LA MORTE DELLA VERGINE – Caravaggio

LA MORTE DELLA VERGINE (1605-1606)
Michelangelo Merisi da Caravaggio (1573-1610)
Museo del Louvre, Parigi
Olio su tela cm 369 x 2455

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Nel quadro La morte della Vergine l’intensa emozione coinvolge tutti i personaggi della scena. La drammaticità della tela riflette forse la coscienza tragica di Caravaggio, che nega ogni forma di speranza in una prospettiva ultraterrena, e mostra il suo sgomento di fronte ad un evento irrevocabile e definitivo come la morte. Può essere tuttavia riconosciuto come “il quadro più profondamente religioso del XVII secolo” e si può ritenere che Caravaggio avesse aderito alla dottrina pauperista e populista diffusa nell’ambiente della Controriforma cattolica che egli frequentava. Nella grande intensità dei sentimenti, nella profonda tensione morale si esprime tutta l’angoscia esistenziale dell’artista.

È un periodo che annuncia la serie delle grandi pale meridionali, eseguite con una notevole potenza espressiva durante i quattro anni trascorsi a Napoli, a Malta e in Sicilia. La morte della Vergine scandalizzò il clero: il quadro venne rifiutato. Il dipinto è considerato una delle ultime realizzazioni del Caravaggio compiute a Roma, prima della fuga dalla città, provocata dall’omicidio di Ranuccio Tomassoni, il 28 maggio l606, e la conseguente condanna alla pena di morte.

È stato recentemente recuperato il contratto con il quale Laerzio Cherubini commissionò il dipinto a Caravaggio per la sua cappella in Santa Maria della Scala a Roma. La data del documento, 14 giugno 1601, ha sconvolto la cronologia del quadro, attestata pressoché unanimemente intorno al 1605-1606. Poiché non si è ancora ritrovato il documento del pagamento a saldo, è stata avanzata l’ipotesi che l’esecuzione possa essere stata rimandata di qualche anno, in tal modo la datazione su cui la critica si è prevalentemente espressa – per i motivi stilistici che fanno inserire l’opera fra la tarda produzione del soggiorno romano del pittore – potrebbe essere ancora la più plausibile. Il dipinto fu acquistato nel 1607 dal Duca di Mantova; nel 1627-1628 finì nella raccolta del re Carlo I d’Inghilterra e nel 1649 in quella del banchiere Iabach, che nel 1671 lo cedette a Luigi XIV per Versailles; di qui nel 1793 al Musée Central des Arts e, infine, al
Louvre.

 

Caravaggio e il rifiuto dei committenti

 

Ciò che ha colpito fin dalla prima apparizione dell’opera, come sottolineano i biografi dell’epoca, è l’inusuale realismo della rappresentazione (pare che il pittore si sia servito del corpo di un’annegata per ritrarre il personaggio della Madonna), che dovette essere insopportabile per il committente, che la rifiutò, poiché rompeva con una tradizione iconografica che tendeva a mettere in secondo piano la tragedia terrena dell’avvenimento. A una simile sorte sarà destinata anche La Vergine del serpente, per l’altare di Sant’Anna dei Palafrenieri, rifiutata perché la Vergine, il Bambino e Sant’Anna vi erano indegnamente raffigurati; dopo averla esposta al pubblico per due giorni soltanto le autorità ecclesiastiche, nel giugno 1606, la vendettero al cardinale Borghese.

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