. Le fabbriche di Roma sono studiate con piú esattezza sulle rovine, e le regole di Vitruvio s’osservano anche nei palazzi. I piani sono divisi da cornici e fasce, e gli ordini si dispongono con calmo equilibrio. Le porte e le finestre si aprono rettangolari, e quando sono ad arco, la riquadratura le conforma al tipo prescritto e le copre, in tutti e due i casi, con la cornice che ha il frontone o ne è sprovvista. Nei cortili si adoperano colonne e pilastri, con il sistema romano della diminuzione scalare dello sforzo (dorico, ionico, corinzio), e dovunque c’è sobrietà decorativa; negl’interni, invece, la pittura e la scultura contribuiscono ad ogni sfarzo di ricchezza. Le volte a botte e le cupole si collegano con poderosi pilastri, e gli ordini greci, le colonne, le trabeazioni ed i frontespizi si applicano alle linee ascendenti delle facciate e delle navi dei templi.
In essi la pianta libera a croce latina o greca pone la sola condizione di una gran cupola brunelleschiana; la facciata soprappone due ordini, e le navi laterali si uniscono alla maggiore per mezzo delle volute introdotte nell’arte da Leon Battista Alberti. Quando la grandiosità stimola le menti, anche i classicisti usano l’ordine “colossale”, che va dal suolo al cornicione, e che non ovvia alla dissonanza delle porte, le quali, anche ingrandite, non assecondano l’accrescimento smodato degli intercolonni. I corpi avanzati, le nicchie e le finestre dai forti contorni giustificano le dimensioni con l’armonia delle masse, ma, poco prima della metà del Cinquecento, la correttezza del Palladio tempera i piú originali pensieri architettonici: tutti i problemi statici sono ormai risolti, e Michelangelo supera il pericolo dell’ortodossia neoromana con la reazione del genio che scopre la novità nella magnificenza degli effetti.
Dopo di lui, si cercano soluzioni nuove nell’insieme e nei particolari; il movimento domina la massa costruttiva, che resta sostanzialmente romana nel senso dello spazio, e che complica profili, sporgenze e rientranze con audacia spesso incompresa. Le masse murali si flettono, i prospetti sono curvilinei, il criterio della forma sembra stanco: è l’ora del barocco, di quello stile nel quale dice benissimo il Heinrich Wölfflin (Winterthur, 21 giugno 1864 – Zurigo, 19 luglio 1945): “L’uomo viene ingoiato dall’ambiente, ed annega nell’immensità”.

Santa Maria Novella, Firenze – Fonte: Wikipedia

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