IL VIOLINISTA ALLA FINESTRA – HENRY MATISSE

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IL VIOLINISTA ALLA FINESTRA (1917-1918)
HENRY MATISSE (1869-1954)
MUSEO NAZIONALE D’ARTE MODERNA – PARIGI
Tela cm 97,5 x 466

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Acquistato dal Museo d’Arte Moderna nel 1975, Il violinista alla finestra fu dipinto da Matisse a Nizza nell’inverno 1917-1918. Durante la prima guerra mondiale il lavoro di Matisse si trasforma radicalmente, in effetti le opere di questo periodo testimoniano un’influenza cubista diffusa, che si esprime sia attraverso la geometrizzazione delle forme che tramite l’uso di colori più scuri, dominati dal verde, dal grigio e dal nero. La figura del violinista è composta da forme geometriche contornate da nero: i rettangoli delle gambe, lo strano trapezio dalla sommità arrotondata che definisce il busto, la circonferenza irregolare della testa… Il colore come espressione della «gioia di vivere», emblematico di tutta la produzione dell’artista, si attenua per un periodo: i toni sono sobri e contenuti. Essi si corrispondono da una parte all’altra del dipinto, dando un senso di movimento alle masse altrimenti immobili: il blu delle ante e della cornice della finestra evoca, grazie alla sua tonalità madreperlacea, il mare, nascosto qui dalla grande nube lilla che lo sovrasta, e il rosso mattone del pavimento richiama quello del cielo. Si ha l’impressione di essere di fronte a una delle tele più essenziali di Matisse, che nella sua volontà di semplificazione totale rinuncia all’aspetto decorativo dei suoi quadri precedenti.

Nel Violinista la ringhiera della finestra è costituita da rigide asticelle bianche e sono ormai scomparsi gli arabeschi dei balconi, tanto cari all’artista e presenti ancora in opere dello stesso anno, come La lezione di pianoforte (1917), conservata al Museo d’Arte Moderna di New York. Tutta l’opera è permeata da una grande luminosità, esaltata dalla presenza dei neri che la inquadrano come quinte di un teatro. La conquista di un tale fulgore è frutto del primo soggiorno di Matisse a Nizza, dove egli rimase colpito “dai grandi riflessi colorati di gennaio” e dalla luminosità del giorno.

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Matisse e il cubismo

I primi decenni del XX secolo conoscono un’attività artistica di grande fermento e vedono nascere le “avanguardie“, mentre la pittura di Matisse riflette un universo sereno. L’oggetto viene studiato in funzione di quanto lo circonda e questo rapporto si esprime attraverso il colore.
Matisse sviluppa così un linguaggio armonioso, a prima vista opposto alla violenta sovversione artistica dei suoi contemporanei. D’altro canto Matisse dichiarerà a proposito di Picasso, incontrato nel salotto di Gertrude Stein, che essi sono il “polo nord” e il “polo sud”. In effetti il “fauvisme” di Matisse, con l’esaltazione del colore e con il suo fascino decorativo, è in opposizione al cubismo e ai suoi intenti razionali. I due termini fauvisme e cubismo furono coniati dal critico d’arte Louis Vauxcelles per definire queste due correnti pittoriche. L’aggettivo “fauve”, tono di rosso particolarmente caldo, designa coloro i quali all`inizio del secolo adottarono una tecnica basata sul colore e sui contrasti di toni per esprimere il rilievo e la prospettiva. Il cubismo riuniva nella sua corrente coloro che, razionalmente, frantumavano la realtà in forme geometriche prevalentemente cubiche. Nondimeno Matisse si ispirò ai lavori cubisti a partire dal 1914 fino al 1917, come per esempio nel ritratto di Mademoiselle Landsberg (1914, Museo di Filadelfia); ma, al contrario dei cubisti, semplifica il reale senza frantumarlo. L’arte africana, di cui l’artista fu uno dei primi estimatori, non è stata per lui il punto di partenza di una rivoluzione radicale come invece è stato per Picasso.

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Henri Matisse nel 1933

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