LOCALITÀ ETRUSCHE

LOCALITÀ ETRUSCHE

Dal delta del Po fino all’area vesuviana, ma soprattutto nello splendido triangolo disegnato dall’Arno, dal Tevere e dal mar Tirreno, si snoda uno dei più affascinanti itinerari archeologici della penisola, che tocca luoghi molto noti e altri del tutto sconosciuti.

Questa piccola rassegna dei luoghi etruschi segue un ordine geografico (da nord a sud) e attraversa cinque regioni: Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Lazio e Campania.

SPINA (Ferrara) – Era edificata su palafitte delle quali sono rimasti parte dei pali di sostegno conficcati nel terreno. L’importanza della città era dovuta essenzialmente all’ampiezza dei traffici commerciali cui essa faceva capo. Gli scavi delle estese necropoli circostanti ci hanno lasciato una notevole quantità di ceramiche attiche e altri oggetti d’importazione, oltre a prodotti di bronzistica e di oreficeria etrusca.

FERRARA – Il Museo archeologico nazionale – Raccoglie i reperti delle tombe di Spina. Fra le ceramiche greche prevalgono i vasi a figure rosse, fra i quali spiccano la pelike con leone e leonessa, attribuita al cosiddetto “pittore di Berlino” (500 a.C.) e un cratere a calice con gigantomachia del ceramista Polignoto (460-430 a.C.). In una delle sale a pianterreno sono esposte due imbarcazioni, ricavate da tronchi d’albero, che servivano per la navigazione nei canali lagunari.

MARZABOTTO – A differenza delle altre citte etrusche si stendeva su un vasto pianoro privo di difese naturali. Sorta alla fine del VI secolo, la città che sorgeva nei pressi dell’odierna Marzabotto è stata largamente indagata a partire dalla meta dell’Ottocento, ed è senza dubbio l’abitato etrusco che conosciamo meglio. Organizzata ortogonalmente, ha le strade disposte secondo un rigido orientamento astronomico. Gli isolati, ancora ben visibili, erano occupati da abitazioni e da impianti manifatturieri, mentre non si conosce ancora l’area che accoglieva gli edifici pubblici. Le necropoli, disposte all’esterno dell’area urbana, includono tombe a inumazione (a fossa e a cassone) e a incinerazione (a pozzetto, con cinerario di ceramica). Il Museo etrusco Pompeo Aria fu costituito nel 1886 ed é stato profondamente rinnovato nel 1979. Si articola in due sezioni: una raccoglie i materiali dei vecchi scavi, l’altra ordina tipologicamente i reperti provenienti dagli scavi recenti della città. La visita al museo consente di vedere alcuni spaccati di vita quotidiana di una città etrusca, sia pure di modeste dimensioni. Tracce non marginali della civiltà etrusca si trovano anche in altre località padane, come Ravenna e Bagnolo di San Vito (Mantova). Il Museo archeologico di Bologna conserva reperti significativi.

Marzabotto, pianta della città etrusca

FIRENZE – Il Museo Archeologico di Firenze, è, insieme al Museo Nazionale di Villa Giulia, il più importante museo archeologico italiano per l’arte etrusca. Raccoglie materiali provenienti prevalentemente da scavi e scoperte nell’Etruria settentrionale. La sezione topografica, formata ai primi del Novecento da L.A. Milani. Tra i capolavori esposti nelle sale del Museo segnalo: il vaso François, grande cratere a figure nere di Ergotimos e Klitia (5 7O a.C.), rinvenuto nei pressi di Chiusi nel 1844; i tre celebri bronzi, ritrovati alla metà del Cinquecento, che facevano parte della collezione dei Medici; la Chimera di Arezzo (IV secolo a.C.), la statua di Aule Meteli (il cosiddetto Arringatore, I secolo a.C.) e la Minerva di Arezzo, copia romana in bronzo di un’originale, sempre in bronzo, di età ellenistica. Fra le statue funerarie, la cosiddetta Mater Matuta, importante documento della scultura arcaica chiusina. Sempre da Chiusi, il sarcofago in terracotta policroma di Larthia Seianti (II secolo a.C.). Nella sala dedicata alle urne di alabastro volterrane si può ammirare un sarcofago in marmo dipinto decorato con scene di amazzonomachia (seconda metà del IV secolo), da Tarquinia. Il museo conserva inoltre un’importante raccolta di bronzetti dall’età villanoviana all’epoca romana e numerosi esempi di ceramiche greche ed etrusche. Nel giardino sono state ricostruite alcune tombe, fra 1e quali quella di Casal Martino (VII-VI secolo a.C.), a pianta circolare con pilastro centrale, e la cosiddetta Tomba del diavolino I da Vetulonia.

QUINTO FIORENTINO –  In località Quinta Fiorentino tra Firenze e Sesto Fiorentino si trovano due tombe di stile orientalizzante. La tomba della Montagnola (Viale Rosselli 95), scavata nel 1957, è della fine del VII secolo, e sorge all’interno di un gigantesco tumulo di circa 70 metri di diametro, delimitato alla base da lastre di pietra calcarea. La tomba é formata da un lungo dromos (corridoio) dal quale si accede alla camera sepolcrale a tholos (cupola), con pilastro centrale e copertura a pseudocupola. Le pareti erano ricoperte da un sottile strato di argilla sul quale sono state trovate tracce di pittura.
Poco distante, in Via della Mula 11, si trova un altro tumulo coevo, incorporato in una villa e trasformato in cantina: la tomba della Mula, di dimensioni minori c senza il pilastro centrale. Entrambi i sepolcri possono essere visitati rivolgendosi ai proprietari dei rispettivi terreni.

FIESOLE – Scavi e Museo archeologico. Fiesole esisteva probabilmente già nel VI-V secolo, ma assunse qualche importanza solo a partire dal III. Sono ancora visibili lunghi tratti di mura.
Gli scavi hanno messo in luce, nella zona nord della città, un tempio etrusco degli inizi del III secolo, formato da un profondo pronao e da un’unica cella con due alae. A nord del tempio si trovano il teatro di età augustea e il complesso delle terme dello stesso periodo. All’interno dell’area archeologica, recintata, un piccolo museo recentemente rinnovato conserva terrecotte architettoniche dagli scavi del tempio, stele e cippi in pietra serena tipici di Fiesole; inoltre, urne cinerarie di alabastro da Chiusi e Volterra, ceramiche arcaiche ed ellenistiche dall’Etruria settentrionale e lapidi di età romana.

COMEANA-MONTEFORTINI-ARTIMINO – Da Firenze, prendendo la SS 66 fino a Poggio a Caiano e deviando poi a sinistra, si raggiunge Comeana, dove sorgono due grandi tombe a tumulo.
Della prima, in località Boschetti, si può vedere solo la camera sepolcrale, essendo stato distrutto il tumulo in seguito a lavori agricoli. La seconda (Via di Montefortini 25) si presenta invece come un gigantesco tumulo del diametro di 70 metri. Un dromos di quasi 11 metri conduce a un vestibolo quadrangolare, dal quale si accede a una camera sepolcrale con copertura a pseudocupola. Non molto distante si trova Artimino. Nel piccolo museo ospitato dall’omonima Villa medicea (tel. 055.8718124} sono raccolti materiali provenienti dalle necropoli circostanti.

AREZZO – Nel Museo Archeologico Caio Mecenate sono custoditi materiali provenienti da Arezzo e dal suo territorio. Ricordo fra l’altro i gioielli della necropoli di Poggio del Sole e un cratere a volute e figure rosse con scene di amazzonomachia, attribuito al ceramista attico Eufronio (fine del VI-inizio del V secolo a.C.). Notevole la raccolta di vasi.

VOLTERRA – Volterra acquista rilievo storico solo verso la fine del V secolo a.C.; di conseguenza mancano sul suo territorio le grandi tombe del periodo tardo-orientalizzante. Gli scavi dell’acropoli hanno portato alla luce due edifici del II secolo, mentre della cinta muraria sono visibili pochissimi tratti. Dei monumenti della città antica restano la porta dell’Arco, il teatro romano e resti delle terme.
Le vaste necropoli di età ellenistica che si estendono sotto la città hanno restituito innumerevoli tombe, delle quali solo alcune sono visitabili in località Ulimeto e Portone. Il Museo Guarnacci, costituito nel Settecento, conserva una considerevole raccolta di urne cinerarie di alabastro, databili dal IV al I secolo, materiali ceramici e bronzei e reperti protostorici villanoviani. Vi sono esposte anche le ricostruzioni di alcune tombe provenienti dalla necropoli delle Ripaie.

CORTONA – Dell’antica citta etrusca rimangono in piedi alcuni tratti delle mura di Cinta. Tra Camucia e la SS Umbro-Casentinese si trovano i sepolcri più importanti di Cortona: i ”meloni” di Camucia e la ”tomba di Pitagora”.
Un altro tumulo, scoperto di recente, é ancora in fase di esplorazione. Nel locale Museo dell’Accademia Etrusca sono conservati ossari, urne cinerarie, vasi, statuette. Il reperto più celebre è una gigantesca lucerna multipla in bronzo di 80 centimetri di diametro, decorata con il volto di una Gorgone.

MURLO – Sulla collina di Poggio Civitate, a pochi chilometri da Vescovado di Murlo (Siena), sorgeva un complesso monumentale quadrangolare che occupava un’area di circa 3600 mq. Il complesso fu distrutto verso 1a fine del VI secolo d.C., e oggi non restano che pochi muri di fondazione, costruiti con grossi ciottoli.
Il materiale reperito durante gli scavi è molto abbondante: statue di terracotta raffiguranti personaggi con barba all’orientale, antefisse, lastre architettoniche appartenenti al palazzo ecc. Curiose le statue-acroterio di figure maschili assise sul trono, e i loro caratteristici cappelli conici a larghe falde rialzate, anticipazione involontaria dei sombreros messicani.
L’Antiquarium di Poggio Civitate raccoglie il materiale rinvenuto nel corso degli scavi.

PERUGIA – Del periodo etrusco restano lunghi tratti della cinta muraria, con parte più o meno integrate da interventi successivi: l’Arco Etrusco e soprattutto la Porta Marzia, ancora in buone condizioni; le due testine sui lati rappresentano forse le divinità tutelari di Perusia. La necropoli del Palazzaccio ospita fra l’altro il celebre ipogeo del Volumnii, tomba gentilizia di età ellenistica formata da un ampio locale ricco di sarcofagi, da cui si accede alla camera sepolcrale. Sono inoltre visitabili l’ipogeo di San Manno (in località Ferro di Cavallo) e quello di Villa Sperandio.
Il Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria conserva materiali preistorici e protostorici, numerose urne biconiche villanoviane, cippi e lapidi provenienti dal territorio circostante.
Il reperto più importante è il cosiddetto cippo di Perugia, con un’iscrizione di 46 righe incisa su entrambe 1e facce.

CHIUSI – Nel Museo archeologico di recente ampliato, si trovano soprattutto antichità locali. Importante la collezione di canopi, fra i quali il celebre cinerario Gualandi. Molte le sculture arcaiche in travertino e pietra fetida, e numerosi i sarcofagi di alabastro, fra i quali quello di Lars Sentinate Larcna. Una sezione del Museo archeologico è dedicata ai falsi ottocenteschi. Fra le tombe delle necropoli circostanti celebri sono la tomba dipinta della Scimmia – non più visitabile a causa di un crollo – e la tomba del Colle. Rivolgendosi al museo si può visitare la tomba della Pellegrina.

POPULONIA – Era l’unica, fra le grandi città etrusche, ad affacciarsi sul mare. Si possono vedere alcuni tratti delle mura di cinta e un grande pozzo in blocchi di pietra, detto di Santa Caterina. Nella piana che si stende fra la città antica e il Poggio delle Granate (località Il Casone, San Cerbone e La Porcareccia) si trovano le necropoli del VII-VI secolo. A San Cerbone si segnalano la tomba dei Carri (del tipo a tamburo cilindrico), quella delle
Pissidi cilindriche e la tomba dalle Tazze attiche, dove sono state rinvenute alcune kylikes del V secolo. Nell’adiacente necropoli del Casone si trovano alcune tombe ad alto tumulo: la tomba del Colatoi, quella delle Porte chiuse e, non molto distante, la tomba del Bronzetto di offerente. Nella necropoli della Porcareccia troviamo la celebre tomba dei Flabelli, nel cui corredo, ricchissimo, spiccano i tre flabelli di bronzo che le hanno date il nome.
In località Buca delle Fate si intravedono, tra la vegetazione, alcune tombe di età ellenistica. Il Museo Gasparri  ospita materiali provenienti dalle varie necropoli. Notevoli i corredi delle Tombe delle arpie e dell’aryballos piriforme. Reperti minori si trovano anche nell’isola d’Elba e in Corsica.

VETULONIA – La città sorgeva su un colle dalla forma irregolare, dove restano scarse tracce dell’antica cinta muraria. La necropoli ospita alcuni tumuli della metà del VII secolo, in particolare la cosiddetta tomba del Diavolino II e il tumulo della Pietrera, la più grande tomba vetuloniense, formata da due camere sovrapposte.
La maggior parte del materiale archeologico reperito durante gli scavi del secolo scorso é conservato nel Museo Archeologico di Firenze. Il piccolo antiquarium del paese, che raccoglieva antichità locali, é stato chiuso tempo fa in seguito a un furto.

ROSELLE – È stata una delle città della dodecapoli etrusca. Sottomessa dai romani agli inizi del III secolo a.C., fu abbandonata definitivamente solo nel 1138. Proprio questa continuità abitativa ha impedito la conservazione di testimonianze significative della civiltà etrusca; restano tuttavia le mura ciclopiche, che si estendono per quasi tre chilometri. Gli scavi degli ultimi trent’anni hanno riportato alla luce edifici e strutture di età romana.
I materiali rinvenuti nel corso delle campagne di scavo sono custoditi al Museo archeologico di Grosseto.

ORVIETO – Dell’abitato etrusco resta solo il tempio del Belvedere, che ha restituito pregevoli terrecotte architettoniche; si trova nei pressi del cosiddetto pozzo di San Patrizio, una grande e profonda cisterna romana.
Due sono le necropoli principali di Orvieto: quella dcl Crocifisso del Tufo, a nord, e la Cannicella, a sud.
La prima e formata da tombe a dado, poste l’una a fianco dell’altra lungo le vie sepolcrali che si intersecano ad angolo retto. Alla Cannicella prevalgono invece le tombe a camera. Sul poggio dei Settecomuni ricordo la tomba Golini; i suoi affreschi, ora staccati, sono conservati nel Museo Archeologico di Firenze.
Nel Museo Farina si trovano le terrecotte architettoniche del tempio del Belvedere, la cosiddetta Venere di Cannicella e vasi attici a figure rosse e nere.

SOVANA – Dell’antica città si conservano solo le tombe monumentali, sparse tutt’intorno nella campagna, nei pressi dell’abitato moderno. Sono per la maggior parte sepolcri scavati nel tufo, del tipo a camera, a cassone e a tempio. La più famosa e la Tomba Ildebranda, cosi chiamata in omaggio al figlio più illustre della cittadina, Ildebrando da Soana, papa Gregorio VII: si tratta di un’imponente costruzione a struttura templare di età ellenistica, della quale restano, in grossi frammenti, le colonne. Non molto distanti, seminascoste dalla vegetazione, sorgono le tombe del Tifone, del Sileno e la tomba Pola, tutte in cattivo stato di conservazione.
Una visita a Sovana non è completa se non si percorre qualche tratto delle cosiddette “vie cave”, le suggestive stradine scavate nel tufo che collegavano la citta con gli insediamenti minori.

SATURNIA – I resti della città – tra i quali un’importante e ben conservata cinta muraria e una porta monumentale – sono di età romana. Di epoca etrusca si conoscono solo le necropoli, frequentate fin dall’età villanoviana, che hanno restituito solo modesti corredi. Alcune tombe a tumulo del VII secolo sorgono in località Pancotta, mentre sul Pian della Palma si vedono i resti di tumuli a camera bipartita costruiti con scaglie di pietra.

ACQUAROSSA-FERENTO – L’esplorazione del sito di Acquarossa, iniziata nel 1966 da una missione svedese, ha riportato alla luce l’impianto urbano della città, con resti di abitazioni databili fra la metà del VII secolo e la metà del VI.
Insieme a Marzabotto Acquarossa è uno dei pochi esempi di ”città dei vivi” esistenti in Etruria. Durante gli scavi sono state rinvenute numerose e interessanti terrecotte architettoniche e votive. Quasi di fronte ad Acquarossa si possono vedere i resti della città etrusco-romana di Ferento, sorta nel IV secolo a.C. dopo la distruzione di Acquarossa e abbandonata solo nel 1172. L’area urbana era protetta da una cinta muraria, in parte ancora visibile. Le testimonianze romane sono piuttosto consistenti: oltre ai resti del decumano e, a tratti, di altre strade, possiamo vedere il teatro (di epoca augustea, ampiamente restaurato) e le terme (età dei Flavi).

Acquarossa, rilievi di alcune abitazioni

TUSCANIA –  Il sito su cui sorgeva l’antica Tuscania non é stato ancora identificato con esattezza: sono affiorati solo alcuni resti di età romana. Le necropoli, frequentate dall’età arcaica a quella tardo-ellenistica, si estendono per un raggio di due o tre chilometri.
La necropoli della Peschiera è la più importante: vi si può vedere un’eccezionale tomba rupestre a dado in forma di casa (prima metà del VI secolo), unico esempio in Etruria. Nella necropoli della Madonna dell’Ulivo si può invece ammirare la cosiddetta Grotta della Regina, con una planimetria assai complessa formata da una serie di gallerie, paragonabile alle tombe della Cuccumella di Vulci.
Le tombe gentilizie di Tuscania hanno inoltre restituito un considerevole numero di sarcofagi (27 il sepolcro dei Vipiniana, addirittura 50 quello degli Statiane).
Il locale Museo archeologico nazionale conserva buona parte dei materiali rinvenuti nelle necropoli.

VULCI – L’abitato di Vulci si estendeva su una superficie di circa 90 ettari, scavata finora solo in minima parte. Fra i resti venuti alla luce, per lo più di età romana, ci sono i resti di un tempio, i portici di una casa gentilizia e un sacello dedicato a Ercole. Le necropoli si estendono per tutta la campagna circostante. È consentito visitare solo un certo numero di tombe e si può farlo solo se accompagnati da un custode. Celebre la tomba François (seconda metà del IV secolo a.C.), caratterizzata da una planimetria molto complessa. Gli affreschi che ne decoravano le pareti sono stati staccati e si trovano attualmente nella collezione Torlonia di Villa Albani, a Roma.
Non lontano, la tomba dei Tute e quella dei Tarna. Infine, sul pianoro di Ponte Rotto si può visitare il grande tumulo della Cuccumella. I materiali provenienti dagli scavi dell’area urbana sono esposti nel piccolo museo collocato nel suggestivo castello della Badia, costruzione medievale con aggiunte cinquecentesche. Si tratta del Museo archeologico di Vulci, che conserva anche numerosi vasi di fabbricazione locale e sculture in nenfro di animali (VII-VI secolo a.C.).

LE NECROPOLI RUPESTRI – A ovest di Viterbo, su un pianoro tufaceo, si estende l’ampia zona delle necropoli rupestri. Si tratta di tombe a dado scavate nel tufo, di età prevalentemente ellenistica. Le necropoli di Norchia (citta etrusca nota a partire dall’VIII secolo con il nome di Orcla di cui oggi non rimane più nulla) sono di gran lunga le più importanti. Si trovano lungo le valli del fiume Biedano e dei suoi affluenti Acqualta e Pile. In alto, scavate sul costone della valle, sorgono le tombe delle famiglie più ricche, a dado con sottofacciata; in basso le sepolture a dado semplice. Tra le numerose tombe si ricordano, nella valle del Pile, la tomba delle tre teste, la Tomba Ciarlanti e la Tomba a camino; lungo la valle dell’Acqualta due grandi tombe a tempio del III secolo a.C., in cattivo stato di conservazione. A pochi chilometri da Viterbo, una strada che costeggia per un tratto la superstrada per Tarquinia conduce alla necropoli di Castel d’Asso, lungo la valle del fiume Freddano. I suoi sepolcri non sono imponenti né numerosi come quelli di Norchia: notevoli, comunque, la tomba Orioli e la tomba Grande.

Sempre da Viterbo, prendendo la Cassia verso sud, poco oltre Vetralla una strada secondaria ci porta a Blera e a San Giuliano. A differenza delle altre città dell’area delle necropoli rupestri, Blera si sviluppo in età arcaica; le sue tombe furono riutilizzate in età ellenistica. La necropoli meglio conservata si trova in località Pian del Vescovo; tra le numerose tombe si segnalano la Grotta dipinta – con tracce di affreschi e colonna centrale – e il Tumulo della sfinge, così chiamato per la presenza, al suo interno, di una scultura in nenfro raffigurante una sfinge, conservata al Museo Civico di Viterbo.

A circa quattro chilometri a nord di Blera si trova la necropoli di Grotta Porcina, con i resti di un grande tumulo di tipo ceretano (cioé con tre camere in asse, sul tipo delle tombe di Cerveteri) dcl VI secolo a.C., un altare rupestre di forma cilindrica, molto danneggiato, e altre tombe a camera che testimoniano la presenza sul luogo di un piccolo centro in età arcaica. Pochi chilometri a sud, presso Barbarano Romano, sorgono le necropoli di San Giuliano, con tombe della stessa tipologia. La zona di San Giovenale, a sud-ovest di Blera, chiude il circuito delle necropoli rupestri.

TARQUINIA – Era una delle massime citta etrusche: raggiunse l’apogeo della potenza e della ricchezza in età orientalizzante e arcaica. Dell’antico abitato restano alcuni tratti delle mura di cinta. La visita della città inizia dal Museo nazionale (al quale, peraltro, bisogna rivolgersi se si vuole accedere alle tombe dipinte della necropoli di Monterozzi). Fondato nel 1924, il  Museo nazionale Etrusco ha sede nel quattrocentesco palazzo Vitelleschi. Qui si ammirano alcuni dei più celebri capolavori dei ceramisti attici, insieme a ceramiche di produzione locale, e gli affreschi provenienti dalla necropoli di Monterozzi (in particolare dalle Tombe delle olimpiadi, del triclinio, delle bighe, del letto funebre, della scrofa nera e della nave). In una saletta adiacente le scale è collocato l’altorilievo con una coppia di cavalli alati, che un tempo decorava il frontone del tempio dell’Ara della Regina. Una curiosità: per molti anni abbiamo visto la loro immagine, rovesciata, sui francobolli per gli espressi. La necropoli di Monterozzi contiene centinaia di tombe, dipinte e non, delle quali solo alcune sono visitabili.
Tra le pin celebri si segnalano le Tombe del cacciatore, della caccia e della pesca, degli auguri, dei tori, del barone, della pantera e dei leopardi.
Attraverso un sentiero situato a ovest della città si raggiunge la zona dell’Ara della Regina: qui sorgono i resti di uno dei più grandi templi etruschi finora conosciuti.

CIVITA CASTELLANA – Se, all’uscita di Magliano Sabina dell’A1 si prende la SS3 Flaminia in direzione Roma, si giunge dopo circa 10 chilometri a Civita Castellana. Dell’antica Palerii Veteres si conservano solo alcuni tratti di mura e vari cunicoli scavati nella roccia.
I reperti delle campagne archeologiche condotte nel primo Novecento si trovano a Roma, nel Museo Nazionale di Villa Giulia. Sono ancora visibili alcune tombe a pozzo, a fossa e a camera.

Nell’Antiquarium Nazionale sono conservati i frutti degli scavi più recenti, fra cui numerosi vasi falisci e terrecotte architettoniche votive.

I MONTI DELLA TOLFA – I più importanti insediamenti di quest’area risalgono all’Età del bronzo: sul monte Ravello sono state trovati fondi di capanna e vasellame di epoca villanoviana. L’età etrusca ha invece lasciato vaste necropoli con tombe a camera in lastroni di pietra: costruite fra il VII e il V secolo, furono riutilizzate in età ellenistica.

Nel piccolo Antiquarium civico del paese di Allumiere sono esposti materiali provenienti dagli scavi delle necropoli di monte Ravello e del Colle di Mezzo, oltre ad alcune terrecotte architettoniche.

CERVETERI – Dell’antico abitato resta ben poco, appena qualche tratto delle mura di cinta. La ricchezza archeologica di Cerveteri risiede invece nelle sue imponenti necropoli: della Banditaccia a nord, del Sorbo a ovest, del monte Abetone a sud.

La necropoli della Banditaccia è di gran lunga la più importante e la più studiata; tra le Tombe più celebri segnalo quelle delle iscrizioni, dei sarcofagi, del triclinio, dei rilievi, dei capitelli.

Nella necropoli del Sorbo (usata solo in età arcaica) si trova la tomba Regolini-Galassi, una delle prime esplorate: il suo ricchissimo corredo è esposto a Roma, nel Museo Etrusco Gregoriano.

La necropoli del Monte Abetone non ha molti sepolcri visitabili; per il loro particolare rilievo nella storia della ricerca archeologica ricordiamo le due tombe Campana e la Torlonia.
Il Museo Nazionale, inaugurato nel 1967, è sistemato su due piani del Castello di Cerveteri. Accoglie i corredi di alcune tombe nonché varie lastre dipinte e terrecotte architettoniche provenienti dagli scavi delle necropoli.

VEIO – Era la città etrusca più vicina a Roma. La si raggiunge attraverso la via Cassia (SS2) seguendo la deviazione per Isola Farnese. Della citta antica restano alcuni tratti della cinta muraria e tracce delle porte. Sull’acropoli (piazza d’armi) si scorgono i resti di una piattaforma di tufo che potrebbe essere il basamento del tempio di Giunone. Al centro della collina continuano gli scavi, che finora hanno riportato alla luce un vasto settore dell’abitato. A meta strada tra l’antica Veio e Isola Farnese si trovano i ruderi del santuario del Portonaccio, dove vennero alla luce numerose e importanti statue di terracotta, prima fra tutte l’Apollo detto ”di Veio”, opera del celebre coroplasta Vulca, oggi esposto a Roma nel Museo Nazionale di Villa Giulia. Delle necropoli sono visitabili solo alcune tombe, fra le quali la tomba delle Anatre – la più antica tomba etrusca dipinta che conosciamo, risalente al secondo quarto del VII secolo – e la tomba Campana, scavata nel Ottocento, con decorazioni dipinte il cui stile induce a collocarla alla fine del VII secolo. Interessante anche la necropoli villanoviana dei Quattro Fontanili; nei pressi, alcuni colonnati romani.

ROMA – Il Museo Etrusco Gregoriano (Città del Vaticano) fu istituito nel 1837 da Gregorio XIV per raccogliere i materiali provenienti dalle scoperte e dagli scavi nei territori dell’Etruria meridionale.
Fra i numerosi e importanti reperti segnalo: una coppia di leoni funebri (Vulci); un sarcofago della Tomba dei sarcofagi (Cerveteri); il corredo della tomba Regolini-Galassi; la statua del guerriero detto Marta di Todi. La collezione Guglielmi è composta di vasi provenienti in prevalenza da Vulci, di oreficerie e gioielli della stessa provenienza. Fra le terrecotte architettoniche e votive da Cerveteri spicca un acroterio angolare a forma di cavallo alato.

Da non perdere la visita al Museo Etrusco Gregoriano (piazzale di Villa Giulia). Costituito nel 1889, è una tappa fondamentale per la conoscenza dell’arte etrusca. Comprende materiali che vanno dal villanoviano fino all’età ellenistico-romana, prevalentemente da Pyrgi, Vulci, Bisenzio, Veio, Cerveteri e il Lazio in generale. Da Vulci provengono due sculture sepolcrali arcaiche di nenfro, un centauro e un giovane che cavalca un ippocampo. Da Pyrgi i reperti dello scavo del santuario: frammenti di statue fittili, antefisse, acroteri, ceramiche architettoniche. In una vetrina, nella sala di Pyrgi, si trova la riproduzione galvanoplastica delle tre lamine d’oro, della fine del VI secolo (in originali sono in cassaforte) con iscrizioni in etrusco e punico, documento basilare per lo studio della lingua etrusca. Dal santuario del Portonaccio di Veio possiamo ammirare una delle più famose statue etrusche in terracotta, i1 cosiddetto Apollo di Veio, opera di Vulca (fine del VI secolo) e una bellissima testa di Hermes dello stesso periodo. Sempre da Veio, un’antefissa con teste di Gorgone e ceramiche architettoniche.
Da Cerveteri proviene il celebre gruppo degli Sposi (520 a.C.): un uomo a torso nudo e una donna giacenti su una cassa che imita un letto di legno. Il museo ha inoltre ereditato numerose collezioni private, tra le quali quelle Barberini e Castellani, quest’ultima celebre per le sue oreficerie, purtroppo non tutte esposte.

CAMPANIA – Dal 1988 si scava nel comune di Pontecagnano, nel Salemitano, dove già negli anni Cinquanta erano state trovate molte tombe con splendidi corredi funerari. Si e giunti quindi alla conclusione che questa località fu una base marittima e uno scalo per le navi etrusche provenienti dall’Etruria o per i commerci che interessavano il Tirreno (tracce etrusche sono state trovate a Lipari, nelle Eolie, e in Corsica).

Le testimonianze riapparse a Pontecagnano partono dall’età villanoviana (IX secolo a.C.), anche se il periodo di massimo splendore fu . tra il VII e il IV secolo a.C.: si tratta di più di 200.000 pezzi, tra cui molti gioielli d’oro e d’argento, che sono in attesa di una degna sede museale.

Attualmente sono visibili nel locale Museo Nazionale dell’Agro picentino. Pontecagnano si trova sulla  strada statale Salerno-Battipaglia. Testimonianze significative della presenza etrusca nell’area campana sono ritrovabili in numerose città, come Capua, Nola, Nocera, Pompei.

Franco Biondi

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