2 – MUSICA DEL NOVECENTO – Gli autori

Luciano Berio

MUSICA DEL NOVECENTO

Gli autori

Quanto detto sinora rappresenta dunque una sommaria “carta d’identità” della musica del Novecento, ovvero degli ultimi aspetti di una evoluzione che se si pone in netta antitesi con l’esperienza passata, non si può dire sia arrivata a conquistare un pubblico molto esteso.
Essa é ancora “avanguardia”, musica di “élite”, mentre la musica tradizionale continua ad avere, com’é ovvio, un larghissimo spazio nei teatri, nelle sale da concerto, come in televisione, nel cinema, ecc. La stessa musica operistica ha avuto in questi anni un clamoroso rilancio, sia nella rivalutazione dei capolavori del genere, sia nella ricerca di opere da riscoprire. Allo stesso modo, non conosce crisi di ascolto, tra gli appassionati (e anzi sembra conquistare nuovi strati, soprattutto giovanili) la superba musica di compositori quali Stravinsky, Hindemith, Prokofiev, Milhaud e gli altri grandi della generazione precedente.
Pertanto, nella rassegna degli autori contemporanei – molti e interessanti – ci limiteremo a citarne alcuni che si richiamano alle nuovissime esperienze e che possono essere annoverati tra i protagonisti della moderna avventura musicale del Novecento.

Una menzione preliminare, in questo quadro, spetta al tedesco Anton Webern (Vienna, 3 dicembre 1883 – Mittersill, 15 settembre 1945): se dal punto di vista cronologico ed estetico, la sua opera va affiancata a quella di Schoenberg e di Alban Berg, egli giunse tuttavia a originali conquiste, attraverso l’estrema rarefazione del discorso musicale, fatto di note isolate, di ”punti” (“puntillismo e il termine adoperato in questo caso, che ricorda la tecnica di alcuni pittori impressionisti), di dissociazione, che sembra evocare, é stato detto, “atmosfere siderali”. Rivalutato ”post mortem”, Webern viene considerato dagli avanguardisti del dopoguerra e degli anni ’50 come un precursore. La sua produzione comprende, tra l’altro, composizioni vocali e corali (come i lieder, la Luce degli occhi op. 26), per orchestra (Sinfonia, Op. 21Passacaglia, ecc.) e da camera (Concerto per nove strumenti, op. 24).

A Webern si richiama, tra gli altri, uno dei più validi compositori francesi, Pierre Boulez (Montbrison, 26 marzo 1925 – Baden-Baden, 5 gennaio 2016) ), cui si devono l’opera Le marteau sans maître e alcuni interessanti esperimenti di ”musica concreta”. Sempre in Francia, di primo piano è l’attività di Olivier Messiaen (Avignone, 10 dicembre 1908 – Clichy, 27 aprile 1992) che ha esercitato una notevole influenza sui giovani compositori quali, appunto, Boulez.
L’avanguardia musicale americana ha espresso il talento singolare e misconosciuto di Charles Edward Ives (Danbury, 20 ottobre 1874 – New York, 19 maggio 1954) considerato oggi non a torto uno dei più importanti musicisti del suo tempo. Tra le sue opere: Holidays Symphony e i Quartetti per archi. Accanto a Ives, soprattutto per il suo sforzo di indipendenza rispetto all’esperienza europea, va collocato Edgar Varese (Parigi, 22 dicembre 1883 – New York, 6 novembre 1965) cui si devono Ionisation, per strumenti a percussione e Integrales.

John Cage (Los Angeles, 5 settembre 1912 – New York, 13 agosto 1992), già allievo di Schoenberg e da questi definito addirittura ”un non-compositore”, é certamente una figura originale. La sua esperienza é legata allo studio del rumore, dell’aggregazione del tutto occasionale dei suoni. I suoi pezzi per ”pianoforte preparato”, si distinguono proprio per la loro casualità, per i rumori prodotti grazie al preventivo inserimento nel pianoforte di pezzi di cartone, di plastica e altri oggetti. Lo strumento, oltre che suonato normalmente, viene “pizzicato” sulle corde, colpito con manate sul coperchio abbassato e cosi via.

In Germania, notevole rappresentante della nuova musica é stato Karl Amadeus Hartmann (Monaco di Baviera, 2 agosto 1905 – Monaco di Baviera, 5 dicembre 1963), autore dell’opera da camera Simplicius Simplicissimus; ma la personalità più spiccata é senza dubbio quella di Karlheinz Stockhausen (Kerpen, 22 agosto 1928 – Kürten, 5 dicembre 2007), le cui composizioni, non meno che le elaborazioni teoriche, costituiscono ormai un insostituibile punto di riferimento nel panorama della musica contemporanea. Illuminante é quanto Stockhausen ebbe a dichiarare, durante un’intervista concessa in Italia: “Oggi il modo di avvicinarsi alla musica é diverso: personalmente io ho un modo di avvicinarmi scientifico, se si vuole, come un biologo che vuol vedere come stanno le cose… Voglio portare un contribute alla musica in generale: non mi interesso, dunque, di una nuova opera teatrale o di una nuova composizione ben scritta… Abbiamo tanta musica che non abbiamo bisogno di aggiungervi un pezzo… Ciò che é veramente importante oggi é che la musica rappresenti davvero una evoluzione dello spirito, come una nuova scienza… “.

Partito anche egli dall’insegnamento di Webern, Stockhausen ha portato avanti la ricerca di nuove soluzioni, di scoperte nel campo del suono, che sono oggi al centro dell’attenzione delle ultimissime avanguardie musicali. Tra le sue opere principali cito Kontragunkte n. 1, Klavierstuecke n. 1 (per pianoforte, usato nella maniera già descritta, parlando dell’americano Cage); Kontakte e Hymnen. Queste ultime due composizioni si basano su suoni elettronici. Gli Hymnen – un’opera che dura quasi due ore e che é costituita dagli inni nazionali di tutto il mondo completamente stravolti e ricostruiti – rappresentano forse il risultato più alto raggiunto nel campo della musica elettronica.

A questa incompletissima rassegna dei più significativi autori stranieri, aggiungo una elencazione altrettanto parziale di quelli italiani, il cui contributo – va detto – ha una importanza che trascende largamente i limiti nazionali.

A Bruno Maderna (Venezia, 21 aprile 1920 – Darmstadt, 13 novembre 1973), validissimo direttore di orchestra, si deve in particolare un’opera di diffusione della musica d’avanguardia. Tra i primi in Italia a praticare il metodo di composizione dodecafonica nelle sue forme più avanzate, Maderna é stato anche il primo a studiare seriamente le possibilità offerte dai suoni elettronici. Ne sono una dimostrazione le sue opere Hyperion e Continuo, chiare testimonianze delle qualità e dell’impegno del compositore.

Luciano Berio (Imperia, 24 ottobre 1925 – Roma, 27 maggio 2003) è con Maderna e Luigi Nono (di cui parlerò tra breve), uno dei più dotati esponenti della giovane musica italiana. Assai conosciuto e apprezzato in campo internazionale, Berio ha avuto un ruolo di grosso rilievo nell’affermazione della musica elettronica. La sua ricca capacità di invenzione, lo ha portato a una ricerca molteplice (per la quale ha attinto anche nel campo della musica leggera) con risultati di sicuro prestigio. Passaggio (opera di teatro musicale su testo di Edoardo Sanguineti), Sequenza (pezzo per solo flauto) e Momenti (per musica elettronica) sono da considerare le opere di maggior pregio realizzate da Berio.

Un ruolo d’eccellenza nella musica internazionale è occupato da Luigi Nono (Venezia, 29 gennaio 1924 – Venezia, 8 maggio 1990), protagonista anch’egli della “rivoluzione” musicale degli anni ’50 del Novecento, Nono si qualifica tuttavia come assertore di un’arte politicamente impegnata in senso marxista. Interessante, nelle sue composizioni, il recupero della voce umana, in relazione a testi che sono costituiti da documenti di situazioni ben individuate. Questo impegno ideologico, unitamente a un linguaggio musicale basato su una successione di ”punti”, costituiscono la struttura portante delle sue opere di teatro musicale, come Intolleranza ’60. Di nuovissima concezione è invece la composizione La foresta é giovane e piena di vita (1966). Scrive in proposito, il critico Armando Gentilucci (“Guida all’ascolto della musica contemporanea” ed. Feltrinelli):  “i testi… sono ricavati da testimonianze, lettere, discorsi, deposizioni a processi, documenti di lavoro riferiti alla lotta operaia nei paesi capitalistici e alla lotta di liberazione del terzo mondo. Si tratta dunque di materiali non letterari ma che documentano, in presa diretta e senza mediazioni, di concrete situazioni umane, e sociali. Cosi una frase di Fidel Castro si alterna con quella di un anonimo operaio biellese o di Detroit, quella del partigiano… o dello studente di Berkeley alle parole di Lumumba. I materiali acustici registrati su nastro sono suoni di clarinetto, parti cantate da un soprano, suoni di lastre di rame messe in vibrazione in vario modo, quattro voci di attori… ”.

Di Nono sono ancora da ricordare La terra e la compagna, e Il canto sospeso, per soli coro e orchestra, da molti considerato il suo capolavoro.

Un posto a sé, nel mondo musicale moderno, spetta a Luigi Dallapiccola (Pisino, 3 febbraio 1904 – Firenze, 19 febbraio 1975), uno dei massimi compositori di quel tempo. Inizialmente legato alla tradizione classica, Dallapiccola ha poi adottato la tecnica dodecafonica di Schoenberg ma utilizzandola soprattutto, e in modo originalissimo, nel campo vocale. Volo di notte, il balletto Marsia, l’opera Ulisse, le composizioni vocali Canti di prigionia e Canti di liberazione, documentano della squisita arte di questo grande musicista.

Naturalmente, il quadro offerto dalla musica della fine Novecento é enormemente più ricco di nomi e di opere di quanto non appaia in queste note; mi sembra comunque che la conoscenza degli autori citati possa dare un orientamento soddisfacente su cosa sia, ai nostri giorni, l’arte musicale.