CRITICA DELLA RAGION PURA – IMMANUEL KANT

LA RAGION PURA: TEORIA DELLA CONOSCENZA

Per il Kant, dunque, l’atto conoscitivo è sintesi di due elementi: la forma e il contenuto (o materia). Il processo del pensiero presenta tre gradi: conoscenza sensibile o intuitiva, la conoscenza intellettiva o concettuale, l’attività razionale. Il contenuto dell’intuizione, o della “sintesi sensibile, sono i dati del senso, la forma sono lo spazio e il tempo; lo spazio per il cosiddetto senso esterno, il tempo per il senso interno e esterno. Ciò vuol dire che noi non disponiamo le nostre sensazioni secondo un ominidi, coesistenza spaziale e di successione temporale, che pure equivale a dire che il contenuto delle nostre sensazioni si spazializza e si temporalizza, dando luogo alla nostra realtà spaziale (il mondo delle cose) e alla nostra realtà storica (il mondo della coscienza e dei ricordi).
I due elementi (materia e forma) sono inscindibili (salvo per astrazione) e  acquistano quel dato comune valore, significato e realtà, che la loro sintesi esprime: la anale perciò è detta “a priori”.

Il contenuto della conoscenza concettuale, o sintesi intellettiva, è dato, come s’è già accennato, dalle intuizioni (cioè dal risultato del primo grado di attività sintetica) e la forma da una o più delle dodici categorie dell’intelletto, che Kant distingue in quattro gruppi (, quantità: unità, totalità, qualità; , qualità: realtà, irrealtà, limitazione; , relazione: sostanza, causa, reciprocità; , modalità: possibilità. esistenza, necessità). Ne risultano i giudizi, o sintesi concettuali (giudizi individuali, particolari, universali; affermativi, negativi, ecc.). Quello che s’è detto sull’apriorità delle sintesi sensibili vale anche per le sintesi concettuali.

Questi primi due gradi dell’attività conoscitiva si integrano necessariamente: l’intuizione senza concetto è cieca, il concetto senza intuizione è vuoto.

Nell’attività razionale, che è il terzo grado del processo conoscitivo, si hanno, come s’è detto, tre idee regolatrici dell’attività stessa: la psicologica o idea dell’anima, la cosmologica o idea del mondo, la teologica o idea di Dio. Anche quest’attività è unificatrice, anzi è quella che tende all’attuazione delle sintesi supreme, ma, come s’è già detto, non dà mai risultati concreti nè conclusivi. La metafisica, tradizionalmente intesa, non è possibile come scienza positiva.
La conoscenza concettuale umana è limitata all’esperienza, di origine e natura intuitiva, sensibile. L’oggetto suo è fenomenico, ma reale, in quanto vi concorrono le forme, che hanno valore universale e necessario e sono costitutive della conoscenza e, insieme, della realtà in quanto conosciuta.

La realtà fenomenica rappresenta il limite positivo della conoscenza umana. Essa è la “reale” realtà nostra, cioè quello che la realtà è in relazione a noi.
Quello che sia la realtà in sè stessa si sottrae al nostro conoscere, appunto perchè, se è la realtà in se stessa, essa non è la realtà in relazione a noi. Il Kant l’ammette per poter dare un fondamento alla realtà nostra, ma, rispetto alla nostra conoscenza, essa non rappresenta che’ un limite negativo. Il Kant la chiama noumenica, avendo chiamata l’altra fenomenica. Essa è estranea al tempo e allo spazio ed è propria del dominio della ragion pratica o della fede morale, di cui è uno dei postulati fondamentali.

Ma la realtà fenomenica, o natura, che cos’è? Da quanto s’è detto appare che essa è il contenuto dell’esperienza, cioè l’esperienza nella sua concretezza. E come il pensiero, che pertanto s’incorpora col mondo e penetra e vivifica la realtà sensibile, non chiude mai la sua opera, così il nuovo concetto kantiano del mondo non è più quello d’un tutto compiuto e tanto meno quello d’una natura contrapposta al nostro spirito. ma quello d’un processo continuo d’organizzazione, immanente alla vita cosciente e unificatrice, che è l’essenza dello spirito nostro.

Ma l’ulteriore intento del Kant, nuovo Socrate, era la fondazione d’una salda dottrina morale.

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