NASCITA DELLA LETTERATURA – OMERO E LA QUESTIONE OMERICA

NASCITA DELLA LETTERATURA

OMERO E LA QUESTIONE OMERICA

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Scrivere vuol dire fissare la parola e sottrarla a possibili deformazioni e all’usura del tempo. Ciò significa che il testo scritto si lega al nome di qualcuno – dell’autore – e perciò smette di essere una parte dell’anonimo patrimonio collettivo. Molto si è discusso, fin dall’antichità, su chi fosse il vero “padre” delle due più grandi ed antiche opere letterarie della cultura occidentale: l’Iliade e l’Odissea. Esse vengono per tradizione attribuite ad Omero, mitico cantore cieco originario dell’Asia Minore, che con ogni probabilità raccolse le leggende e le narrazioni trasmesse oralmente nell’arco di almeno mezzo millennio e diede loro forma, articolandole in poemi scritti, come mai nessuno aveva fatto prima di lui. Ovvero i poemi omerici costituiscono un ciclo epico unitario (cioè un insieme di storie legate alle imprese leggendarie di alcuni eroi) che ruota attorno a due tematiche: la guerra della Grecia contro Troia, città dell’Asia Minore, e il ritorno di un valoroso guerriero greco, Ulisse, in patria al termine della guerra.
Con ogni probabilità le narrazioni fiorite su questa materia e ripetute di bocca in bocca da cantori girovaghi, secondo un vasto repertorio via via trasformato dalla fantasia, erano moltissime. Più tardi quell’epopea, prima tramandata per via orale, fu scritta, prendendo la forma dell’Iliade e dell’Odissea. Colui a cui viene attribuita la paternità di aver “fissato” i due poemi per iscritto è appunto Omero.

Molto poco si sa di lui e alcune notizie sono discordanti. Nacque probabilmente a Chio o a Smirne, attivi centri culturali della costa ionica dell’Asia Minore, non ai tempi della guerra di Troia (XII secolo a.C.), ma in epoca successiva (IX-VII secolo a.C.), perché i poemi omerici non descrivono la civiltà micenea come contemporanea, ma la rievocano in forma leggendaria. Oltre che della patria, poco si conosce anche della vita del poeta: si racconta che fosse cieco, che avesse svolto una gara poetica con Esiodo e che vivesse, come altri cantori professionisti (Demodoco, Femio ecc.), alla corte dei principi, i quali si dilettavano ad ascoltare le imprese eroiche dei loro avi recitate dagli aedi e accompagnate dal suono della cetra.
Tuttavia sin dal1’antichità si è dubitato non solo che Omero fosse un personaggio realmente esistito, ma anche che entrambi i poemi a lui attribuiti siano dello stesso autore.
Infatti alcuni grammatici d’Alessandria d’Egitto (chorízontes, separatisti) ritenevano che l’Iliade e l’Odissea presentassero troppe differenze d’argomento e di stile per appartenere a un unico autore. La discussione sulla paternità dei due poemi chiamata “questione omerica” fu ripresa con particolare vigore nel XVIII secolo, grazie agli studi di letterature comparate, di filologia classica e d’archeologia; per alcuni esisteva un nucleo di versi originario poi via via ampliato da altri poeti; per altri c’erano canti sparsi, opera di vari autori, che in seguito furono rielaborati, riscritti e ridefiniti da un solo poeta. Tra i numerosi studiosi che hanno dibattuto la “questione omerica” (F.H. d’Aubignac, Vico, F.A. Wolf, Goethe ecc.), alla fine nel 1938 W. Schadewaldt riaffermò la probabile appartenenza delle opere ad un unico autore, che forse le aveva redatte in due diversi momenti della sua vita, perché molti sono gli elementi che le accomunano e comunque giustificabili sono le difformità presenti.

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