ALBERT EINSTEIN

IL NOVECENTO SI CHIAMA EINSTEIN

Albert Einstein (Ulma, 14 marzo 1879 – Princeton, 18 aprile 1955)

È fatto estremamente singolare che, nella nostra epoca caratterizzata da un impetuoso avanzare del pensiero scientifico e da un continuo evolversi e perfezionarsi delle teorie, le venti pagine sull’enunciazione della teoria della relatività pubblicate da Einstein nel 1905, costituiscano ancora un’opera scientifica di insuperato valore, e sempre feconda di importantissime conseguenze.
Non è facile dire in breve quale sia stata l’enorme importanza e il preciso significato delle idee espresse in questa memoria, poiché in essa non viene enunciata la scoperta di una particolare legge della natura, ma piuttosto viene enunciata una nuova e originale visione generale dei fatti fisici. Per rendersi conto del valore rivoluzionario dei nuovi punti di vista enunciati da Einstein, occorrerebbe rifare la storia della fisica da Isaac Newton (Woolsthorpe-by-Colsterworth, 25 dicembre 1642 – Londra, 20 marzo 1726) in poi. Seguendo i formidabili sviluppi della teoria newtoniana si giungerebbe cosi alla fine dell’800, allorché un numero sempre crescente di fatti non poté più essere spiegato nell’ambito di quel pur gigantesco patrimonio di conoscenze, che la teoria di Newton aveva prodotto in tre secoli.
Queste insufficienze della teoria, da tutti considerata fino ad allora come quella che aveva colto gli elementi essenziali del modo di essere delle cose, avevano condotto i ricercatori scientifici ad uno stato di crisi e di sfiducia. Tale situazione spesso si manifestava perfino in una esplicita dichiarazione di rinuncia a riconoscere l’inesauribile capacità della scienza di indagare ed interpretare i fenomeni naturali.
L’opera di revisione iniziata da Einstein si diparte, da un lato dall’accettazione del risultato della celebre esperienza di Albert Abraham Michelson (Strzelno, 19 dicembre 1852 – Pasadena, 9 maggio 1931) (che aveva messo in evidenza che un raggio di luce si muove rispetto ad un osservatore con la stessa velocità, sia che venga emesso da una sorgente fissa, sia che venga emesso da una sorgente in movimento), dall’altro dall’assunzione che le le leggi secondo le quali avvengono i fenomeni fisici non dipendono dalle particolari condizioni di moto relativo dell’osservatore che studia questi fenomeni. La genialità di Einstein si manifesta non solo attraverso la felice scelta delle sue affermazioni di partenza, ma ancor più attraverso la potenza di pensiero con la quale su questi semplici postulati ha saputo costruire, con mirabile coerenza logica, un formidabile edificio scientifico, che contiene in sé, e supera, tutta la teoria newtoniana, togliendo le contraddizioni che si erano manifestate tra questa teoria e i fatti sperimentali.
La mente di Einstein è stata veramente fertilissima e la sua opera di scienziato non si è limitata a fondare e sviluppare in maniera sempre più generale la teoria della relatività, perseguendo fino agli ultimi giorni della sua vita l’affascinante sogno di creare una teoria che riuscisse a dare una spiegazione unitaria di tutti i fatti conosciuti. La sua produzione in altri campi della scienza sarebbe stata di per sé tale da essere sufficiente a dare fama al suo nome, ma viene di solito considerata come un’attività minore, perchè vista in confronto con la sua teoria della relatività. Basti pensare allo studio sui moti browniani, che ha posto la parola fine alla grande polemica tra gli. atomisti e coloro che, ancora nel primo decennio del nostro secolo, negavano l’esistenza degli atomi. I lavori di Einstein a questo riguardo sono considerati la prima vera prova dell’esistenza degli atomi. Anche di enorme importanza è stata la sua teoria dell’effetto fotoelettrico, in seguito alla quale l’ipotesi dei quanti, enunciata da
Max Planck (Kiel, 23 aprile 1858 – Gottinga, 4 ottobre 1947) e che sembrava non essere altro che un felice artificio matematico, apparve essere indiscutibilmente una concreta legge della natura.
Questi esempi sono sufficienti per mostrare come, anche a prescindere dalla teoria della relatività, non c’è capitolo della fisica moderna che non annoveri fra i suoi fondatori, o fra coloro che vi hanno apportato un contributo essenziale, il grande scienziato.
Albert Einstein nacque a Ulma, in Baviera, il 14 marzo del 1878; il padre era proprietario di una piccola industria elettromeccanica la cui direzione tecnica era affidata ad uno zio ingegnere, che iniziò il giovane Albert al gusto dei problemi tecnici e scientifici. La piccola industria paterna non ebbe buona fortuna e dovette essere chiusa quando Einstein aveva quindici anni.
In seguito alle difficoltà economiche, ed ancor più a causa della sua insofferenza per i sistemi di insegnamento praticati nei ginnasi tedeschi, Einstein non completò gli studi medi e solo dopo un certo numero di traversie riuscì ad ottenere la licenza in una scuola svizzera e fu cosi ammesso al Politecnico di Zurigo.
Fino ai suoi studi universitari Einstein, a parte una spiccata predilezione per le scienze, non manifestò mai quell’eccezionale talento che fece di lui uno dei più grandi scienziati che siano mai esistiti. Compì con ottimo successo i suoi studi nel 1900, ma sebbene in questo periodo le sue eccezionali qualità avessero cominciato a rivelarsi, non riuscì ad ottenere un posto di assistente al Politecnico. Spinto dalle necessità economiche, fu allora costretto ad accettare un posto di supplente nella scuola tecnica di Winterthur, ma dopo pochi mesi era di nuovo disoccupato. Attraverso un’inserzione di giornale trovò un posto di maestro presso una pensione per studenti, ma anche qui le sue qualità didattiche furono così poco apprezzate, che venne poco dopo licenziato.
Finalmente, in seguito ad una raccomandazione di un compagno di studi, riuscì ad ottenere un posto presso l’ufficio brevetti di Berna. Raggiunta una relativa tranquillità economica, egli poté riprendere con più serenità il suo lavoro di ricercatore; il breve periodo trascorso presso questo ufficio può forse considerarsi come il più fecondo di tutta la sua vita. L’attività che ivi svolse lasciò in lui una traccia ben riconoscibile dell’interesse che egli sempre mantenne per la progettazione non solo di audaci esperienze, ma anche di piccoli ritrovati tecnici. La sua formazione avvenne dunque essenzialmente al di fuori degli ambienti accademici e senza dubbio ciò contribuì ad originare quella sua particolare spregiudicatezza e quel suo atteggiamento di insofferenza per le tradizioni accademiche.
Il gruppo di lavori pubblicato da Einstein nell’anno 1905 fu sufficiente a creargli una grandissima fama internazionale; che lo condusse, attraverso varie cattedre universitarie, al Kaiser Wilhelm Institut di Berlino dove rimase fino al 1933, anno in cui i nazisti, saliti al potere, iniziarono una accanita opera di epurazione nelle università. Da allora Einstein, ebreo, pacifista ed antifascista venne considerato dal governo tedesco come un nemico; le sue teorie furono additate come false e sovversive. Il suo nemico più spietato fu il fisico tedesco Philipp Eduard Anton von Lenard (Presburgo, 7 giugno 1862 – Messelhausen, 20 maggio 1947), fondatore della “fisica nazista”, il quale, per strana coincidenza, aveva, con i suoi lavori sull’effetto fotoelettrico compiuti nel 1902, dato spunto ad uno dei più importanti lavori di Einstein. A partire dal 1933 Einstein si stabili in America e vi rimase fino alla morte.
Gli uomini dell’avvenire ricorderanno Einstein come uno dei più grandi geni che siano mai esistiti e il suo contributo allo sviluppo delle conoscenze umane non sarà mai dimenticato; ma per noi egli rappresenta anche qualche cosa di più: un esempio di coraggio, di attaccamento agli ideali più puri della libertà e della dignità umana. Egli ha mostrato come un grande scienziato non possa trovare solo nella potenza del suo ingegno soddisfazioni bastanti per la vita, ma come invece debba essere presente, con tutta l’autorità che gli deriva da un grande prestigio scientifico, in quelle lotte in cui è in gioco la salvaguardia dei principali valori umani. La lotta condotta durante tutta la sua vita contro il fascismo ed ogni altro tentativo di limitare le libertà umane, la sua instancabile attività in difesa della pace, la sua energica presa di posizione nel tentativo di salvare dalla morte i coniugi Julius ed Ethel Rosenberg, non potranno mai essere dimenticati. I ricercatori scientifici italiani non potranno dimenticare il messaggio da lui inviato nel 1950 al Congresso della Società italiana per il Progresso delle Scienze; in esso egli rivendicava con preoccupate parole la dignità e la responsabilità umana dell’uomo di scienza, oggi più che mai minacciato da oligarchie economiche e politiche che non si peritano di sfruttare la sua opera per fini incivili e disumani.


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