OSVALDO GNOCCHI-VIANI – Il socialismo umanistico

Osvaldo Gnocchi-Viani
Osvaldo Gnocchi-Viani nasce a Ostiglia (Mantova) il 26 agosto 1837 da Teresa Viani e da Giuseppe Gnocchi; frequenta il Liceo di Mantova nel periodo dal 1810 al 1852. Studente universitario a Padova, se ne deve fuggire per aver partecipato ad una iniziativa contro la polizia austriaca. Fugge e si laurea nel 1859 a Pavia. Si avvicina poi sempre più al ristretto gruppo di persone che gravitano intorno a Mazzini e quest’ultimo lo sceglie come segretario.

Pur di costituzione gracile segue Garibaldi in Francia.
In un momento di felice intuizione Filippo Turati ebbe a definire Osvaldo Gnocchi-Viani il Benedetto Malon dell’Italia; infatti sia il Gnocchi-Viani che il Malon, nella loro lunga predicazione socialista, si fecero assertori di un socialismo “umanistico” tutto permeato di tensione morale e di spirito di conciliazione fra le varie componenti del movimento socialista, di esaltazione della autonoma vita organizzativa delle classi lavoratrici nelle società artigiane, nei comuni, nelle federazioni di comuni, nelle collettività nazionali. In definitiva si trattava di un ideale di tipo federalista che aveva lontane radici ideologiche sia in Francia che in Italia.
Nel momento in cui maggiormente il dibattimento si faceva serrato in Italia per la costituzione del partito socialista (1892), Filippo Turati giustamente criticava questa impostazione, che in definitiva era viziata da eccessivo eclettismo e sottovalutava il momento politico in favore della “creatività” della vita di base della classe lavoratrice italiana.
Non era possibile, di fronte al nuovo compito storico della fondazione del partito porre sullo stesso piano anarchici, socialisti e tutta la fitta schiera delle correnti di impostazione vagamente socialista del tempo.  Il Gnocchi-Viani, invece, si esaltava di fronte a questa varietà e riconfermava in modo specifico il suo “malonismo”.
Gli anni che immediatamente precedono e seguono la fondazione del partito socialista sono pure gli anni cruciali di una biografia del Gnocchi-Viani, poiché segnano una discriminazione non solo fra due momenti della sua vita, ma anche fra due fasi storiche del movimento socialista italiano; mente proficua, utile ed in armonia con i tempi e con l’evoluzione del movimento operaio italiano è l’opera del Gnocchi-Viani nel primo periodo, dopo la costituzione del partito socialista, la sua opera, che pure si colloca in una linea coerente con l’azione precedente, si pone ai margini della politica socialista del tempo.
Dopo il 1892 è certo importante la sua azione, ma non certo paragonabile a quella svolta nei decenni che seguono l’unificazione dell’Italia.
Osvaldo Gnocchi-Viani, ancora giovane si pone a fianco di Mazzini come suo segretario, ma alcuni anni dopo segue Garibaldi tra i volontari dei Vosgi (1871). Perciò il Gnocchi-Viani già ora si è staccato dal Mazzini e dai mazziniani per aderire all’Internazionale, che voleva dire anche difesa dell’azione rivoluzionaria della Comune di Parigi.
Comunque l’insegnamento del Mazzini non scompare nel Gnocchi-Viani, che sempre mantenne, nel corso di tutta la sua vita, in particolare considerazione la funzione della “educazione del popolo” sulla base di un impegno di tipo “morale”, più che specificatamente “politico”.
È del 1875 un libretto nel quale esalta l’esperienza e il programma del “comune artigiano” di Firenze: “Vogliamo alludere – diceva – al concetto della Fratellanza Artigiana d’Italia, sorta non a Pekino, ma a Firenze nel 1861, e applicata in quella e in qualche altra città italiana. È vero che non ebbe mai nella penisola larghe e fruttuose applicazioni, ma resta pur sempre il concetto, concetto che non morrà, e che la storia del socialismo infatti ha notato nelle sue eterne pagine; e lo ha notato perché quella Fratellanza Artigiana anelava ai Comuni composti dei Collegi di tutti i mestieri, i quali coi loro capi d’arte eletti, avrebbero amministrato i Comuni stessi: zona più larga dei Comuni, la Regione: alla capitale, il governo generale. E tutto questo organamento doveva avere essenzialmente e conservare schiettamente indole artigiana”.
Tutto questo “nel 1862 diventò barlume internazionale”.
Se secondo il pensiero del Gnocchi-Viani questa esperienza di derivazione mazziniana, (anche se non esente da prospettive federaliste) ebbe valore preminente prima del 1872, ci si potrebbe chiedere in che senso egli se ne stacchi decisamente nei decenni successivi. Infatti, secondo la terminologia anarchica del tempo, egli sollecitava l’impegno pratico verso una internazionale che non fosse né quella “comunista-autoritaria” (Marx), né quella “collettivistico-anarchica” (Bakunin), ma verso una internazionale (più precisamente verso un “partito operaio”) che secondo le parole del Malon, in questo caso fedele interprete del pensiero del Gnocchi-Viani, fosse “liberata dall’immorale protezione dei consortisti e dalla influenza degli adoratori del santo maestro nato a Genova”
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Il Gnocchi-Viani riteneva che le cooperative, le leghe di mestiere, le mutue, fossero la naturale culla dell’operaio che plasma con le proprie mani i rudimenti della sua grande personalità futura.  Ai comuni artigiani delle città egli intendeva far corrispondere i comuni agricoli, basati su articolate strutture cooperative e mutualistiche.
Così nella mente del Gnocchi-Viani si delineavano i contorni della “società futura”, la nuova “terra promessa” del socialismo, un socialismo  integrale ove tutte le componenti della personalità del lavoratore dovevano trovare piena esplicazione (da quella economica, a quella politica), non disgiunte da un certo misticismo positivistico e panteistico.
In questo è da ricercare la fondamentale tensione utopistica del Gnocchi-Viani; l’utopismo suo non rivela comunque un carattere gratuito e di evasione poiché accompagnava la crescita del movimento operaio e socialista italiano, teso a saldare sparsi elementi in uno strumento politico, il “partito operaio”.
Nel 1882 si formò a Milano, su ispirazione del Gnocchi-Viani il partito operaio, composto, per limite statutario, di soli operai manuali; esso pur con i suoi confini operaistici impegnerà i lavoratoti milanesi a cimentarsi nel campo politico ed elettorale, superando in tal modo le remore astensionistiche del periodo precedente.
Nelle sue alterne e travagliate vicende il partito operaio sottratto alle influenze di vaghe impostazioni di democrazia sociale, costituirà uno dei fondamentali filoni dal quale uscirà nel 1892 il partito dei lavoratori italiani.
Dopo il Congresso di Genova il Gnocchi-Viani rimarrà il “malonista” di sempre; mentre egli apparirà sempre più assente dal dibattito ideologico del nuovo partito, non si attenuerà invece il suo impegno nel campo organizzativo e nell’azione di fondazione e di stimolo per la nascita di sempre nuovi organismi economici, assistenziali, sindacali dei lavoratori.
Si batte nel consiglio comunale di Milano, nella sua qualità di consigliere, per la concessione di un assegno alla Camera del Lavoro, ottenendo 15.000 lire; stimola la formazione di leghe di miglioramento femminili.
Si intrattiene in lunghe conversazioni con una smaliziata e bizzarra figura di capitalista, Prospero Moisè Loria, arricchitosi con fortunate speculazioni in Egitto, e gli ispira, fra l’incredulità generale l’idea della futura Umanitaria, che sorgerà effettivamente utilizzando il cospicuo lascito del Loria stesso, morto nel 1893.
Riunisce all’inizio del secolo professori, pubblicisti, medici e maestri per la costituzione di Università Popolari, allo scopo di attrarre gli operai verso studi sempre più impegnativi. Egli stesso si prodiga, con spirito missionario, in un’opera quotidiana di insegnamento attraverso la parola e lo scritto.
In tal modo il Gnocchi-Viani, gracile e pallido, senza malizie od accorgimenti politici, va costantemente legando il suo nome ad un arricchimento della classe lavoratrice nel campo della società civile; già di per sé il Gnocchi-Viani ci offre una figura insolita di uomo politico: anacoreta nella vita, quasi privo di bisogni materiali, estraneo a ogni meschina vanità di persona, profondamente e costituzionalmente ottimista e candido come una fanciulla, o come un “santo” nel senso migliore del vocabolo, il “santo” che si ignora.
Ma se in questo si rivela la sua fondamentale coerenza di linea politica, d’altra parte egli continuerà nel sottovalutare l’importanza dell’azione politica vera e propria, ponendosi ai margini del movimento socialista italiano.
Non solo l’eclettismo politico del Gnocchi-Viani è in definitiva amore di concordia fra tutte le correnti del movimento operaio (purché non si ratti di sette chiuse ma di correnti che abbiano in comune il binomio socialismo ed umanitarismo), ma romantica esaltazione del socialismo ché, già come movimento e partito, è pienezza di vita spirituale.
Caratteristiche della sua personalità queste espressioni:
“Una volta entrati in questo ambiente (socialista), che ha tante seduzioni nove e che il soffio di una vita novella agita ed elettrizza, non se ne può uscire; se ne è come ammaliati; pare che un misterioso incantesimo investa tutta la persona e percorra tutte le nostre fibre, fin le più risposte. Entro questo nuovo mondo di pensieri e di emozioni la vita la si sente centuplicata”.
“Di qui – ci dice Filippo Turati nel 1891 a proposito di questa propensione psicologica del Gnocchi-Viani – la giustificazione, larga e cordiale, di tutte queste scuole diverse, i cui errori, i cui difetti ed eccessi troveranno piena assoluzione, quando esse fondendosi, integrandosi a vicenda) passeranno tutte assieme a vita migliore, dando luogo all’organismo sociale nuovo e più perfetto, alla cui formazione hanno tutte quante aiutato”.
Ma in tal modo egli, che tanto contribuì a dare esistenza ed indirizzo ad un “partito operaio italiano”, viene ad assegnare un posto marginale proprio al “partito operaio”; in altro punto il Turati aveva detto che il partito deve fare politica e arrivare alla “direzione dello Stato… a trasformare lo Stato e a servirsene come strumento ai grandi fini dell’emancipazione”.
È ora impossibile imbattersi in qualunque storia del movimento operaio italiano ove non ricorra in continuità il nome di Gnocchi-Viani, i suoi limiti vanno giudicati storicamente, poiché il suo eclettismo non può essere confuso con gli “integralismi” del periodo giolittiano; egli si collocava, nei decenni che seguono l’unificazione d’Italia, nella corrente reale dei movimenti sociali italiani. Anche dopo la fondazione del partito socialista, l’impostazione politica, l’atteggiamento psicologico, l’impegno pratico di Gnocchi-Viani non costituiscono un fatto isolato, ma alimentano forti correnti genericamente mutualistiche, cooperativistiche, che ancora non hanno trovato una storia.
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