RAGAZZO MORSO DA UN RAMARRO – Caravaggio

Ragazzo morso da un ramarro (1593) – Caravaggio
Firenze, Fondazione Longhi
Olio su tela cm 66 x 39

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“Parea quella testa veramente stridere e il tutto con diligenza era lavorato”.
Le parole del Baglione mettono l’accento su due caratteristiche di questa opera giovanile di Caravaggio, una delle prime a noi note: la guizzante presa realistica dell’ espressione di dolore e di stupore (collegabile alla ricerca di Leonardo sui “moti dell’animo” ) e l’impeccabile precisione della natura morta, in cui spicca l’ampolla di vetro spesso riprodotta da Caravaggio agli inizi del periodo romano.

Sfrondata da apocrifi e copie, alcune delle quali ci hanno peraltro conservato la memoria di originali perduti, l’attività dei primi anni romani del Caravaggio segue soprattutto temi “di genere”: non scene sacre, storiche o mitologiche, ma personaggi intenti in occupazioni quotidiane, spesso spunto per acute osservazioni psicologiche, come il Ragazzo morso da un ramarro della Fondazione Longhi a Firenze, o pretesto per stupendi brani di natura morta come il Giovane con un cesto di frutta della Galleria Borghese e il Bacco degli Uffizi.
Nei suoi primi dipinti Caravaggio dimostra il rapporto con la tradizione lombarda attraverso preziosi riferimenti al naturalismo del Savoldo; raggiunta faticosamente l’indipendenza, rivela poi una predilezione per soggetti popolareschi – espressa in tele come i Bari e La buona ventura, conosciute in numerose versioni – e musicali: il Concerto di giovani del Metropolitan Museum di New York e il finissimo Suonatore di liuto dell’Ermitage sono il preludio per l’incantevole angelo violinista nel Riposo nella fuga in Egitto della Galleria Doria Pamphilj di Roma (circa 1594).
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Ritratto di Caravaggio di Ottavio Leoni, 1621 ca.
(Carboncino nero e pastelli su carta blu, 23,4 × 16,3 cm
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