LA SALVIA – LA PANACEA DI TUTTI I MALI

LA SALVIA

La salvia è una pianta di origine mediterranea e nei paesi mediterranei trova il suo ambiente ideale.
Nel mondo però ci sono 500 specie di salvia e differiscono per la forma delle foglie e per il colore dei fiori: viola, rosa, rosso vivo, bianco.

Di queste varietà, una decina crescono in Italia e cinque in Friuli. Queste ultime sono:

* La salvia officinale che cresce nei luoghi sassosi.

* La salvia glutinosa che cresce nei boschi.

* La salvia pratense che cresce nei prati.

* La salvia forogiuliense che spunta, piccola e selvaggia, nei luoghi aridi.

* La salvia verticillata, pelosa, con fiori semplici, azzurri, che si arrampica sui muri.
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COSTA POCO E RENDE MOLTO

La salvia cura tutti i mali, o quasi. Perché faccia bene non basta parlarne, ma bisogna mangiarla.
I Cinesi e i Giapponesi preferiscono la salvia al thè.
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LE VIRTÙ

Mi occuperò soprattutto della maggiore, della salvia officinale. Cresce qua e là nei luoghi sassosi ed aridi, le sue foglie, oblunghe e grigiastre, attraversano l’inverno senza cadere; sbocciano all’inizio dell’estate dei grandi fiori d’un colore azzurro violaceo.
Quando raccoglierla? L’ideale sarebbe all’alba del giorno di San Giovanni. Si essicca facilmente, all’asciutto e all’ombra. Si conserva per molto tempo, purché chiusa in scatole, senza perdere alcuna delle sue qualità.
La salvia, la più nobile delle erbe, vanta una vasta gamma di qualità medicinali celebrate tra l’altro da un personaggio degno di fede: Carlo Magno, il quale ne aveva indicato i pregi nei suoi famosi Capitolari.
La Scuola medica di Salerno l’aveva battezzata ”salvia salvatrix”: da qui probabilmente il nome sotto il quale si presenta oggi: salvia, erba che salva, che guarisce.
Da che cosa? Da un sacco di mali.
– Perché non muore l’uomo, cui la salvia cresce nell’orto?
Il verso è dei medici della Scuola salernitana.
Oggi si dice in Toscana:
– Chi ha la salvia nell’orto, ha la salute nel corpo.
Dicevamo: salvia salvatrix. Salvia che salva.
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UN GIALLO INTERESSANTE

Persino dai cadaveri, persino dalle carogne. Mi spiego. In Francia, molti sanno che cos’è l’aceto dei quattro ladri; è una storia che risale al XVII secolo. Dovete sapere che nel 1630, a Tolosa, infestata dalla peste, quattro ladri se la passavano impunemente saccheggiando le case contaminate dal terribile morbo. I mariuoli non si fermavano davanti né ai moribondi né ai cadaveri. Li afferravano, li rivoltavano. E li derubavano senza scrupoli e senza pietà. Depredavano indenni tra la peste che infuriava e i cadaveri che puzzavano sempre di più.
Un giorno i quattro furono acciuffati, processati e naturalmente condannati a morte. Il giudice, dopo aver letto la sentenza, ebbe un’idea: volevano aver salva la vita? Altroché. Bene – disse il giudice – dateci la formula del liquido misterioso con cui vi strofinate il corpo prima delle vostre macabre scorribande. Affare fatto. I quattro confessarono. La deposizione fu messa a verbale.
Mességué, l’illustre erborista francese dei nostri giorni, giura che la formula di trova negli archivi di Tolosa. Eccola: timo, lavanda, rosmarino e salvia, macerati in aceto.
Ecco il segreto:
“Strofinatevi bene in tutte le parti del corpo”, dissero, ”e passerete immuni attraverso tutte le epidemie che il diavolo manda”. Insomma, quei quattro manigoldi già sapevano a quel tempo una cosa che soltanto oggi il laboratorio ci dice: che salvia e compagne sono delle potenti battericide.
Dunque, dei potenti antisettici.
La formula di quei quattro fece fortuna.
Dell’episodio si ricorderanno, un secolo dopo, quelli di Marsiglia essi pure colpiti dalla peste: ma aggiunsero alla soluzione anche l’aglio. Ma ormai la formula era stata consacrata: ”aceto dei quattro ladri”.
E come tale diventa vero e proprio prodotto di drogheria.
Siamo nel XIX secolo: un certo Maille, distillatore di aceto, brevetta la formula e la immette nel circuito del commercio dei medicinali. Nel lancio, se così possiamo dire, pubblicitario, il prodotto è raccomandato alle suore, ai preti e ai medici: bevetene a digiuno una cucchiaiata in un bicchier d’acqua, strofinatevi per bene le tempie, quindi potrete recarvi tranquillamente a visitare i vostri ammalati.
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BUONI CONSIGLI

Non vorrei ripetermi: ma il discorso mi pare troppo bello per lasciarlo lì: poiché le virtù della salvia non finiscono qui. Anzi, cominciano qui.
Siete ansiosi? Siete emotivi? Siete depressi? Siete esauriti? Niente paura: ”Un semplice e buon rimedio”, scrive il Verga, ”consiste nel tenere in bocca una foglia fresca di salvia, ingerendo la saliva che si produce al contatto di questo stimolante aromatico”.
Signore, signorine, signorinelle, attenzione! Soffrite di alitosi? Avete l’alito, come si vuol dire, un po’ sgradevole? Se desiderate una alito leggero e profumato: foglia di salvia fresca in bocca, dieci minuti prima d’incontrare l’uomo del vostro cuore.
Diceva Proust che i grandi amori crollavano sempre su un dettaglio: e un alito sgradevole potrebbe essere un dettaglio tragico.
* La salvia esercita un’azione disintossicante sul fegato e sui reni, è antidiarroica, inoltre facilita le mestruazioni. Non solo, la salvia ha la proprietà di sollecitare la traspirazione: dunque, consigliabile nei casi di influenza, raffreddamento, febbri.
Nello stesso tempo, la salvia ha la proprietà inversa: quella di stroncare le sudorazioni morbose e troppo abbondanti di certi malati gravi.
Consigliabile anche nei casi di esaurimento nervoso e nei casi di eccitazione: sembra che agisca favorevolmente sul midollo spinale o sull’apparato circolatorio.
Oltre queste proprietà, c’è quella aromatica: ecco perché non dovrebbe mai mancare sulla tavola.
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Come utilizzare la salvia in cucina | Guide di Cucina
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IN CUCINA

La salvia è una simpatica dama di compagnia… del pollo… cui è stato naturalmente tirato il collo. Esiste infatti un piatto detto ”pollo alla salvia”.
Volete sapere come si fa?
Rosolate il pollo e mettetelo ben scolato dal grasso in teglia con vino bianco secco; evaporate il vino a fuoco vivo e aggiungete foglie di salvia fresca tritate e qualche cucchiaio di acqua calda: continuerete la cottura a fuoco moderato.
C’è anche una salsa di salvia e cipolle: cuocete la cipolla tritata fine, mescolando aggiungetevi pane grattato; dopo dieci-quindici minuti, a cipolla cotta, aggiungete due cucchiai di salvia tritata fine, sale e pepe.
Lasciate la salsa ancora sul fuoco senza bollire.
Damigella, la salvia non lo è soltanto del pollo, ma anche del coniglio, del montone, del capretto, delle salsicce e della selvaggina in genere.
Un esperto francese consigliava alcuni anni fa, di mandarla anche a tener compagnia all’oca arrosto e alla porchetta.
Nulla vi impedisce di utilizzarla nei ripieni, specialmente in quelli di castagne.
C’è anche un vino caldo alla salvia, bevanda gradevole e, a quanto pare, stimolante.

ERBE MEDICINALI – FITOTERAPIA

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ATTENZIONE: Tutte le notizie e curiosità contenute in questo pagina hanno esclusivamente scopo informativo e non intendono sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica.

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