LA SCUOLA BOLOGNESE: FRANCESCO FRANCIA

Madonna in roseto (1500-1505)
Francesco Francia (1447-1517)
Olio su tela cm 174,5 x 131,5
Alte Pinakothek, Monaco

LA SCUOLA BOLOGNESE

Francesco Francia (1450-1517) non ha in Bologna predecessori di grido; MARCO ZOPPO (1433-1498) frequenta lo Squarcione e predilige in seguito il Tura con crudezza di forme ed opacità di tinte; la sua brutale vigoria svisa il Mantegna e Donatello, per raddolcirsi in modo ambiguo nella Madonna e Santi del Museo di Berlino, eseguita a Venezia nel 1471. Di ANTONIO DA CREVALCORE, morto prima del 1525, possiede una scadente tavoletta il suddetto museo tedesco, ma non bisogna dimenticare che nello scorcio del Quattrocento, i palazzi dl Giovanni II Bentivoglio contengono infiniti tesori d’arte, e che arrivano in San Domenico e in San Giovanni nello scorcio del Quattrocento, i palazzi di Giovanni in Monte due quadri d’altare di Filippino Lippi e del Perugino.

La leggenda dei santi Cecilia e Valeriano, scena 1 (1504-05)
Francesco Francia (1447-1517)
Oratorio dei Santi Cecilia e Valeriano, Bologna

Il mite FRANCESCO RAIBOLINI detto il FRANCIA, orafo, niellatore e zecchiere, comincia a dar indizio del suo ingegno pittorico nel 1490, e si avvicina al Costa, non trascurando di studiare il Cossa ed il de’ Roberti nella Cappella Ganganelli di San Pietro. Il secco segno ferrarese della Crocifissione (Bologna, Museo Civico) è nutrito di colori intensi e succosi; la modellatura dei corpi e un po’ snervata, ma il carattere delle teste è vivo, e la luce scorre con chiarezza diffusa giù per le valli, velando di turchese e di zaffiro i dorsi delle montagne.

Madonna Felicini (Bologna, Pinacoteca, 1494)

La Madonna Felicini (Bologna, Pinacoteca, 1494), che porta la firma ed il titolo di “orefice”, è condotta con un sentimento così vergine e con un arcaismo così mansueto, che bisogna fermarsi per capire l’innocenza della fanciulla-Madre e l’estasi peruginesca del San Sebastiano in quell’angustia di spazio in cui i primitivi scoprono un angolo di paradiso. In due quadri sacri, dipinti nel 1499 (l’Adorazione del Bambino nella Pinacoteca e la Madonna e Santi di San Giacomo Maggiore in Bologna), il Francia allarga le proprie ricerche, ed è più originale dove è più semplice, ossia quando non sforza il pensiero ed obbedisce alla voce dell’anima. Egli crea un rapporto di continuità tra le figure: un ritmo delicato lega lo spirito e l’atteggiamento della persona, che riflette la fede indiscutibile e militante. La Madonna Scappi (Bologna, Pinacoteca, 1495-96) – nella quale si distingue la mano d’un aiuto – scopre l’esitazione del pittore, e gli affreschi di Santa Cecilia (Sposalizio e Sepoltura della Santa) attestano un regresso che non è permanente. “Chi ha visto una Vergine del Francia, le ha viste tutte”, scrisse uno storico, e l’osservazione si fonda su quel senso di gravità e di tristezza che eguaglia molte immagini e che non astrae dalla chiusa atmosfera del chiostro. Una candida primizia, il Santo Stefano della Galleria Borghese in Roma ), prelude al soave idealismo della Madonna con San Francesco (Bologna, Pinacoteca) che non muta – attraverso tante esperienze – nella deliziosa Madonna del Roseto (Monaco, Alte Pinakothek).

Madonna con Bambino e san Giovannino (1510-15)
Francesco Francia (1447-1517)
Olio su tavola cm 65 x 51
Museo d’Arte di San Paolo

La scuola del Francesco Francia, numerosissima, annovera GIACOMO (1485-1557) e GIULIO (m. 1540) figlio e nipote del fondatore, JACOPO BOATERI, CESARE TAMAROCCI e TIMOTEO VITI (1467-1524) che, ritornato alla nativa Urbino – prima di dar più largo respiro al suo stile -, educa Raffaello.

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