DOTTRINE POLITICHE – LIBERISTI E CONSERVATORI IN INGHILTERRA

David Ricardo

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LIBERISTI E CONSERVATORI IN INGHILTERRA

In Inghilterra nello stesso periodo (primo Ottocento) nasce un nuovo partito, il partito radicale. Questo è affine al liberalismo continentale, se non altro nel senso che è l’espressione della borghesia industriale: ma di una borghesia industriale in pieno sviluppo, che sta compiendo una delle più profonde rivoluzioni sociali della storia (la rivoluzione capitalistica), destinata a trasformare l’Europa e prima di tutto l’Inghilterra, da paese prevalentemente agricolo in paese prevalentemente manifatturiero, a trasformare ì coloni della campagna in masse di operai di città, a far sparire i ceti medi produttori (artigiani) di fronte alla produzione in serie delle grandi fabbriche.
Una classe che, almeno nei primi tempi e sia pure attraverso il sacrificio di migliaia di operai, può dare al paese un benessere complessivo assai grande, purché cadano le barriere che inceppano il suo sviluppo, quali le leggi sui poveri che vietano gli spostamenti dei proletari dai comuni rurali di nascita alle nuove città industriali come Manchester, e le leggi protettive che, imponendo enormi dazi sulle derrate alimentari d’importazione mantengono artificialmente elevati i costi di produzione delle merci, rendendo impossibile all’industria inglese la conquista dei mercati mondiali.

La lotta del radicalismo inglese si svolge in due fasi: la prima, culminata nel Bill di Riforma elettorale del 1832, mira a scalzare il monopolio che i proprietari di terra detenevano dei seggi in Parlamento, riformando il sistema elettorale in senso democratico, ossia. introducendo la segretezza del voto e una suddivisione dei collegi e quindi dei seggi elettorali che fosse più conforme alla proporzionalità degli elettori. La seconda, conseguita la vittoria nel campo politico, mira, attraverso un’intensa propaganda, ad ottenere l’abrogazione delle leggi protettive (1846).
Vi sono dunque due gruppi. tra loro strettamente collegati, di pensatori politici liberali inglesi: i radicali e i libero-scambisti. I primi, raccolti intorno alla Westminster Review fondata nel 1823 dal filosofo James Mill (Angus, 6 aprile 1773 – Kensington, 23 giugno 1836), hanno il loro massimo esponente nel filosofo Jeremy Bentham (Londra, 15 febbraio 1748 – Londra, 6 giugno 1832).
Attraverso la cruda filosofia di questo pensatore, che tanta influenza ha esercitato su tutto il successivo pensiero anglosassone, si svolge un individualismo estremo che prende il nome di utilitarismo. Ogni uomo ragionevole, se segue soltanto la ragione, può convivere con altri individui ed anzi assicurare il massimo benessere della società seguendo il più schietto egoismo: un egoismo intelligente, infatti, porta ad assicurarsi un benessere domani sacrificando il piacere effimero del momento, e porta anche a preferire il benessere del maggior numero ad un piacere meramente individuale. La morale non è che un calcolo dei piaceri ben fatto, e la società non ha nulla da temere, ma anzi tutto da sperare, da un egoismo intelligente. Per questo i vincoli che il costume tradizionale. la religione e lo Stato pongono al libero egoismo, risultano più nocivi che utili: la società e la vita politica vanno riorganizzate su nuove basi, che permettano le più ampie possibilità di espansione individuale. Dunque una specie di egoismo ascetico, tipica per quanto tardiva espressione del calvinismo borghese: la virtù è un saggio calcolo di interessi. è repressione degli impulsi vitali di oggi in vista della ricchezza di domani.

I liberisti o libero-scambisti raccolti nella cosiddetta Scuola di Manchester sono rappresentati soprattutto da scrittori di economia politica, come David Ricardo (Londra, 18 aprile 1772 – Stroud, 11 settembre 1823); nel campo del pensiero politico e insieme dell’agitazione pratica hanno avuto il massimo esponente in Richard Cobden (Midhurst, 3 giugno 1804 – 2 aprile 1865), fondatore dell’Anti-Corn-League (1839) e autore di England, Ireland, America (1835). Essi sostengono che la dinamica stessa dei mercati internazionali equilibra l’economia, e che la concorrenza piena, senza vincoli di protezione, assicura il massimo benessere ai paesi facendo affluire il denaro dove manca e le merci dove occorrono, e che perciò lo Stato non deve intervenire in nessun modo a limitare la libertà economica.

Alla base di questo pensiero è un fondamentale ottimismo: che lasciando liberi gli spiriti egoistici e le tendenze competitive degli uomini, la natura stessa provvedesse alla migliore armonia e alla più ampia felicità degli uomini. Tragica menzogna dietro la quale si nascondevano la sete di ricchezza e lo spietato sfruttamento di altri uomini. Abbiamo già visto come a sfatare questa illusione si fosse levato Simondo Sismondi (Ginevra, 9 maggio 1773 – Ginevra, 25 giugno 1842); in Inghilterra si levava un nuovo movimento politico. il conservatorismo, del quale si fece portavoce Thomas Carlyle (Ecclefechan, 4 dicembre 1795 – Londra, 5 febbraio 1881) in Passato e Presente (1843).
Ma i conservatori male atteggiavano a protettori dei poveri: in realtà essi volevano impedire uno sfruttamento che (sia pure in misura assai più limitata di quanto i suoi apologeti volessero far credere) era almeno causa di un certo progresso economico e sociale, per difendere uno sfruttamento più vecchio e immobilistico, quello delle antiche classi feudali. Ma oramai il proletariato non aveva più bisogno di difensori: era già in grado di difendersi da solo. Era nato il Socialismo.

Thomas Carlyle

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