4 – MUSICA DEL NOVECENTO – LA CANZONE DI CONSUMO

LA CANZONE DI CONSUMO

Non é certo in questa sede che potrebbe trovar posto un cenno, sia pure sommario, di storia della canzone, tuttavia il fenomeno della diffusione e del ”consumo” della musica leggera é troppo imponente per non meritare qualche succinta considerazione.

La canzone ha una storia antica quanto gli altri e più nobili generi musicali, ma solo nel secolo scorso essa ha conosciuto un ”salto” quantitativo, dovuto soprattutto alle tecniche di riproduzione. In verità, già nell’Ottocento esisteva la possibilità di ”conservare” negli organetti a rullo e nelle pianole, brani e canzoni particolarmente popolari. Ma con l’invenzione del grammofono e del disco si ha la vera svolta. Se prima la circolazione delle canzonette era – in gran parte affidata a gruppi di amatori che si riunivano suonando e cantando alla buona, con la “musica riprodotta” la diffusione aumenta quasi geometricamente. All’esecuzione dilettantistica si sostituisce quella realizzata da professionisti sempre meglio preparati; la resa del disco, dapprima di scarsa qualia (l’ascolto dal vivo è ancora di gran lunga preferito), viene via via perfezionandosi: l’avvento del microsolco, del long play e degli apparecchi ad “alta fedeltà” e stereo consente l’ascolto di interpretazioni ad alto livello professionale e nelle migliori condizioni acustiche.
Senza dubbio, la diffusione del disco assolve compiti informativi – pressoché inesistenti prima – anche nel campo della musica operistica e sinfonica, ma tuttavia – nota Uberto Eco nel suo volume Apocalittici e interati – ” . . . il disco propaga solo un repertorio commercialmente universale, incoraggia una certa pigrizia mentale e una diffidenza verso la musica inconsueta… Nel campo della musica leggera – senza porsi il problema della validità estetica di questo genere di prodotto – il disco, la radio, la filodiffusione, il jukebox provvedono all’uomo d’oggi una sorta di ”continuo” musicale nel quale muoversi in ogni momento della giornata. La sveglia, i pasti, il lavoro, le compere nei grandi magazzini, il divertimento, il viaggio in macchina, l’amore, la gita in campagna, il momento che precede il sonno, si svolgono in questo ”acquario sonoro”, in cui la musica non é più consumata come musica ma come ”rumore”.
Questo rumore é diventato a tal punto indispensabile per l’uomo contemporaneo che solo tra alcune generazioni sarà possibile rendersi conto dell’effetto di tale pratica sulla struttura nervosa dell’umanita.”

Naturalmente, come qualsiasi altro prodotto destinato al consumo immediate, la canzone ha, o meglio deve avere una vita brevissima, in modo che si determini nel volgere di qualche mese la necessitò di un prodotto che la sostituisca.

A un certo stile o ritmo, lanciato con dovizia di mezzi e imposto alla accettazione di grandi masse di consumatori, subentra ben presto un altro: se il microsolco, come mezzo strumentale, può avere una lunga durata, non deve avere una lunga durata la canzone che vi è incisa. D’altra parte i mezzi sempre più perfetti di riproduzione, gli artifici e gli effetti della amplificazione, suggeriscono essi stessi i modi più adatti di impiego degli strumenti e della voce, determinando, con la loro evoluzione, la nascita di stili di esecuzione.

La canzone é, dunque, un prodotto industriale e, per la parte che le compete, contribuisce a formare (o a consolidare) gusti e modi di comportamento che corrispondono ai ”modelli” delineati dalla civiltà delle industrie.