RIPOSO NELLA FUGA IN EGITTO – CARAVAGGIO

RIPOSO NELLA FUGA IN EGITTO (1594-1596)
CARAVAGGIO (1573-1610)
Olio su tela cm 141 x 196
Galleria Doria Pamphili, Roma

Il dipinto raffigura l’episodio della fuga in Egitto raccontato dai Vangeli apocrifi, tema divenuto popolare durante il periodo della Controriforma. La scena si svolge in uno straordinario paesaggio naturalistico di chiara matrice lombarda. La Madonna, abbigliata come una qualsiasi popolana, tiene teneramente in braccio il suo Bambino, mentre un dimesso San Giuseppe regge uno spartito all’angelo intento a suonare il violino. Quest’ultimo si mostra allo spettatore come un qualsiasi fanciullo di strada, avvolto in un panneggio e imbarazzato dalle ali, come pronto a partecipare ad una commedia teatrale. È tuttavia possibile vederlo, come ha fatto Alfred Moir, quasi “una sorta di Orfeo, la cui musica affascina perfino l’anima. La sua melodia appare come un’emanazione della natura, come altri suoni quali il tremolio delle foglie dei pioppi della Lombardia, smosse da una leggera brezza, ed il mormorio dell’acqua”.

Si tratta del primo tema sacro affrontato da Caravaggio al suo arrivo a Roma. L’opera è spogliata da ogni enfasi e testimonia una profonda umanità: quasi come fosse una qualsiasi famiglia che si riposa durante una sosta nel corso di una passeggiata in campagna. Il luogo descritto è immaginario; i toni cromatici freddi e smaltati addottati da Caravaggio rivelano qui, come nel San Francesco di Hartford (Stati Uniti), dello stesso periodo, la matrice lombarda di questo grande artista, legata soprattutto alle esperienze del bergamasco Lorenzo Lotto e dei bresciani Savoldo e Moretto, ancora memori della lezione leonardesca. Tutta la composizione è modellata grazie ad un’attenta ricerca luministica, un gioco di ombre che anticipa la produzione più matura dell’artista. La composizione perfetta e l’apporto di elementi classici giustifica l’ammirazione che Pietro Bellori, primo biografo dell’artista, esprime per questo quadro.

Il dipinto è stato probabilmente eseguito da Caravaggio durante i primi anni del suo soggiorno a Roma, forse quando era già ospite presso il cardinale del Monte, che lo introdusse alla più prestigiosa e aristocratica committenza della città. La destinazione primitiva del quadro è testimoniata da Bellori (l672), che riferisce di averlo visto e ammirato a casa Pamphili. La figura dell’angelo deriva da un’incisione di Gian Giacomo Caraglio, raffigurante la dea Giunone, da cui prese spunto anche Annibale Carracci per la figura della Lussuria nel suo Ercole al bivio (Napoli, Galleria di Capodimonte). Il primo catalogo della Galleria Doria Pamphili, curato da Tonci nel 1794, cita il quadro come opera di Caravaggio, tradizione improvvisamente interrotta nella seconda metà dell’Ottocento quando è menzionato come opera di Carlo Saraceni. È il critico Kallab (1906) che ripropone il nome del Caravaggio, fino a quando Roberto Longhi (1928-l929) lo restituisce definitivamente all’artista.

La modella

La giovane donna che nel Riposo nella fuga in Egitto impersona la figura della Madonna, mentre tiene in braccio teneramente il Bambino, è quasi certamente la stessa modella che Caravaggio aveva in passato assunto per posare per la Maddalena penitente, opera anch’essa conservata nella Galleria Doria Pamphili. Del resto la posa delle due donne è molto simile: i drappi disposti sulle ginocchia ricadono, allo stesso modo, sulla destra.

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