FILOSOFIA MODERNA (1600-1850) – Posizioni e problemi della filosofia moderna

René Descartes  (Cartesio)

Posizioni e problemi della filosofia moderna

 

METODO E FILOSOFIA

Il problema del metodo, risolto da Francesco Bacone (Londra, 22 gennaio 1561 – Londra, 9 aprile 1626), e
da Galileo Galilei, per quanto riguarda le scienze sperimentali, in un modo che dava già frutti copiosi e più ne avrebbe dati nell’avvenire, richiedeva un’ulteriore elaborazione per la filosofia propriamente detta. Ciò fece René Descartes  (Cartesio – La Haye en Touraine, 31 marzo 1596 – Stoccolma, 11 febbraio 1650) un matematico dalla mente di metafisico, il quale cercò di dare al metodo scientifico forma e validità filosofiche.

Ma il Rinascimento aveva maturato altri bisogni, oltre quello di fissare il metodo. Basta ricordare le vicende culturali e sociali dei secoli che lo seguirono, e confrontarle con quelle dei secoli precedenti, per rendersi conto dell’incremento del sapere e della crisi spirituale, che s’era aperta. Si erano fatti presenti alla coscienza umana gli ideali e le ansie della vita greca e di quella romana; ma ormai la coscienza europea era la cristiana, col suo senso accentuato della potenza della vita interiore e la fede nella superiorità dei valori dello spirito.

IL PRIMATO DELLO SPIRITO

Questo senso e questa fede diedero ai filosofi moderni la forza di affrontare i problemi della realtà secondo le esigenze del nuovo pensiero, della nuova scienza e della nuova vita. Essi cercarono talvolta di conciliare, serenamente, fede e ragione, come fecero il Descartes e il Locke; tal altra credettero di poter assumere un atteggiamento d’impassibile oggettività razionale, come lo Spinoza, novello stoico, e David Hume. Ma in tutti è presente il sentimento della potenza conquistatrice, se non ancora di quella creatrice, dello spirito umano, della ragione (vetustas cessit, ratio vincit) e quest’orgoglio si trasmetterà, potenziato, ai filosofi del Settecento e dell’Ottocento.
 Blaise Pascal
La stessa crisi di Blaise Pascal (Clermont-Ferrand, 19 giugno 1623 – Parigi, 19 agosto 1662) conferma, sotto un aspetto singolare, la nuova coscienza del valore dello spirito.
È questa la posizione nuova della filosofia, alla quale, come a comune meta, convergevano le vie del Rinascimento: con Leonardo come col Machiavelli, col Bruno come col Campanella e con Erasmo di Rotterdam.
 
Ascoltiamo il Pascal:
“L’uomo non è che un giunco, il più debole della natura; ma è un giunco pensante. Per schiacciarlo, non è necessario che si armi l’universo intero. Un vapore, una goccia d’acqua basta per ucciderlo. Ma quando l’universo lo schiacciasse, l’uomo ancora sarebbe più nobile di ciò che l’uccide, perchè egli sa di morire; e della superiorità, che l’universo ha su di lui, l’universo non ne sa nulla”.
Il Pascal riecheggiava con accorato, passionale accento e con finalità religiosa (“È di ciò che ci dobbiamo far forti – continuava -, non dello spazio e del tempo, che noi non sapremmo riempire. Lavoriamo dunque a pensar bene: ecco il principio della morale”) quanto, con ponderazione da matematico e finalità universale, aveva già detto il Descartes: Cogito, ergo sum.
Ecco – avrebbe potuto anche questi aggiungere – il principio della filosofia.

L’UMANO PENSIERO

Così, col Descartes, si pone la pietra d’angolo della filosofia moderna. Questa pietra egli la trae, per così dire, dal cantiere del Rinascimento: pietra cercata, perchè si sentiva il bisogno di risolvere in maniera più adeguata il problema capitale del conoscere e dell’essere.
Ormai si comprende che i due aspetti del problema si condizionano a vicenda. Così si ripresentano, richiedendo nuova discussione e soluzione, i problemi della realtà: della materia, dell’anima, di Dio, del rapporto fra gli enti, soprattutto fra anima e corpo, fra mondo e Dio, fra realtà sensibile e realtà intelligibile.
Onde sorgono le domande: monismo o dualismo? libertà o determinismo? e, nella natura, semplice meccanismo o finalismo?
Leggendo queste domande, risentiamo l’eco di discussioni antiche, dell’aureo periodo greco; però le avvertiamo come questioni nuove: vorrei dire, più intimamente umane; si ripercuotono in noi con diversa risonanza, perchè mutato è l’orecchio che le ascolta e mutata l’anima che le accoglie.
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René Descartes  (Cartesio)
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