LUDOVICO ARIOSTO – Vita e opere

LUDOVICO ARIOSTO

L’opera maggiore di Ludovico Ariosto è l’Orlando furioso, che può essere considerata l’espressione più matura del Rinascimento, sintesi equilibrata dei suoi ideali e dei suoi valori, ove realtà e fantasia si fondono mirabilmente.
Ludovico nacque a Reggio Emilia nel 1474, primo di dieci figli, e ancora fanciullo si trasferì a Ferrara, ove rimase quasi tutta la vita. Grazie al mecenatismo degli Estensi, la città era divenuta uno dei centri più splendidi della cultura umanistica e rinascimentale. Ludovico dapprima fu avviato agli studi di diritto, ma in seguito riuscì a ottenere dal padre il permesso di dedicarsi alla carriera letteraria ed ebbe valenti maestri. In seguito alla morte del padre avvenuta nel 1500, dovette preoccuparsi della salvaguardia del patrimonio familiare e dell’educazione dei fratelli. Perciò, spinto da necessità, nel 1503 entrò al servizio del cardinale Ippolito d’Este, fratello del duca Alfonso I. Tuttavia il cardinale era un uomo poco incline agli interessi letterari e preferiva assegnare all’Ariosto incarichi diplomatici., che implicavano viaggi lunghi e missioni talvolta rischiose. In quegli anni fu inviato alla corte di Urbino e più volte a Roma presso papa Giulio II e poi presso Leone X. Frattanto, dopo i primi componimenti in latino, cominciò a scrivere in volgare, redigendo due commedie e una prima stesura dell’Orlando furioso, che fu pubblicato nel 1516. Licenziatosi dal cardinale Ippolito, .nel 1518 passò al servizio del duca Alfonso, che lo lasciò più libero negli studi.
Scrisse così altre tre commedie e nel 1521 curò la seconda edizione del poema di Orlando. Dopo un periodo in Garfagnana, ritornò a Ferrara, dove poté trascorrere gli ultimi anni nella casa che aveva acquistato, dedito alla revisione delle sue opere e circondato dall’affetto dei familiari.
La sua fama andò crescendo, tanto che nel 1532 uscì la terza edizione del poema. L’anno successivo (1533) Ariosto si spense a Ferrara.
Oltre all’Orlando furioso, a cui deve la fama, Ariosto ci ha lasciato numerose altre opere minori, scritte in latino e in volgare. Tra queste meritano attenzione particolare le sette Satire in terzine, composte tra il 1517 e il 1525. Queste prendono spunto da fatti reali, sono indirizzate a parenti e amici e trattano gli argomenti più diversi con pungente ironia, ponendo al centro della riflessione i vizi e le virtù umane. Anche le cinque commedie sono degne di nota: La Cassaria (1508), Suppositi (1509), Il Negromante (1520), La Lena (1528) e Gli Studenti, quest’ultima lasciata incompiuta e completata dal fratello Gabriele.
Con queste opere teatrali, riallacciandosi alla tradizione latina di Plauto e Terenzio, Ariosto vorrebbe ripristinare un genere letterario ormai caduto in disuso. Infatti le sue commedie costituiscono uno dei primi esempi di teatro laico moderno in Europa. Inoltre rivelano già l’inclinazione dell’autore al racconto movimentato e ricco di colpi di scena, che poi riproporrà nel suo componimento maggiore.
L’opera più matura di Ariosto è – come si è già accennato – l’Orlando furioso, pubblicato nel 1516 e poi nel 1521 in quaranta canti e nel 1532 in quarantasei, con l’aggiunta di quattro episodi. Questa continua revisione del poema denota la ricerca dell’autore di una sempre maggiore perfezione linguistica, eliminando le espressioni dialettali emiliane e preferendo il volgare fiorentino, senza però adeguarsi in modo pedissequo alle teorie del Bembo.
Cosi, attraverso le varie stesure, soppresse i toni più aspri e duri o quelli troppo descrittivi che appesantivano la narrazione, per rendere l’insieme poetico fluido e scorrevole, scandito dal ritmo delle ottave (strofe formate da otto versi). Le ottave che compongono i 46 canti sono in tutto 4842.
Ariosto riprende la materia epico-cavalleresca che appartiene ormai ai secoli passati, da un lato per celebrare gli ideali nobiliari (coraggio, virtù, onore ecc.) cari alla corte estense, che desiderava divertirsi e mantenere vivi gli antichi valori; dall’altro per consentire al suo estro inventivo di creare in libertà; infatti, attraverso l’apparenza della favola, egli può dire ciò che vuole, dipingendo la natura umana in tutti i suoi aspetti. Pertanto i personaggi del Furioso non obbediscono a leggi morali o a imperativi religiosi, ma seguono solo le loro passioni. La stessa donna non è più descritta come una creatura angelicata o come un demonio, ma come un essere con una sua personalità, con pregi e debolezze. Si può quindi affermare che, attraverso la trama del Furioso, l’Ariosto voglia rappresentare la vita in tutte le sue sfumature: l’amore nelle sue varie forme, la lealtà, l’amicizia e l’onore cavalleresco, cosi come la cattiveria, l’infedeltà e il tradimento. Il gusto della narrazione fantastica e dell’avventura prevalgono su ogni altro intento e ovunque aleggia un’equilibrata serenità, che si colora di malinconia quando delinea i limiti della natura umana.
Nel complesso l’opera risulta assai differente rispetto ai precedenti poemi cavallereschi: pur mantenendo i personaggi in un clima fantastico, Ariosto ne ha fatto delle rappresentazioni vive di sentimenti universali, esemplari del diverso agire umano, senza distinzione di campo, cristiano o pagano.
Per le sue caratteristiche linguistiche e di contenuto l’Orlando furioso ben presto cominciò a essere molto letto nelle corti italiane ed europee, i cui membri vedevano nel poema la celebrazione del proprio valoroso passato, anche se ormai superato dalla realtà presente. Ottenne l’elogio di letterati illustri, come il Machiavelli che lo definì “bello in tutto e in molti luoghi mirabile”.

Frontespizio dell’Orlando furioso, pergamena del 1532.
Il poema dell’Ariosto è la più alta espressione poetica del ‘500, unendo magistralmente fantasia e razionalità.

 

VEDI ANCHE . . .

LA CANZONE DI ORLANDO

MORGANTE MAGGIORE – Luigi Pulci

ORLANDO INNAMORATO – Matteo Maria Boiardo

LUDOVICO ARIOSTO – Vita e opere

LUDOVICO ARIOSTO – Notizie della vita

ORLANDO FURIOSO – Ludovico Ariosto

ORLANDO FURIOSO di Ludovico Ariosto – La critica

.