STORIA DEL JAZZ

Musica strumentale afroamericana derivata dalle tradizioni musicali e dalla cultura dei neri deportati negli Stati Uniti dalle regioni africane.
Il suo sviluppo iniziò nella città di New Orleans al principio del XX secolo.
Le prime espressioni strumentali di questa musica furono dovute alle numerose orchestre che solevano accompagnare i funerali o suonare nel corso di feste popolari. Tali orchestre erano composte da ance, ottoni e strumenti a percussione ed erano formate da musicisti che, nella maggior parte dei casi, erano autodidatti. La più famosa di queste orchestre fu la Tuxedo Brass Band guidata dal clarinettista John Casimir e nella quale suonarono molti musicisti che ebbero poi un ruolo considerevole nella storia del jazz. In seguito si vennero formando numerosi complessi esclusivamente neri che suonavano nei locali pubblici di Storyville (il quartiere delle prostitute di New Orleans). L’organico di tali complessi comprendeva solitamente una tromba, un trombone, un clarino, talora un violino, e una sezione ritmica nella quale trovavano posto un contrabbasso, un banjo, un pianoforte e una batteria, strumento nel quale erano riuniti tutti gli elementi della percussione, che, nelle orchestre precedenti, erano suonati da due o più musicisti. La musica suonata da queste orchestre era basata su una serie di brani derivati dal blues o dal ragtime che venivano eseguiti secondo uno schema che prevedeva l’alternarsi di parti improvvisate a parti collettive.

I più famosi musicisti di questo primo periodo della storia del jazz furono il trombettista Buddy Bolden, il pianista Ferdinand “Jelly Roll”, Morton e il batterista Zutty Singleton.
Dopo la chiusura, ordinata dal Governo, del quartiere di Storyville, molti musicisti emigrarono al Nord per cercare lavoro, stabilendosi a Chicago e a New York.

Nel 1920 il trombettista nero Joe “King” Oliver fondò a Chicago l’Original Creole Jazz Band nella quale suonavano il clarinettista Johnny Dodds, il trombonista Kid Ory, la pianista Lilian Hardin, il banjoista Johnny Saint-Cyr e il batterista Warren “Baby” Dodds. La musica di questo complesso si elevò sensibilmente, per vigore e originalità, su quella delle orchestre precedenti.

Louis Armstrong con Lucille Wilson
Louis Armstrong, dopo aver fatto parte della Band di Oliver, fondò poi un proprio complesso, gli Hot Five (poi Hot Seven), nel quale suonarono musicisti come il pianista Earl Hines, Johnny Dodds, il clarinettista Barney Bigard e il trombonista Jim Robinson.

Nel 1927 questo gruppo incise una serie di dischi che operavano un deciso rinnovamento della musica di New Orleans e che aprivano, grazie alla genialità inventiva di Armstrong, nuove possibilità espressive al jazz. Tra i brani più famosi incisi dagli Hot Five ricordo il celeberrimo West End Blues, Saint James Infirmary, You, Rascal You, Potato Head Blues.

Dominic Nick La Rocca (1889-1961)
Contemporaneamente ad Armstrong cominciarono a imporsi le prime orchestre bianche che ebbero il loro antesignano nel trombettista di Chicago Nick La Rocca. Influenzato dallo stile di La Rocca, ma a questi ben superiore per originalità espressiva e potenza di suono, fu il cornettista di origine tedesca Bix Beiderbecke che suonò dapprima con il complesso dei Wolwerines per passare poi ad altre orchestre tra le quali quella di Paul Whiteman. La sua prematura scomparsa gli impedì di portare avanti i suoi esperimenti di fusione della musica europea con le concezioni proprie del jazz.

Tra le sue incisioni più importanti ricordo: Sorry, I’m comin’ Virginia, e inoltre quattro incisioni per piano di estremo interesse e più volte eseguite da altri pianisti.

George Gershwin 
Le esigenze del mercato discografico portarono a una progressiva trasformazione del linguaggio del jazz ed alla nascita di grandi orchestre che potessero soddisfare il gusto dei bianchi non abituati alla musica suonata dai piccoli complessi di New Orleans. Tra queste orchestre primeggiò, negli anni attorno al 1925, quella formata dal pianista e arrangiatore nero Fletcher Henderson e nella quale suonarono musicisti del valore del tenorsassofonista Coleman Hawkins e di Louis Armstrong.

Tra le orchestre bianche che in questo periodo si guadagnarono una grande popolarità ricordiamo quella di Paul Whiteman, che eseguì in prima assoluta la Rapsodia in blu di George Gershwin, primo tentativo organico di fusione fra jazz e musica colta europea.

Duke Ellington 
Tuttavia la più importante orchestra di questo periodo fu quella del pianista nero Duke Ellington che raccolse attorno a sé musicisti come i trombettisti Rex Stewart e Cootie Williams, i trombonisti Sam Nanton e Juan Tizol, i sassofonisti Johnny Hodges, Barney Bigard e il batterista Sonny Greer.

In questo primo periodo l’orchestra di Duke Ellington divenne famosa per alcuni brani esotici eseguiti al Cotton Club di Harlem. Fu appunto questa orchestra che, in una tournée del 1930 fece per la prima volta conoscere la musica jazz in Europa.

Benny Goodman 1942.jpg
Benny Goodman 
I mutamenti intervenuti nella società americana in conseguenza della crisi del 1929, spinsero i manager dell’industria discografica a imporre al pubblico americano una serie di orchestre che suonavano una musica sostanzialmente commerciale e che potesse venire incontro alla sensibilità musicale di una massa di consumatori che non erano in grado di apprezzare lo stile aspro ed essenziale delle prime orchestre di New Orleans.
Ebbe inizio allora il periodo dello swing, che ebbe i suoi principali esponenti in direttori d’orchestra come Fletcher Henderson, Count Basie, Tommy Dorsey, Artie Shaw e Benny Goodman.
Fu principalmente quest’ultimo a incontrare il favore del pubblico con le sue levigate esecuzioni per orchestra e con i suoi piccoli complessi nei quali, per la prima volta, si esibivano assieme musicisti bianchi e neri. Tra i musicisti più significativi di questo periodo della storia del jazz ricordo inoltre il pianista Art Tatum, i sassofonisti Coleman I Lawkins, Benny Carter e Lester Young, i batteristi Buddy Rich e Chick Webb, i trombettisti Roy Eldridge e Harry Edison.

Durante tutta l’era swing l’orchestra di Duke Ellington mantenne le proprie esecuzioni a un alto livello qualitativo lasciando, tra le sue cose migliori, pezzi come Solitude, Sophisticated Lady e Take the A train.

Glenn Miller 
Verso la prima metà degli anni Quaranta la voga delle grandi orchestre cominciò a decadere, anche per la crisi economica che rendeva proibitivo per molti impresari l’ingaggio di complessi comprendenti molti musicisti. Rimasero sulla breccia solamente i complessi più famosi come quello di Benny Goodman e Duke Ellington, mentre altri dovettero sciogliersi o rassegnarsi a presentarsi con formazioni ridotte.
L’ultima delle grandi orchestre bianche di questo periodo fu quella di Glenn Miller, i cui successi divennero estremamente popolari anche in Europa dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale.

Nel nostro continente il jazz era stato conosciuto principalmente attraverso alcune tournée di Ellington e Armstrong, ma era stato apprezzato più da musicisti e da intellettuali che dal grosso pubblico. L’unico musicista di valore espresso dall’Europa prima della guerra mondiale fu il chitarrista gitano Django Reinhardt che suonava in uno stile in cui si combinavano le influenze nere con quelle della musica gitana.

Stefano (Stéphane) Grappelli (Parigi, 26 gennaio 1908 – Parigi, 1º dicembre 1997) 

Accanto a lui si affermò un violinista di notevole talento, Stephane Grappelli. Assieme i due formarono un complesso, Hot Club de France, che incise numerosi dischi di ottimo livello e con il quale suonarono anche musicisti americani di passaggio in Europa.

Negli Stati Uniti con il progressivo decadere della formula dello swing, una serie di musicisti si sforzarono di dare vita a uno stile nuovo che, per rigore stilistico, rifiuto della commercialità e richiamo alle tradizioni della migliore musica nera, era esattamente l’antitesi degli stilemi che avevano guidato la precedente epoca jazzistica.
I più noti fra questi musicisti, che si radunavano per i loro esperimenti musicali in un locale di New York, furono il sassofonista Charlie Parker detto “Bird”, il trombettista Dizzy Gillespie, il pianista Thelonious Monk, il bassista Tommy Potter, i batteristi Kenny Clarke e Max Roach.
Lo stile da essi definito, che dopo una lunga serie di sperimentazioni venne chiamato bop, era costituito da un nuovo modo di fraseggiare degli strumenti melodici e da una maniera altrettanto innovatrice di concepire il tradizionale accompagnamento in 4/4 proprio della musica jazz. Lo stile bop rispondeva all’esigenza particolarmente sentita da parte dei musicisti neri, di non servire più da “macchine per produrre swing” per il pubblico bianco, ma di affermare la propria autonomia di artisti e di musicisti riportando il jazz alle sue origini non direttamente commerciali e di consumo.
Dopo un periodo di voga durato sino al 1948, il bop perse in parte il favore del pubblico e dei discografici e il gruppo di musicisti che gli aveva dato vita si sciolse. Gillespie formò una grande orchestra lanciando la voga del jazz afrocubano, mentre Parker rimase sostanzialmente fedele al suo vecchio stile fino al momento della sua morte avvenuta nel 1965. Tuttavia il rinnovamento operato dai musicisti bop spinse anche altri a riportare il jazz verso formule espressive che non fossero direttamente legate agli interessi del mercato discografico.
Si venne formando sulla costa californiana un gruppo di musicisti bianchi che, guidati dal pianista Lennie Tristano, elaborarono uno stile nuovo detto cool
jazz, nel quale si stemperavano alcune asprezze del bop e venivano accolte alcune delle più recenti innovazioni della musica colta europea.
I più significativi tra gli esponenti del cool furono i sassofonisti Stan Getz, Lee Koonitz, Gerry Mulligan, il trombettista nero Miles Davis, Shorty Rogers e Jimmy Giuffé.
All’inizio degli anni Cinquanta si ebbe inoltre un periodo di rinnovato interesse per la musica di New Orleans, del quale profittarono vecchi musicisti come Bunk Johnson e Freddie Keepard.
Tuttavia le tendenze verso il progresso ebbero il sopravvento e videro come protagonisti musicisti quali John Lewis, Chico Hamilton e Miles Davis, che incise una serie d’interessantissimi brani nel 1958 con un quartetto comprendente, tra gli altri, anche il tenorsassofonista John Coltrane. Fu quest’ultimo, verso la metà degli anni Sessanta, a apportare un rigoroso mutamento nel linguaggio del jazz contemporaneo liberandolo dalle ultime influenze del tardo bop e portandolo verso stilemi più rigorosi e maggiormente aperti verso gli influssi della musica africana.
Sotto la sua influenza si venne formando un’intera generazione di musicisti, fra cui ricordo McCoy Tyner, Elvin Jones, Ornette Coleman.

Per quanto riguarda il jazz italiano, dopo un lungo periodo d’impossibilità espressiva dovuto alla censura fascista, si è dimostrato nel dopoguerra come uno dei più validi in Europa con musicisti del valore di Gianni Basso, Oscar Valdambrini e, più recentemente, Enrico Rava e Giorgio Gaslini.

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