LA PITTURA E LA SCULTURA

CROCIFISSIONE (1941)
Renato Guttuso (1911-1987)
Olio su tela cm 198,5 x 198,5

LA PITTURA E LA SCULTURA

Non dissimilmente da quanto verificatosi nella letteratura, l’arte pittorica e la scultura hanno subito una difficile, travagliata evoluzione, attraverso tre fasi, che indico con le parole del critico G. C. Argan (“L’Arte moderna”, Ed. Sansoni):
1) il recupero critico dei grandi temi della cultura artistica della prima metà del secolo con l’intento di collegarli, ravvivandoli, alla prospettiva ideologica del marxismo;
2) l’influenza determinante delle filosofie della crisi, specialmente dell’esistenzialismo di Sartre (*);
3) il riconoscimento dell’egemonia culturale americana e l’inserimento dell’operazione estetica nella teoria e nella tecnologia della cultura di massa.
In rapporto alla situazione storico-politica, la prima fase corrisponde alle speranze rivoluzionarie della cultura europea, uscita dalle lotte della Resistenza con una chiara qualificazione ideologica, di sinistra; la seconda alla frustrazione di queste speranze col ritorno al potere dei ceti conservatori; la terza con il controllo non solo della politica e dell’economia, ma anche della cultura da parte del neocapitalismo americano.”

In sostanza, l’operazione che si tenta nell’immediato dopoguerra – e alla quale partecipa in prima persona un pittore politicamente impegnato come Pablo Picasso – è di raccogliere quanto di positivo, di rivoluzionario vi era nella pittura dei primi dieci, quindici anni del Novecento (espressionismo, cubismo, ecc.). Il linguaggio cubista viene ripreso, per esprimere nella maniera più diretta e drammatica la contraddittoria realtà del tempo, da pittori come i francesi Eduard Pignon (Bully 1905 – Parigi 1993) e Jean René Bazaine (Parigi, 21 dicembre 1904 – Clamart, 4 marzo 2001), ad esempio, o come gli italiani Afro, Birolli, Santomaso, Corpora. Ancora in Italia Renato Guttuso  porta avanti un discorso rigorosamente realistico ed esplicitamente politico.
Tuttavia, questo tentativo di unificare l’orientamento della pittura sul terreno dell’impegno, del rapporto con la realtà, viene compromesso proprio dall’evolversi della situazione politico-sociale nelle società dell’Occidente. Una parte di quello che sembrava un compatto fronte culturale e artistico, si spezza, recuperando (é evidente l’analogia con la letteratura) quale tema di dibattito la contrapposizione tra contenuto e forma, tra realismo e formalismo. Uno degli sbocchi, singolari e assai importanti, di questo contrasto, è una pittura che non manifesta alcun interesse sia per  contenuti che per la forma. Questa tendenza o, più precisamente, questo insieme di tendenze che negli anni dal 1950 al 1960 furono comprese nella definizione di “arte informale“, testimoniava un fenomeno ben preciso: l’impossibilità di stabilire, dopo la crisi del realismo, un collegamento tra arte e società. L’arte informale dichiara cioé che questi due termini non si possono integrare l’uno nell’altro, cosi come non vi è comunicabilità tra gli uomini e la società, e fra gli uomini nel loro reciproco rapporto.

Una decisiva influenza sulle correnti informali ha esercitato la pittura americana, già da tempo svincolatasi dal vecchio ceppo della cultura europea. Vale la pena soffermarsi per un momento su di essa. (segue)…

(*) Filosofia che contrapponendosi all’idealismo e al razionalismo, esalta il valore dell’esistenza individuale che, per la sua precarietà, non può essere sistemata in nessuno “schema” filosofico e culturale. J. P. Sartre (1905), francese, é l’assertore di un esistenzialismo ateo.

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