LA BRIOCHE – Jean-Baptiste Siméon Chardin

LA BRIOCHE (1763)
Jean-Baptiste Siméon Chardin (1699-1779)
Olio su tela cm 47 x 56
Museo del Louvre, Parigi

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Esposta al Salon del 1763 insieme a Frutta e melograni, l’opera fu accolta positivamente da parte della critica. Fréron nell’Année littéraire del giugno 1763, scrisse che i dipinti che Chardin esibì quell’anno erano i più belli che il pittore avesse mai realizzato ed erano da ammirare per la forza con la quale era resa la natura, per la comprensione del colore e degli effetti della luce diretta e riflessa.
In effetti questi dipinti testimoniano la capacità di Chardin di organizzare le composizioni, tenendo conto nella disposizione degli oggetti della relazione tra di loro e mettendo in rilievo i cambiamenti dovuti ai riflessi di luce. L’opera si offre allo spettatore nella pienezza del suo misterioso fascino, silenzioso e poetico.
Chardin dipinse questo quadro in un periodo di grande evoluzione stilistica.
Rispetto alle nature morte anteriori al 1732, le opere eseguite dal 1751 al 1764 mostrano una grande varietà di oggetti d’uso comune, a volte un po’ insoliti, come ad esempio in questo dipinto la piccola caraffa da liquore di vetro sfaccettato con il tappo dorato, e l’esecuzione è più rapida, priva di densi strati di colore.
La resa delle masse e dei volumi, il rigore e la semplicità delle composizioni acquistano sempre più rilevanza. Da una tecnica puntinista, Chardin è passato ad una maniera più liscia e fusa, che guarda forse maggiormente ad una visione d’insieme, ad una resa sintetica dello spazio.
Al 1764 risalgono le prime commissioni ufficiali di nature morte a Chardin, ciò porterà l’artista a rivedere e a riflettere sul ruolo di tale soggetto, se questo dovesse restare fedele alla realtà oppure cercare di coglierne la verità essenziale attraverso espedienti tecnici.

La Brioche, firmata e datata in basso a sinistra “Chardin 1763”, è identificabile con uno dei due dipinti che appartenevano al conte di Saint-Florentin, ministro di Luigi XV. Dalla Seconda metà del Settecento appartenne dapprima al marchese di Livois e poi, nel 1791, a P. Sentou. Confiscato durante la Rivoluzione francese, il dipinto riapparve sul mercato il 17 dicembre 1811, venduto per 79 livres e nel 1869 entrò al Louvre con la Collezione La Caze.

La pittura come uno dei grandi divertimenti

Chardin giocò un ruolo determinante nello sviluppo della natura morta in Francia nel XVIII secolo. Sulla sua grande capacità di ritrarre le nature morte il Mercure de France dell’ottobre del 1761 scriveva: “Il merito di Chardin è universalmente riconosciuto. (…) La pazienza degli Olandesi li ha resi i più fedeli copisti della natura e il genio degli Italiani ha reso possibile che fosse ritratta nella sua forma più rigorosa.
Questo soggetto è sorprendente per quelli che amano riflettere. Venti pittori si esprimono con la stessa fedeltà e la loro maniera fa sì che nessuna natura morta somigli ad un’altra.  Fino a quando saremo consapevoli di questo mistero dell’arte, la pittura sarà una sorgente di grande divertimento”.

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