Le grandi scoperte del Cinquecento: la Chimera di Arezzo e l’Arringatore
Dopo il lungo silenzio del Medioevo, nel Quattrocento i toscani riscoprono gli etruschi, complici i molti ritrovamenti effettuati in Toscana e nel Lazio. Un anonimo visitatore incide la data 1492 su una parete della tomba della Mula, vicino a Quinto Fiorentino (fine del VII secolo a.C.), oggi trasformata in cava. Nel Cinquecento vengono alla luce due fra i più bei bronzi etruschi conosciuti: la Chimera di Arezzo, un grande ex voto dell’inizio del III secolo a.C. scoperto nel 1553, e la statua dell’Arringatore, ritrovata nel 1566 nei dintorni del Trasimeno e considerata spesso il prototipo dell’oratore antico.
LA CHIMERA DI AREZZO
La chimera ferita (secondo quarto del IV secolo a.C.) venne alla luce ad Arezzo durante i lavori di fortificazione eseguiti nel Cinquecento. Fu restaurata poco dopo la sua scoperta da Benvenuto Cellini e
ritoccata nel 1785 (con alcuni errori: il serpente, per esempio, non dovrebbe mordere il corno della capra,
bensì minacciare l’avversario). Non si tratta di una scultura a sé stante ma del particolare di un gruppo che doveva raffigurare il mostro nella sua lotta mortale con Bellerofonte in groppa al destriero alato Pegaso. Sulla zampa anteriore destra é incisa una scritta etrusca (tinscvil, ”dedicato”) che forse terminava sulla zampa sinistra – perduta e rifatta – col nome del donatore: si tratta infatti del dono votivo per un santuario sulla strada di Fiesole. Nel Cinquecento l’aretino Giorgio Vasari avanzò l’ipotesi che la parola tinscvil potesse indicare il nome dell’artista o una data.
La Chimera e l’Arrangiatore sono oggi al Museo Archeologico di Firenze.
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