MUSICA ROMANTICA DEL NOVECENTO

MUSICA ROMANTICA DEL NOVECENTO

Prima di informare il giovane lettore delle vicende dell’opera lirica in Italia, genere nel quale soprattutto si distinse il talento italiano, diremo due parole sulla musica vocale e su quella strumentale.  La musica vocale, che in Europa si era diffusa soprattutto attraverso la romanza da salotto, stentò molto ad affermarsi in Italia, specie per la riluttanza dei grandi autori di opere a dedicarsi ad un genere che appariva troppo frivolo; se si escludono quei brevi capolavori di Gioachino Rossini che sono “La partenza” e la “Danza”, qualche aria di Donizetti, per trovare qualche composizione degna di nota per forza di ispirazione e per sapiente melodia, bisogna attendere la fine del secolo e le romanze del Testi e del Costa, che, nel genere della melodia tradizionale napoletana, compose qualcosa di veramente mirabile.

Nella musica strumentale la più alta espressione del virtuosismo fu raggiunta in Italia, nei primi decenni del secolo XIX, dal genovese Niccolò Paganini, il quale, oltre ad essere dotato di una tecnica che non ha avuto continuatori nella sua prodigiosa e demoniaca bravura, è autore di 24 “Capricci” per violino e di numerose composizioni, tra le quali sono famose le “Streghe” ed “Il carnevale di Venezia”.

GIOACHINO Rossini

L’opera lirica italiana nell’Ottocento prende il suo aspetto definitivo con Gioachino Rossini. Basti qui dire che i risultati che egli conseguì furono preparati, tra la fine del Settecento ed il principio del secolo seguente, dall’attività di molti musicisti, tra i quali spicca Luigi Cherubini, le cui opere, se mancano delle attrattive appariscenti e dei colori forti, si avvalgono di una musica controllata e rivestita di un carattere severo e disciplinato. Le opere di Rossini sono note: “Il barbiere di Siviglia“, “L’italiana in Algeri“, “La gazza ladra“, “Semiramide“, Guglielmo Tell, ecc.; egli rappresenta, dopo la Rivoluzione francese, l’anima europea che riprende a cantare e a godere. Spregiudicato e sorridente, ma di un’allegria sana e sicura, egli ridà vita all’opera buffa napoletana del Settecento, filtrata attraverso l’esperienza di Mozart. Rossini rappresentò la reazione dello spirito europeo desideroso di un ritorno alle sue naturali concezioni di vita, lontano da ogni stato di tensione; egli sa suscitare uno stato di soddisfazione da cui nasce il riso, che non va confuso col caricaturale e col buffo, ma è già uno stato artistico che tende alla soddisfazione ed alla gioia; infine Rossini rappresenta il ritorno alla vita vissuta, con quel tanto di naturale egoismo e di buon senso. E l’Europa, nell‘ascoltare la sua musica, si abbandona e, per un istante, dimentica tutti i suoi guai passati e presenti, nella contemplazione di una sensualità riposante e serena.

Vincenzo Bellini

Nel mondo dell’opera lirica, influenzata, come si è visto, così radicalmente da Rossini, intervenne il catanese Vincenzo Bellini a riproporre il diritto della melodia e del canto; di lui così scriveva il redattore musicale della Gazzetta di Milano: “Veduto come dal torrente rossiniano si lasciano tutto giorno travolgere tanti compositori giovani e vecchi, pare ch’ei, di proposito, siasi studiato di sfuggirne la piena e senza urtare di fronte il prepotente gusto dominatore, è riuscito, con tutto il successo attendibile da un primo saggio, a rimettere il canto nelle vie di una bella semplicità, animandolo con quelle combinazioni di accompagnamento che servono a dargli risalto, senza sopraffarlo”. Le sue opere più belle sono: “La sonnambula“, “Norma“, “I puritani“.

Gaetano Donizetti

Prematura e tragica la fine del Bellini; molto simile fu quella del bergamasco Gaetano Donizetti, autore di “Lucia di Lammermoor”, de “La favorita“, di “Don Pasquale“; egli, continuando sulla via aperta dal Bellini, rivela una tecnica matura, musicalmente raffinata ed interessante, tanto che la sua musica venne giudicata di per sé drammatica o buffa, a prescindere dalla validità del libretto che egli rivestiva di melodie. Egualmente ricca ed elaborata era la strumentazione.

Giuseppe Verdi

Ma l’anima dell’Italia musicale del secolo XIX, si identificò e si riconobbe nelle opere di Giuseppe Verdi, considerato in tutto il secolo come il genio della musica nazionale. Iniziò con “Nabucco“, rappresentato alla “Scala” di Milano nel 1842, e con essa si può dire veramente che ebbe principio la sua carriera artistica, come il Verdi stesso ebbe a dire;. il pregio di quest’opera famosissima è nel celebre Coro, prova delle qualità melodiche e della concezione musicale di insieme, caratteristiche del compositore di Busseto. Di carattere strettamente popolare, vera interprete dell’animo risorgimentale, è l’opera successiva ”I Lombardi alla 1a crociata“, né, dissimile per intenti, “Ernani“.

Dopo un periodo di scarsa vena, Verdi riprese quota e si riguadagnò il favore del pubblico con “Rigoletto“, “Il trovatore” e “Traviata“, in cui la personalità del compositore sboccia in tutta la sua potenza, in cui l’innata capacità di cogliere le situazioni drammatiche, gli urti delle passioni, la psicologia individuale e collettiva si equilibria nel sentimento e nella musica. Il problema della sua arte fu proprio quello di trovare equilibrio fra sentimento e musica e di tradurlo nelle for-me dell’arte, per cui il progresso nella sua attività consiste in una progressiva liberazione di ciò che in lui c’era di istintivo e di rozzo. È con “Aida” che la sua attività operistica entra nella fase risolutiva del suo travaglio stilistico: per quanto piena ancora di momenti convenzionali, essa è tuttavia ricca di nuovi e potenti afflati di vita drammatica.

Dopo un periodo di insuccesso, interrotto soltanto dalla “Messa da requiem” composta per la morte di Alessandro Manzoni, insuccesso determinato dal cambiare del gusto sulla suggestione della musica di Wagner e di Arrigo Boito, il Verdi seppe, in età ormai avanzata, rinnovarsi completamente e comporre quegli autentici capolavori che sono “Otello” e “Falstaff“.

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