ILIADE – OMERO

ILIADE 

Omero

 
ANTEFATTO
Al solenne banchetto, preparato sull’Olimpo per le nozze si Peleo con la Dea Teti, erano stati invitati tutti gli Dei, meno la Discordia, che, per vendicarsi, gettò nella sala un pomo d’oro con la scritta “Alla più bella”. Subito Giunone, Minerva e Venere se la contesero, ma Giove, invitato a decidere, affidò il giudizio a Paride, il figlio di Priamo, re di Troia, che preferì Venere, perché gli aveva promesso in sposa la più bella donna del mondo.

Paride intraprese poi un viaggio in Grecia dove, accolto nella reggia di Menelao re di Sparta, mal ricambiò la generosa ospitalità fuggendo a Troia con la consorte di lui, Elena, che era allora la donna più bella della terra. Menelao ne chiese la restituzione, ma, avutone un rifiuto, chiamò alla vendetta i capi delle città greche e primo fra tutti il fratello Agamennone, che assunse il comando della spedizione.
Dopo un periglioso viaggio per mare i Greci sbarcarono sulle coste della Troade e posero l’assedio alla città. Ma Troia resistette a tutti gli assalti.
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ARGOMENTO
La guerra infuria ormai da dieci anni con alterne vicende. Un giorno Crise, sacerdote di Apollo, si presenta supplice al campo acheo per chiedere il riscatto della figlia Criseide, fatta schiava da Agamennone. Cacciato con un rifiuto e con minacce, prega il Dio che lo vendichi: questi allora diffonde nel campo una pestilenza che infuria per nove giorni.
Al decimo giorno Achille, alla presenza dell’assemblea, invita Agamennone a restituire Criseide per placare Apollo. Il capo supremo, indotto dalle pressioni degli altri duci, restituisce Criseide, ma vuole una soddisfazione; sia per mostrare la sua superiorità su tutti, sia per vendicarsi di Achille che ha provocato la perdita della schiava, toglie proprio a questi la sua, Briseide. Achille, offeso, giura che non prenderà più parte alla guerra mentre la madre Teti lo consola promettendogli il suo aiuto e ottenendogli poi da Giove l’assicurazione che farà scontare agli Achei sconoscenti la loro colpa. (Canto I)
Agamennone, ingannato da un sogno inviatogli da Giove, vuole attaccare i Troiani, sicuro della vittoria. Un tentativo di conoscere l’animo dei combattenti, proponendo il ritorno in patria, ha esito infelice: tutti si avviano con manifestazioni di gioia verso le navi e sono trattenuti solo dall’energico intervento dei capi, primo fra tutti Ulisse, che punisce il petulante, deforme Tersite.
Segue la rassegna (o catalogo) delle forze greche e troiane; 1.186 navi e circa 120.000 uomini dei Greci; forse una metà di uomini dalla parte dei Troiani. (Canto II)
Avvicinatisi i due eserciti, Paride (o Alessandro) sfida a duello Menelao per decidere così la sorte della guerra. Stabilita una tregua e giurati solennemente i patti con l’intervento del re Priamo, il duello si inizia. Paride sta per soccombere, ma Afrodite l’avvolge in una nube e lo trasporta in città, mentre Agamennone chiede l’esecuzione dei patti. (Canto III)
Un alleato dei Troiani, Pandaro, istigato da Atena, ferisce con una freccia Menelao suscitando sgomento e ira nel campo greco, specialmente in Agamennone il quale passa in rassegna l’esercito esortando i suoi alla battaglia che comincia con una grande strage dall’una e dall’altra parte. (Canto IV)
Gli Achei hanno il sopravvento per merito soprattutto di Diomede che ferisce Afrodite, accorsa in aiuto del figlio Enea, e Ares. (Canto V)
Avendo i Troiani la peggio, per consiglio di Eleno, Ettore rientra in città a ordinare preghiere e voti ad Atena: poi, rimproverato Paride, s’incontra presso le porte Scee con la moglie Andromaca e il figlioletto Astianatte per l’ultimo, commovente addio: s’avvia quindi per tornare tra i combattenti ed è raggiunto durante il cammino da Paride. (Canto VI)
Appena rientrato in campo, Ettore sfida a duello il più forte campione greco: Menelao è pronto ad accettare ma è dissuaso da Agamennone. Si presentano allora nove eroi, tra cui si estrae a sorte. È designato Aiace. Dopo lunga e accanita lotta i due, al calar della notte, sono separati dagli araldi. Segue una tregua per il seppellimento dei morti ed i Greci ne approfittano per proteggere le navi con un muro e una fossa. (Canto VII)
Dopo una seconda battaglia nella quale per volere di Giove i Greci hanno la peggio (Canto VIII), Agamennone convoca i capi a consiglio e propone una fuga immediata cui si oppongono Diomede e Nestore. Si decide, invece, di mandare un’ambasceria ad Achille per dargli ampia soddisfazione ed indurlo a riprendere le armi.
Agamennone gli offre la restituzione di Briseide e innumerevoli doni per mezzo degli ambasciatori Fenice, Ulisse e Aiace, accolti ospitalmente dall’eroe sempre però ben deciso a non più combattere. La notizia del rifiuto riportata ai duci aumenta la costernazione nel campo acheo. (Canto IX)
Diomede durante la notte esce con Ulisse ad esplorare il campo troiano, dal quale, nello stesso tempo, esce, con analogo incarico, Dolone che, catturato dai due, è costretto a dare preziose indicazioni sui nemici e poi è ucciso. I due Greci, trucidato Reso con alcuni dei suoi e predatine i cavalli, ritornano incolumi tra i loro. (Canto X)
Nel terzo giorno di battaglia Agamennone compie grandi prove di valore ma viene ferito. Achille che osserva la lotta dal suo campo, invia Patroclo a chiedere notizie di un guerriero condotto fuori della mischia da Nestore che Io prega di partecipare alla lotta con i Mirmidoni, se Achille persiste nel suo sdegnoso atteggiamento. (Canto XI)
Intanto i Troiani, incitati da Ettore, respingono i Greci fino alle difese del campo (Canto XII) lanciati in un assalto a stento contenuto dagli Achei. (Canto XIII)
Era, poi, con l’aiuto di Afrodite e del Sonno, addormenta Giove dando a Nettuno la possibilità cli accorrere in aiuto degli assediati: lo stesso Ettore è ferito ed i Troiani sono respinti dalle navi. (Canto XIV)
Giove, ridestatosi, concede la vittoria ai Troiani ed Ettore incalza gli Achei fino alle navi. (Canto XV)
Patroclo, tornato presso Achille, ottiene di vestire le armi dell’amico e di accorrere con i Mirmidoni in difesa delle navi greche dove i Troiani stanno già gettando fuoco; la presenza di Patroclo, da tutti creduto Achille, fa fuggire i Troiani meno Ettore che l’affronta e l’uccide. (Canto XVI)
Sul suo cadavere si accende una furibonda lotta. (Canto XVII)
Achille si dispera e piange alla notizia della morte dell’amico, udita dalla madre che lo consola e gli promette una nuova armatura in sostituzione di quella data a Patroclo e presa da Ettore.
Mentre Teti va da Efesto per ottenere le armi, Achille dall’alto della fossa, con un grido pauroso, mette in fuga i Troiani e lo stesso Ettore. (Canto XVIII)
Achille per vendicare l’amico si riconcilia con Agamennone e si arma (Canto XIX): affrontato da Enea lo trarrebbe a sicura morte se in favore del Troiano non intervenissero gli Dei (Canto XX).
Achille caccia i Troiani parte verso la città, parte nello Scamandro, ma il dio Scamandro, protettore dei Troiani, straripa ed insegue i Greci, soprattutto Achille, finché da Efesto, mandato da Giunone che teme per la vita dell’eroe, è ricacciato nel suo letto mentre i Troiani si ritirano nella città. (Canto XXI)
Solo Ettore rimane fuori, deciso ad affrontare Achille che lo attende minaccioso e terribile: a tale vista il pur coraggioso eroe fugge tre volte intorno alla città, poi, esortato da Atena, si ferma e cade per mano di Achille che ne trascina il cadavere verso le navi. (Canto XXII)
Vendicato così l’amico, Achille ordina per lui solenni funerali ed organizza varie gare alle quali partecipano i migliori campioni dell’esercito. (Canto XXIII)

Dodici giorni dopo la morte di Ettore, Priamo, per suggerimento divino, si reca alla tenda di Achille a chiedere il cadavere del figlio: Achille, commosso dall’aspetto e dal dignitoso dolore del vecchio re, memore del vecchio padre Peleo, restituisce il corpo di Ettore miracolosamente intatto e concede una tregua di undici giorni perchè l’eroe abbia degna sepoltura ed onori funebri. (Canto XXIV)

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I PROTAGONISTI

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Agamennone, figlio di Atreo, fratello di Menelao, re di Argo e di Micene. Sposò Cliterinestra, figlia di Tindaro, sorella di Elena che si unì a Menelao.
Quando la regina di Sparta fu rapita da Paride, i due fratelli Atridi fecero alleanza con molti principi greci e organizzarono un’immensa armata di più di mille navi, e con oltre centomila guerrieri, che mosse contro Troia. Ne fu capo supremo Agamennone rispettato ed obbedito durante il periodo di 51 giorni in cui si svolsero le vicende narrate nell’Iliade: spesso, però, si mostrò arrogante e superbo (onde la sua lite con Achille), incerto e desideroso di rinunziare all’impresa, a volte valoroso combattente, quasi sempre pronto ad ascoltare il consiglio dei suoi alleati.
Finita la guerra con la vittoria delle armi greche, tutti gli alleati si affrettarono a ritornare alle loro case ed egli si diresse a Micene dove Cassandra gli aveva predetto una triste fine: egli, infatti, fu ucciso nella sua reggia da Egisto al quale, durante la sua decennale assenza, si era legata la moglie Clitennestra.

Achille, figlio di Peleo e della Nereide Tetide (o Teti), il più forte e il più famoso degli eroi greci nella guerra contro Troia, era nato a Ftia, in Tessaglia, di cui fu re. La madre, che poi lo fece educare dall’eroe Fenice e dal centauro Chirone, sapendolo destinato a morire sotto le mura di Troia, lo tuffò, appena nato, nelle acque del fiume Stige, per renderlo invulnerabile: e tale lo rese fuorché nel tallone col quale l’aveva tenuto. Teti, inoltre, per sottrarlo ai pericoli della guerra l’aveva nascosto, in vesti femminili, tra le figlie del re Licomede, nell’isola di Sciro ove fu scoperto da Ulisse e Diomede mediante un’astuzia: tra i doni recati alle fanciulle il re di Itaca espose anche una lucente armatura prontamente afferrata da Achille per lanciarsi contro i nemici.
Andato al campo greco, sotto Troia compì arditissime imprese, prima del tempo in cui si inizia l’azione del poema che, come è noto, presenta i più importanti momenti delle gesta dell’eroe: la sua violenta disputa con Agamennone che gli toglie Briseide, a lui cara; il suo ritiro dalla battaglia, con Patroclo ed i Mirmidoni, ed il testardo rifiuto a ritornarvi; il disperato dolore per la morte dell’amico al quale ha concesso le sue armi; il suo ritorno alla guerra, la sua lotta con lo Scamandro, il duello con Ettore ed, infine, la restituzione del cadavere del nemico ucciso al re Priamo.
Figura grandiosa, questa di Achille nell’Iliade, in cui Omero tratteggiò l’eroe per eccellenza: giovane, coraggioso, caparbio, amante della cetra, con la quale consolava la sua malinconia, mite con gli infelici, affettuoso con la madre, rispettoso degli Dei e dei doveri dell’ospitalità, riverente e commosso di fronte al dolente Priamo.

Teti, madre di Achille, una delle Nereidi, figlia di Nereo, vecchio abitatore del mare. Fu desiderata in sposa da Giove che poi la fece unire in matrimonio col mortale Peleo, dopo aver saputo che suo figlio sarebbe un giorno divenuto più grande e più forte del padre.
È detta “dea piè d’argento” da Omero che presenta con ispirata commozione la sua dolce e malinconica figura di madre, sempre pronta ad aiutare e a consolare il figlio.
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Ettore, figlio di Priamo ed Ecuba, il maggiore degli eroi troiani, fratello di Paride, marito di Andromaca, è sempre presente nelle battaglie, forte e coraggioso combattente: è il campione. dei Troiani, come Achille lo è dei Greci. In ogni circostanza si mostra di animo saldo, di volontà invincibile, di squisita nobiltà, per cui lo stesso Achille sente per lui ammirazione e rispetto.
Come marito, come padre, come guerriero e come cittadino, che si vota alla patria, di cui presente l’imminente rovina in una guerra da lui non provocata, è la più bella e patetica fra le figure degli eroi troiani evocate nell’Iliade.

Andromaca, figlia di Eezione rappresenta tra il fragore delle battaglie dell’Iliade la soave nota femminile vibrante di amore coniugale e materno. Dopo la presa di Troia divenne prigioniera del figlio di Achille, Pirro, che la portò in Tessaglia e nell’Epiro dove sposò Eleno, il figlio di Priamo dotato del dono profetico.
Virgilio, nell’Eneide, la presenta proprio in Epiro, intenta ad onorare la memoria di Ettore e a ricordare con lagrime appassionate il figlio Astianatte che era stato gettato dalle mura di Troia durante la distruzione della città.

Ulisse, figlio di Laerte e di Anticlea, re di Itaca. Nella guerra troiana fu uno dei primi eroi, sempre presente e pronto a dare valido aiuto col senno e col valore: con Diomede rapì da Troia il Palladio, statua miracolosa di Minerva gelosamente custodita (perché un oracolo aveva predetto che la città non sarebbe caduta finché avesse conservato la sacra immagine), raccolse informazioni sul campo nemico, fece parte dell’ambasceria dei Greci ad Achille per tentare di indurre l’eroe a tornare in battaglia, suggerì l’inganno del cavallo di legno nel quale si rinchiuse con altri compagni per conquistare Troia.
Conclusosi l’assedio ad Ilio, dovette sopportare molte vicende prima di tornare ad Itaca.
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Fenice, figlio di Amintore, re di Eleone, in Tessaglia. Scacciato dal padre si rifugio presso Peleo che lo accolse generosamente e gli affidò l’educazione di Achille. Così nacque il reciproco afferro fra maestro e discepolo e quando Achille partì per la guerra di Troia il vecchio Fenice volle seguirlo.

Aiace, figlio di Telamone, re di Salamina e fratello di Peleo. Nell’Iliade è il più forte e valoroso guerriero dopo Achille, poiché, ritiratosi questi nella sua tenda, resse il maggior peso della guerra: sostenne un duello ton Ettore, frenò l’urto dei Troiani giunti fino alle navi greche, combatté nella difesa del cadavere di Patroclo.
Morto Achille, ucciso da Paride, disputò con Ulisse per le sue armi. Quando queste, per consiglio di Minerva, furono da Agamennone assegnate ad Ulisse si infuriò e si uccise gettandosi sulla propria spada.

Priamo, ultimo re di Troia, sposo di Ecuba, padre di Ettore e di molti altri valorosi combattenti troiani. Vecchio infelicissimo, assistette alla morte dei suoi figli e alla rovina della sua città. Pirro, figlio di Achille, lo uccise durante l’incendio di Troia.
Sempre dignitoso, appare sovranamente grande quando, sfidando ogni pericolo, decide di presentarsi ad Achille a chiedere il corpo di Ettore. Nella tenda dell’eroe greco i due uomini si ammirano a vicenda: Achille simile agli dei, Priamo mirabile nella maestà di grande re e di coraggioso padre.

Peleo, re di Ftia, nella Tessaglia, figlio di Eaco, sposo di Teti. Poiché la Nereide non voleva acconsentire alle nozze con un mortale, dovette cimentarsi in molte prove: infine, aiutato dal Centauro Chirone, riuscì vincitore nella gara di lotta ingaggiata con lei.
Alle solenni nozze intervennero tutti gli Dei, recando splendidi doni (Nettuno offrì i due cavalli immortali, Balio e Xanto, Chirone offrì una lancia di frassino tolto dal Monte Pelio): ma il banchetto nuziale fu turbato dalla Discordia che, offesa per non essere stata invitata, gettò sulla mensa un pomo d’oro con su scritto: ” Alla più bella”. Tre dee, Giunone, Minerva e Venere si disputarono il pomo finché fu scelto come giudice Paride che lo assegnò a Venere. Di qui nacque la guerra troiana (vedi Antefatto).

Mirmidoni: popolo greco della Tessaglia, venuto forse dall’isola di Egina, su cui regnavano Peleo e Achille. Poiché una tremenda pestilenza aveva spopolato l’isola, il suo re Eaco, avo di Achille, supplicò il padre Giove perché gli restituisse il suo popolo. E, vedendo sul tronco di un grande albero una lunga schiera di formiche che portavano nella bocca del cibo, pregò che gli venissero ridati altrettanti cittadini: e nella notte, in sogno, vide le formiche mutarsi in
uomini che trovò alla mattina appena desto.
Dal greco mùrmex, formica, essi presero il nome di Mirmidoni.

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