ESPRESSIONISMO – IL PONTE (Die Brücke)

Mezza figura nuda con le braccia alzate
Ernst Ludwig Kirchner
Frankfurt Städel
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IL PONTE

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Nel primo decennio del Novecento si affermano nuovi valori spirituali ed estetici: gli artisti prendono coscienza che l’arte non può più essere soltanto contemplazione ma comunicazione e impegno costruttivo nella volontà di incidere concretamente sulla situazione storica contemporanea. Le origini dell’espressionismo sono da ricercarsi già nelle opere di fine ‘800 di James Ensor e Edvard Munch, anche se i presupposti del movimento sono riscontrabili nella visione angosciata della realtà di Van Gogh che, avvertendo la crisi dell’unità spirituale del suo secolo, aprì la strada a quella larga corrente artistica di contenuto che è appunto l’espressionismo moderno.

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Tra il 1904 e il 1905 si forma a Dresda il gruppo Die Brücke (Il Ponte) che, pur condividendo l’esigenza comune al fauves di intensa espressività, anticipa ed esprime con un più acuto senso di angoscia  esistenziale il malessere profondo della società, destinato a sfociare negli eventi tragici della prima guerra mondiale e successivamente nell’avvento del nazismo.
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Questi artisti rendono quindi più denso di contenuti il proprio messaggio e, sul piano stilistico, accentuano fortemente la carica emotiva del segno.
Animatore del gruppo fu Ernst Ludwig Kirchner (1880-1938) attorno al quale si creò un sodalizio di altri artisti come Erich Heckel (1883-1970), Karl Schmidt-Rottluff (1884-1976) ed Emil Nolde (1867-1956).
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Nella loro pittura si possono cogliere due diversi atteggiamenti: l’uno di aperto e violento contrasto con la civiltà borghese dell’epoca, l’altro invece di distacco e rifiuto della realtà per rifugiarsi in un’arte d’evasione. Comune a questi due filoni è comunque la volontà di rappresentare non più il mondo esterno ma l’universo interiore dell’artista, il suo modo di sognare e di pensare. Per arrivare a ciò è necessario deformare violentemente la realtà, stravolgendone le immagini e comunicando attraverso un colore non naturale, ma denso d’implicazioni psicologiche, una intensa carica emotiva e simbolica, spesso portata sino al parossismo.
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Gli espressionisti tedeschi cercano la liberazione dell’uomo dando pieno sfogo a quelle emozioni trasgressive, istintive ed irrazionali che la cultura del tempo tende a controllare e a schiacciare. Si battono pertanto contro il lavoro industriale, inesorabilmente predeterminato in ogni sua fase, poiché lo ritengono la causa prima dell’infelicità dell’uomo moderno.
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Rappresentante dell’architettura espressionista fu Erich Mendelsohn (1887-1953) che si oppose alla tendenza razionalista e funzionalista, rifiutando ogni geometria. Nella sua Torre Einstern, a Potsdam, crea una drammatica contrapposizione di pieni e di vuoti, modellando l’edificio quasi come se fosse una scultura.
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Appartengono al filone della pittura espressionista Oskar Kokoschka (1886-1980), Egon Schiele  (Tulln 1890-Vienna 1918), George Grosz (Berlino 1.893-1959), Otto Dix (1891-1969) e Max Beckmann  (1884-1950), riuniti questi ultimi nel gruppo della Nuova Oggettività (Neue Sachlichkeit) e autori di opere satiriche di drammatica denuncia della situazione sociale negli anni precedenti il nazismo.
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Per l’ampiezza di contenuti culturali, sociali e politici nonché per il carattere rivoluzionario, l’espressionismo si diffuse rapidamente in molti paesi d’Europa tra cui l’Italia.
In tal modo, più che un semplice “movimento artistico”, divenne una chiave di interpretazione sofferta della realtà, che ritroviamo anche in alcuni artisti famosi dal secondo dopoguerra fino ai giorni nostri (Henry MooreGraham SutherlandFrancis Bacon).
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I pittori della Brücke, 1925
Da sinistra: Müller, Kirchner, Heckel e Schmidt-Rotluff.
Ernst Ludwig Kirchner
Olio su tela cm 125 x 167
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