CACCIA ALL’ANATRA – Pietro Longhi

CACCIA ALL’ANATRA (1760)
Pietro Longhi (1702-1785)
Olio su tela cm 57 x 74
Fondazione Querini Stampalia, Venezia

 

A differenza di altri pittori dediti alla pittura di genere, Pietro Longhi si distinse dagli altri perché fu il primo a introdurre a Venezia dipinti
di piccole dimensioni, composizioni ravvivate da personaggi intenti alle proprie attività quotidiane. Le scenette non sono mai intrise di retorica epopea, anzi, certamente rivelano aspetti della vita sociale del suo tempo; momenti spassionati e del tempo libero si mescolano con quelli più privati, come la toilette, la cura dei malanni e dell’animo. Con grande curiosità l’occhio del Longhi, neutro strumento ottico puntato sulla complessa società veneziana del suo tempo, è pronto a cogliere immagini legate alla vita quotidiana; non vi è alcuna pretesa scandalistica, così come il pittore esula di proporsi come giudice del suo tempo. I dipinti del Longhi restano lucide cartoline, dense di utili annotazioni, che ci permettono, oggi, di conoscere inediti sprazzi della vita veneziana della metà del Settecento. Anche questo dipinto propone un momento di svago di un gentiluomo veneziano, in passato identificato come membro della famiglia Barbarigo. Egli, a bordo di una barca a remi che scivola lentamente sulle acque della laguna, condotta da quattro servitori, è intento alla caccia. L’uomo usa uno strano strumento ad arco che lancia palle di terracotta, custodite nel cestello sistemato a prua.
L’avvenimento è presentato in maniera assai bonaria, nessun intento celebrativo, solo la volontà di rappresentare con distacco un fatto, magari aderente alla richiesta del committente. Considerazioni stilistiche suggeriscono di datare il quadretto intorno agli anni Sessanta del Settecento.
La tavolozza del pittore ha ormai abbandonato da anni i toni bruni della formazione, legati al Crespi, a favore di colori chiari, luminosi, importati a Venezia dalla Francia in particolar modo grazie a Rosalba Carriera, che poi sono quelli che decretano il successo del Rococò.

In passato il dipinto era nella Collezione Donà delle Rose a Venezia. Passato alla Collezione Querini Stampalia, oggi è parte del consistente numero di opere del Longhi in possesso della prestigiosa fondazione veneziana.
Al Museo Correr della città lagunare si conserva un disegno preparatorio. Una versione con varianti, di dimensioni diverse (44 x 63,5) si trova in una collezione privata, contemporaneo al dipinto quello della Querini Stampalia. Di questa ulteriore versione si conserva il disegno preparatorio al Museo Correr.

 

Il console Smith

Il repressivo governo della Repubblica veneziana, pur tentando di isolare culturalmente la città, non riuscì ad impedire che le novità artistiche d’Oltralpe giungessero in laguna. Un grosso contributo si ebbe grazie alla presenza in città di un consistente numero di stranieri, residenti e turisti, che pur nel divieto assoluto di venire in contatto con la popolazione locale, proibizione estesa anche al1’aristocrazia, furono committenti e protettori di molti artisti veneziani. Fra i tanti il forestiero più popolare a Venezia fu il console inglese Joseph Smith, trasferitosi in laguna nei primi anni del Settecento, che fu sicuramente il tramite più solido fra Venezia e l’Europa. Era tanta la stima che egli godeva fra
gli intellettuali, che Goldoni gli dedicò una delle sue commedie, Il filosofo inglese.
Non era raro che il rapporto fra gli occasionali committenti e gli artisti locali venisse mediato dallo Smith. I forestieri di passaggio ambivano a portare in patria vedute della città e pitture raffiguranti sprazzi di vita locale. Non è infatti casuale che un elevato numero di vedute del Canaletto si trovino in Gran Bretagna.

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