LEONARDO DA VINCI – Tutta una vita in opere

LEONARDO DA VINCI

Vinci – Leonardo nacque nel 1452 a Vinci, borgo collinare vicino a Firenze, e l’appellativo da Vinci non era semplicemente un riferimento al luogo d’origine ma coincideva proprio con il nome della sua famiglia. Il primo documento che riguarda Leonardo è un “ricordo” scritto dal nonno paterno Antonio da Vinci che, come si usava per tradizione, registrò meticolosamente sull’ultima pagina di un vecchio libro di famiglia la data e l’ora di nascita del nipote:
“1452. Nacque un mio nipote figliuolo di ser Piero mio figliuolo a dì 15 aprile in sabato a ore 3 di notte. Ebbe nome Lionardo”.

La madre non è nominata, Leonardo era figlio illegittimo, nato cioè fuori del matrimonio, e fu allevato nella casa dei nonni paterni. Ser Piero, il padre, esercitava la professione di notaio a Firenze dove i da Vinci avevano svolto l’attività notarile per generazioni, già dai tempi di Dante.
È ancora il nonno Antonio che in una denuncia al catasto registra la presenza in casa sua di “Lionardo figliuolo di detto ser Piero non legiptimo nato di lui et della Chaterina”.
Questo era dunque il nome della madre di Leonardo, la cui identità resta ancora misteriosa, forse una contadina, o forse invece una giovane appartenente a una famiglia importante decaduta, se si accoglie la notizia di uno fra i più antichi biografi di Leonardo che afferma: “era per madre di bon sangue”.

Anche se non crebbe con lei, Leonardo dovette comunque mantenere un legame con la madre perché, quando già quarantenne risiedeva a Milano, la accolse (“Caterina venne a dì 16 di luglio 1493”) e la tenne con sé per due anni, fino alla morte (“Spese per la sotterratura di Caterina”, annoterà fra le sue carte).

Casa natale di Leonardo ad Anchiano (frazione di Vinci) 
Firenze – Nel 1468, all’età di sedici anni, Leonardo aveva lasciato Vinci per raggiungere il padre a Firenze e doveva aver dato prova del suo talento nel disegnare: il Vasari narra infatti che “Preso un giorno alcuni de’ suoi disegni, [Ser Piero] gli portò ad Andrea del Verrocchio, ch’era molto amico suo, e lo pregò strettamente che gli dovesse dire, se Lionardo attendendo al disegno farebbe alcun profitto. Stupì Andrea nel veder il grandissimo principio di Leonardo…”.
Così il giovane Leonardo entrò come apprendista nella bottega del Verrocchio, una delle più fiorenti dell’epoca, che riceveva commissioni di rilievo anche da parte della potente famiglia dei Medici. II periodo di formazione di Leonardo è caratterizzato dalla molteplicità delle competenze acquisite, non solo nel campo della pittura e della scultura, ma anche nell’ambito di quelle conquiste tecnico-scientifiche che contribuivano alla portata innovativa del Rinascimento fiorentino.
Nella Firenze del giovane Leonardo era infatti viva la lezione di Brunelleschi che aveva elaborato la prospettiva lineare e innalzato la cupola del Duomo senza armatura. È proprio nella bottega del Verrocchio che si realizza la grande sfera di rame che sarà collocata nel 1472 in cima alla lanterna marmorea a completamento della cupola brunelleschiana. 
Di questa esperienza Leonardo si ricorderà ancora, più di quarant’anni dopo, quando a Roma si occuperà della costruzione di specchi ustori e, per assemblarne le parti, tornerà con la memoria alla tecnica usata nella bottega del suo apprendistato:
“Ricordati delle saldature con che si saldò la palla di Santa Maria del Fiore”.
La formazione di Leonardo presso il Verrocchio si svolge insieme ad altri giovani pittori che saranno fra i maggiori di fine Quattrocento e inizio Cinquecenro: Sandro Botticelli, il Perugino, Lorenzo di Credi e Domenico Ghirlandaio (presso il quale, a sua volta, andrà a bottega il giovane Michelangelo).
Le tecniche di apprendimento sono basate sul disegno dal modello, la copia dall’antico, la resa degli effetti di luce e ombra, lo studio dei panneggi.

Vasari sottolinea l’interesse di Leonardo fin dagli esordi per il “ritrar di naturale” e “far modegli di figure di terra”: si trattava di affinare gli strumenti a sua disposizione per esercitarsi nell’osservazione del dato naturale o per cominciare a cogliere, come in “alcune teste di femine che ridono”, quelli che nei suoi scritti avrebbe poi definito “i moti mentali”.

 Leonardo fanciullo nella bottega del Verrocchio
Angiolo Tricca (1845 circa)
Borgo San Sepolcro, Palazzo delle Laudi
Nel 1472 Leonardo risulta iscritto al registro dei pittori della Compagnia di San Luca; questo significa che avent’anni era già in grado di accettare commissioni indipendenti.
Nel 1473 risale il disegno del Paesaggio della vallata dell’Arno, come la si può osservare dal Montalbano presso Vinci, che è la sua prima opera conosciuta.
Ancora nella bottega del Verrocchio collaborò con lui al Battesimo di Cristo (Firenze, Uffizi); a questo episodio si riferisce l’aneddoto del Vasari, privo di fondamento storico ma significativo, sul maestro che vistosi superato dall’allievo “mai più non volle toccar colori, sdegnatosi che un fanciullo ne sapesse più di lui”.
Fra le prime opere eseguite autonomamente vi sono: l’Annunciazione (Firenze, Uffizi), iI Ritratto di Ginevra Benci (Washington, National Gallery), alcune Madonne identificabili con la Madonna del garofano (Monaco, Alte Pinacoteche) e la Madonna Benois(San Pietroburgo, Ermitage), posteriore di qualche anno.
Risale al 1476 un processo per sodomia in cui Leonardo fu coinvolto e poi assolto insieme ad altri giovani legati all’ambiente delle botteghe di artisti e artigiani, ma anche dell’aristocrazia. Proprio al talento artistico e alle inclinazioni del giovane Leonardo sembra fare riferimento la Cronica rimata del pittore Giovanni Santi, il padre di Raffaello, che nomina Leonardo e il Perugino come “Due giovin par d’etade e par d’amori”.
Nel 1478 ricevette il prestigioso incarico di eseguire la pala d’altare per la cappella di San Bernardo in Palazzo Vecchio, opera che però non realizzò, forse anche per la grave situazione politica determinatasi proprio in quell’anno con la congiura dei Pazzi.
Lorenzo de’ Medici, salvatosi dai congiurati che avevano ucciso il fratello Giuliano, riuscì comunque a consolidare il suo potere e, con grande abilità politica e diplomatica, assicurò non solo a Firenze ma all’Italia intera un’epoca di pace e fioritura delle arti.
Fu proprio il Magnifico a inviare Leonardo a Milano presso Ludovico Sforza, detto il Moro, con un iniziativa di carattere sia diplomatico che culturale; si trattava di un’ambasceria a cui Leonardo partecipò non in qualità di pittore ma di musico e inventore di una lira a forma di teschio di cavallo, “cosa bizzarra e nuova”.

Con la sua partenza a trent’anni, nel 1482, da Firenze alla volta di Milano, Leonardo lasciava incompiuta la grande tavola dell’Adorazione dei Magi (Firenze, Uffizi), come anche il San Gerolamo (Roma,Vaticano).

Leonardo – Ritratto di musico (1485 circa)
Milano, Pinacoteca Ambrosiana
Olio su tavola cm 44,7 x 32
Milano –  Oltre all’omaggio dell’insolito strumento musicale, Leonardo a Milano presenta a Ludovico il Moro una lettera in cui offre di entrare al suo servizio e illustra le proprie molteplici capacità. Si tratta di un documento in cui Leonardo dispiega l’intera gamma delle competenze che ritiene di aver maturato. L’elenco comprende diversi campi di attività: dall’ingegneria militare, che occupa gran parte del testo con la promessa di nuovi tipi di armi, carri e ponti, all’ingegneria civile, fino all’architettura, la scultura e la pittura.
Emerge un Leonardo trentenne che scrive di sé consapevole del valore della propria versadilità: “secondo la varietà de’ casi, componerò varie et infinite cose…”.
Alla corte del Moro, Leonardo rimane per i diciassette anni successivi: in qualità di ingegnere ducale realizza opere di idraulica, si occupa della regolamentazione delle acque con la sistemazione della rete dei navigli e concepisce anche il progetto di una città ideale distribuita su più livelli in base a un criterio di separazione delle diverse funzioni.
La presenza di Leonardo alla corte sforzesca corrispondeva, inoltre, all’intento da parte di Ludovico il Moro di conferire prestigio al suo ducato dando vita a un raffinato ambiente umanistico. In questo clima ricco di stimoli intellettuali Leonardo sviluppa gli argomenti del Paragone con cui sostiene il primato della pittura nei confronti delle altre arti (poesia, musica, scultura).
Nei manoscritti elabora allegorie, rebus, imprese, motti, facezie, favole, profezie con cui probabilmente intratteneva i suoi colti interlocutori a corte. È così che Leonardo viene a contatto con una serie di personalità di rilievo, come per esempio il Castiglione che lo nomina nel Cortegiano e dimostra di conoscere i suoi scritti del Paragone laddove celebra la nobiltà della pittura.
Nei primi anni a Milano Leonardo sottoscrive il contratto per dipingere la Vergine delle rocce, esegue il Ritratto di musico (Pinacoteca Ambrosiana), elabora una serie di progetti per il tiburio del Duomo.
A corte allestisce apparati per celebrazioni di nozze e organizza numerose feste e spettacoli. In queste occasioni Leonardo metteva a punto dispositivi scenografici di sua invenzione, concepiti per suscitare la meraviglia degli spettatori.
Nel 1490 ebbe luogo la celebre “Festa del Paradiso” in cui una complessa macchina teatrale da lui ideata riproduceva il cielo, i pianeti e le stelle con “effetti speciali” di movimenti scenici e giochi di luci.
Sempre per il Moro ebbe l’incarico di ritrarre prima la giovane Cecilia Gallerani nella Dama con l’ermellino, poi Lucrezia Crivelli nel Ritratto di dama (La Belle Ferronnière), e nell’ambiente di corte si parlava di lui come del nuovo Apelle capace, al pari del leggendario pittore greco, di sfidare la natura con la vita infusa nelle sue figure (“Di Firenze uno Apelle è qui condotto”).
Durante gli anni milanesi Leonardo si dedicò assiduamente allo studio della figura umana e delle proporzioni del corpo: ne fa testo il celebre disegno dell’Uomo Vitruviano.
Insieme all’ approfondimento teorico, Leonardo comincia ad ampliare il campo delle sue ricerche sull’uomo con l’osservazione diretta attraverso l’anatomia, la fisiognomica e l’analisi del movimento.
Nel 1494 inizia una serie di disegni e studi preparatori per il Cenacolo, al quale lavorerà, nel Refettorio di Santa Maria delle Grazie, fino al 1498.
Al Castello Sforzesco esegue un altro genere di pittura murale con Ia decorazione della Sala delle Asse.
Contemporaneamente, nel corso dell’ultimo decennio del Quattrocento, Leonardo porta avanti il progetto del grande monumento equestre a Francesco Sforza, padre del Moro, inteso come celebrazione della casata e anche come sfida tecnica senza precedenti:
“Vedi che in Corte fa far di metallo / per memoria dil padre un gran colosso: / i’ credo ferrnamente e senza fallo / che Grecia e Roma mai vide el più grosso”.
A parte il confronto con le sculture antiche, come il Regisole che Leonardo aveva ammirato a Pavia, il paragone si stabiliva con i monumenti equestri che proprio altri due fiorentini erano stati chiamati a realizzare nel Nord Italia: il Gattamelata di Donatello a Padova e il Colleoni, del suo maestro Verrocchio, a Venezia.
Il modello di terra del cavallo che Leonardo aveva innalzato in Corte Vecchia era alto più di sette metri; già nel 1493 si preparava a procedere alla fusione dell’enorme quantità di metallo necessaria, un procedimento per il quale aveva previsto di impiegare tre fornaci contemporaneamente. Ma il colosso di argilla rimarrà tale.
Nel 1499 Milano viene occupata dalle truppe del re di Francia Luigi XII.
Leonardo, con gli occhi dello spettatore della storia, registra in un appunto il drammatico precipitare degli eventi: “il castellano fatto prigione / il Bissconte stracinato e poi morto el figliolo / […] il duca perso lo stato e la roba e libertà / e nessuna sua opera si finì per lui”.
L’ultimo riferimento è a se stesso, a quelle opere commissionate dal Moro che non porterà mai a compimento, prima fra tutte il cavallo: il grande modello di terra andò distrutto perché fatto bersaglio dei tiri dei soldati invasori.
Dunque, neI 1499, Leonardo si risolve a lasciare Milano e parte insieme all’amico Luca Pacioli. Il matematico Pacioli era arrivato alla corte del Moro tre anni prima, dopo aver stampato a Venezia la Summa de Arithmetica Geometria Proportioni et Proportionalità, un libro che fra l’altro Leonardo aveva subito acquistato, come risulta da una sua annotazione.
L’incontro con Luca Pacioli corrisponde all’intensificarsi degli studi di matematica e geometria da parte di Leonardo che trova così un punto di riferimento per affrontare le questioni di natura teorica che caratterizzano sempre più le sue ricerche (“impara da maestro Luca”).

Nel 1498 il Pacioli aveva terminato il trattato sulla Divina proportione e a Leonardo aveva chiesto di disegnare le illustrazioni con i solidi platonici, cioè i poliedri regolari, modelli ideali della perfezione intesa come armonia dei rapporti proporzionali. L’opera fu poi pubblicata a Venezia nel 1509; nella prefazione il Pacioli dichiara che i disegni “de tutti li corpi regulari […] sono stati facti dal degnissimo pictore prospectivo architecto musico e de tutte le virtù doctato Lionardo da Vinci Fiorentino nella cità de Milano […] donde poi d’asiemi […] ci partemmo…”.

Madonna dei fusi (1508) New York, collezione privata 
Mantova, Venezia, Firenze –  Leonardo partito da Milano si ferma inizialmente a Mantova dov’è accolto da Isabella d’Este; la duchessa posa per il disegno preparatorio di un ritratto che chiede a Leonardo per arricchire la sua preziosa collezione d’arte.
Il viaggio prosegue poi per Venezia dove il governo della Serenissima necessita di un piano di difesa per una zona, sulle rive dell’Isonzo, esposta all’attacco dei Turchi.
Leonardo prevede un sistema che integra fortificazioni, canali, chiuse e allagamenti.
Prima di rientrare a Firenze, nel 1501, Leonardo potrebbe essere stato anche a Roma, come attesterebbe un suo appunto:
“A Roma. A Tivoli vecchio, casa d’Adriano”.
Se poi non si riferisse a un effettivo viaggio, la nota rivelerebbe comunque un nuovo interesse da parte di Leonardo per l’esempio dell’antico: un riferimento essenziale per i suoi studi di architettura ma anche per Ia pittura che, proprio a partire dai primi anni del Cinquecento, rivela motivi d’ispirazione tratti dalla statuaria classica.
A Firenze, dopo un’assenza di quasi diciannove anni, Leonardo si stabilisce al convento dell’Annunziata. Qui lo raggiunge Pietro da Novellara a domandare notizie da parte di Isabella d’Este che è impaziente di ottenere una sua opera. Per lei il Novellara non ha notizie confortanti:
“Li suoi experimenti mathematici l’anno distracto tanto dal dipingere, che non può patire il pennello”.
Su commissione dei frati dell’Annunziata Leonardo è comunque impegnato nella preparazione di un cartone, per la pala dell’altare maggiore, raffigurante Sant’Anna, la Vergine e il Bambino con l’agnello.
Terminato il lavoro, narra il Vasari, Leonardo lasciò libero accesso al suo studio e pervedere il cartone, oggi perduto, accorsero “gli uomini e le donne, i giovani et i vecchi, come si va alle feste solenni, per veder le maraviglie di Lionardo, che fecero stupire tutto quel popolo”.
Dipinse anche la Madonna dei fusi, di cui oggi restano due versioni eseguite da allievi con probabili interventi del maestro.
Ma l’anno seguente Leonardo, che ha raggiunto i cinquant’anni, è di nuovo in partenza.
Romagna e Montefeltro –  Dal 1502 è infatti aI servizio di Cesare Borgia, il figlio di papa Alessandro IV che mirava a riunire sotto il proprio dominio Romagna, Marche, Umbria e Toscana e a costituire così un forte e unico stato nell’Italia centrale.
Una personalità poliedrica come quella di Leonardo risultava funzionale alle mire espansionistiche del Borgia, il quale, perseguendo il proprio disegno con lucidità e spietatezza, dette l’esempio a Machiavelli per Il Principe.

Leonardo, in qualità di “Architecto et Ingegnero Generale”, aveva il compito di sovrintendere all’intero sistema difensivo sparso sul territorio: fortificazioni, bastioni, mura di cinta, soprattutto nella zona del ducato di Urbino caduta nelle mani del Borgia. Uno speciale lasciapassare lo autorizza a muoversi liberamente e Leonardo viaggia, ispeziona, misura, fa rilevazioni e prende nota nel suo taccuino da tasca.

Tavola Doria (1503-1504) Anonimo
Copia della parte centrale del cartone leonardesco della Battaglia di Anghiari 

Firenze, Palazzo Vecchio
Firenze – Dopo un anno, nel 1503, abbandonato il Borgia alla sua impresa che sarà destinata al fallimento, Leonardo è nuovamente di ritorno a Firenze. Qui, fin dal 1494, i Medici sono stati cacciati ed è stata proclamata la Repubblica. Dopo la parentesi del riformismo radicale di Girolamo Savonarola, mandato poi al rogo, la città è ora retta dal gonfaloniere Pier Soderini, eletto nel 1502; il segretario della Repubblica fiorentina è Niccolò Machiavelli.
Si progetta la decorazione della Sala del Maggior Consiglio in Palazzo Vecchio e Leonardo viene incaricato di dipingere la Battaglia di Anghiari.
Nella stessa Sala, sulla stessa parete, ma nella metà di sinistra, sarà chiamato anche Michelangelo Buonarroti a dipingere la Battaglia di Cascina.
Contemporaneamente la Repubblica chiede a Luca Pacioli di realizzare i modelli dei suoi poliedri regolari. Nel programma iconografico le due Battaglie dovevano infiammare gli animi dei fiorentini alle virtù civili, mentre i modelli dei solidi platonici avrebbero ispirato il senso dell’armonia e dell’equilibrio.
È al convento di Santa Maria Novella che Leonardo lavora al cartone preparatorio per la Battaglia di Anghiari; intanto, per l’esecuzione, mette a punto una tecnica sperimentale che ricorda l’encausto degli antichi, ma questa scelta si rivelerà fallimentare.
Sulla parete della Sala eseguirà solo la scena centrale dell’intera figurazione che ha ideato, si tratta della zuffa di cavalli e cavalieri. Il gruppo, che Leonardo cominciò a colorire nel 1505, è documentato da alcune copie, disegni e dipinti fra i quali la Tavola Doria, eseguite quando la pittura di Leonardo era ancora visibile; ovvero prima di venire distrutta o nascosta dietro ai rifacimenti della Sala che nel 1563, per mano del Vasari, divenne l’attuale Salone dei Cinquecento.
Neanche Michelangelo realizzò la sua Battaglia, ma nel 1504 aveva terminato la statua del David e Leonardo fu chiamato a far parte della commissione che doveva deciderne la collocazione: la scultura simbolo della giovane Repubblica fiorentina venne posta proprio davanti alla facciata di Palazzo Vecchio.
Delle due grandi Battaglie commissionate a Leonardo e Michelangelo rimasero i cartoni, oggi perduti, che furono presi a modello dalle generazioni successive di pittori e costituirono un esempio di riferimento talmente autorevole da venire chiamati “la scuola del mondo”.

Secondo la tradizione è in questi primi anni del Cinquecento che Leonardo comincia il ritratto di Monna Lisa del Giocondo (la Gioconda), opera alla quale continuerà a lavorare fino agli ultimi anni.

 Leda col cigno (1504 circa)
Incisione di Giovanni Vendramini del 1812,
tratta dall’originale prima del restauro

Rotterdam Museum Boymans-van Beuningen
Un altro dipinto a cui si dedica è la Leda, oggi perduta.
Rimangono le elaborazioni intorno a questo tema che Leonardo eseguì in una serie di studi. Inoltre, la fortuna del dipinto è attestata dalle numerose repliche cinquecentesche che ad esso si ispirarono; fra le più fedeli alla soluzione adottata da Leonardo è la versione conservata agli Uffizi (già Roma, collezione Spiridon).
A Firenze Leonardo approfondisce anche gli studi di geometria e trova nella ricca biblioteca del convento di San Marco quei trattati e manoscritti che gli servono per portare avanti le sue ricerche.
Per la Repubblica fiorentina ipotizza la deviazione del corso dell’Arno, un intervento che avrebbe reso il fiume navigabile da Firenze alla foce e avrebbe anche favorito la conquista di Pisa togliendole Io sbocco al mare.
Negli stessi anni esegue dissezioni anatomiche all’ospedale di Santa Maria Nuova e, contemporaneamente, sviluppa le sue ricerche intorno a uno dei temi che più lo affascinano: il volo.
È l’epoca del Codice sul volo degli uccelli e dall’osservazione scientifica scaturisce l’ideazione di una macchina che doveva riuscire nell’impresa prendendo il volo da Monte Ceceri, a Fiesole, sulle colline intorno a Firenze. Ma Leonardo non riuscirà a realizzare il suo grande sogno tecnologico del volo umano.
Nel cartone della Sant’Anna, la Vergine, il Bambino e san Giovannino (Londra, Burlington House) appaiono temi figurativi che svilupperà negli anni successivi con i dipinti della Sant’Anna, la Vergine e il Bambino con l’agnello (Parigi, Louvre) e del San Giovanni Battista.
Questi sono i quadri che Leonardo, insieme alla Gioconda, porterà in seguito sempre con sé.
Un disegno tratto dal Codice sul volo degli uccelli 
Milano – Già nel 1505 Leonardo riparte da Firenze per ritornare a Milano, dove il governatore francese che regge la città richiede una sua consulenza per progetti di architettura e ingegneria. In realtà Leonardo è ancora sotto contratto con Ia Signoria fiorentina per la Battaglia di Anghiari; si impegna quindi a rientrare nel giro di tre mesi ma non rispetterà la promessa.
Nei due anni che seguono viaggia frequentemente tra le due città, prima di stabilirsi definitivamente a Milano. Lì conclude, con l’aiuto di assistenti, la seconda versione della Vergine delle rocce.
Sul territorio lombardo compie accurati rilievi idrografici prospettando la canalizzazione dell’Adda. Lavora anche alla realizzazione di un nuovo monumento equestre, quello di Gian Giacomo Trivulzio, maresciallo di Francia, ma nemmeno questa scultura verrà mai realizzata da Leonardo, nonostante il notevole ridimensionamento rispetto all’antico progetto per gli Sforza.
Soprattutto, durante questo secondo periodo milanese, Leonardo intensifica le sue ricerche di anatomia, conduce dissezioni insieme a Marcantonio della Torre, medico dell’Università di Pavia e nel 1510 prevede di completare un intero trattato sull’argomento “Questa vernata del 1510 spero spedire tutta la notomia”.
Nel 1512 la Lega Santa indetta dal papa contro i Francesi porta alla restaurazione degli Sforza a Milano, l’anno dopo il cardinale Giovanni de’ Medici è eletto papa.
Roma – È il 1533, Leonardo ha sessantun anni e si trasferisce a Roma dove Giuliano de’ Medici richiede i suoi servigi. Figlio di Lorenzo il Magnifico, Giuliano è fratello del nuovo papa leone X nonché poeta e amante delle arti; gli dà ospitalità in Vaticano, nel Belvedere, dove Leonardo rimarrà per tre anni, impegnato prevalentemente in ricerche scientifiche e tecnologiche.
 Per conto di Giuliano si dedica a una serie di studi per la bonifica delle paludi pontine e progetta anche la creazione di un nuovo porto a Civitavecchia dove esamina gli antichi resti del porto romano. L’intensificarsi delle indagini sulle acque si riflette in questi anni anche nella serie di disegni che dedica ai Diluvi.
Leonardo appare sempre più assorbito dalla sua visione: si concentra intorno al tema dello sconvolgimento delle forze della natura e insegue l’evocazione di un passato remotissimo, di cui scopre le tracce nei fossili di Monte Mario.
A Roma continua le sue dissezioni anatomiche, per le quali è però accusato di negromanzia. Così, Leonardo rimane appartato, e persegue la sua attività speculativa, in un luogo dove convergono, invece, talenti pragmatici come Bramante, che in Vaticano si occupa della grandiosa impresa della Fabbrica di San Pietro, o Michelangelo, che ha appena completato gli affreschi della volta della Cappella Sistina, e anche Raffaello, che ha dato proprio le fattezze di Leonardo alla figura di Platone dipinta nelle Stanze Vaticane.

Nel 1515 Leonardo realizza un meccanismo sorprendente: l’automa di un leone in grado di muoversi, avanzare, arrestarsi sulle zampe posteriori e infine aprire il petto mostrando al suo interno dei gigli di Francia. Il leone meccanico era infatti stato concepito proprio per celebrare il nuovo re francese Francesco I e fu spedito come omaggio da Firenze a Lione, dove ebbero luogo grandi festeggiamenti per l’ingresso del sovrano in città. Emblematicamente il leone alludeva, oltre che a Lione, anche a Firenze, che nel Marzocco ha per simbolo un leone, e ancora al papa Leone X, il quale mirava a ottenere l’amicizia del re francese ed era riuscito a sposare la zia di lui proprio con suo fratello Giuliano, protettore di Leonardo.


GIOCONDA (1503 – 1513 e dopo)
Leonardo da Vinci (1452-1519)
Museo del Louvre – Parigi
Olio su tela tavola di pioppo cm. 77 x 53

 

Francia – La morte di Giuliano de’ Medici, nel 1516, dovette contribuire alla decisione di Leonardo di accettare l’invito di Francesco I e trasferirsi quindi in Francia presso la sua corte ad Amboise, sede del Palazzo reale. Lì vicino, a Cloux, il re gli offre come residenza il piccolo castello di Clos-Lucé dove Leonardo si stabilisce insieme ad alcuni allievi, rimanendovi per quasi tre anni, fino alla morte. II re lo nomina “Premier peintre & ingégnieur & architecte du Roy, méchanicien d’estat, & c.”.
Per lui Leonardo pianifica interventi sui corsi d’acqua che interessano la Loira e progetta una reggia da edificare a Romorantin. La concepisce come una residenza-città con sistemi di canalizzazione che avrebbero alimentato un moderno sistema di acque correnti, oltre che le fontane dei giardini e un bacino per tornei acquatici.
Anche alla corte di Francia Leonardo si occupa dell’allestimento di feste e celebrazioni ideando scenografie e macchine teatrali, e il suo celebre automa del leone semovente era ancora utilizzato nel corso delle rappresentazioni.
Aveva portato con sé dall’Italia la Gioconda, la Sant’Anna (Louvre), il San Giovanni Battista, ai quali continuava a lavorare nel corso degli anni; ma altrimenti sembra che ormai, nell’ultimo periodo in Francia, Leonardo non dipingesse più, anche se instancabilmente seguitava a disegnare e a registrare annotazioni nelle sue carte.
II cardinale Luigi d’Aragona gli rende visita nel 1517 e il suo segretario descriverà l’incontro con il vecchio Leonardo desideroso di dare notizia della mole ingente delle sue ricerche, e del tesoro di conoscenze custodite nei suoi manoscritti: “et già lui disse haver facta notomia de più de xxx corpi tra mascoli et femine de ogni età. Ha anche composto de la natura de l’acque, de diverse machine et d’altre cose, secondo ha referito lui, infinità de volumi…”.
Con il testamento redatto in data 23 aprile 1519 Leonardo, che ha da poco compiuto sessantasette anni, nomina suo esecutore l’allievo prediletto Francesco Melzi; è a lui che lascia tutti i disegni, i manoscritti, gli strumenti che aveva con sé.
Leonardo muore appena dieci giorni dopo, il 2 maggio 1519. Venne sepolto, secondo la sua volontà, in una chiesa di Amboise dal nome significativo: Saint-Florentin. La chiesa fu poi gravemente danneggiata durante le guerre di religione e definitivamente distrutta nel 1808.
In seguito venne registrato il rinvenimento di alcuni frammenti di una pietra che recava la scritta “LEO… INC…/… EO… DUS VINC…” e anche di un grande scheletro: i resti di Leonardo oggi perduti.
Rimane la leggenda che lo vede spirare tra le braccia di Francesco I. Storicamente l’evento non ebbe luogo, perché il re si trovava altrove e il Melzi lo raggiunse portandogli la notizia, ma certo il sovrano francese, che fu il suo ultimo mecenate ed estimatore, dovette conservare di Leonardo un vivido ricordo pieno di ammirazione e di stupore. Lo testimonia Benvenuto Cellini, il quale, più di vent’anni più tardi, quando si trovava al cospetto del re Francesco lo sentì ricordare il grande maestro e dichiarare che mai “altro uomo fusse nato al mondo che sapessi tanto, quanto Lionardo, non tanto di pittura, scultura et architettura, quanto che egli era grandissimo filosofo”.
Un eredità inscindibile dalla figura di Leonardo, quella legata all’inesauribile ricerca della conoscenza e che corrisponde alla sua concezione dell’artista, del pittore, per il quale rivendicò l’universalità e le facoltà illimitate dell’uomo del Rinascimento:
“Se ‘l pittore vol vedere bellezze che lo innamorino, lui è signore di generarle, e se vol vedere cose mostruose che spaventino, o che sieno buffonesce e risibili, o veramente compassionevole, lui n’è signore e dio. […] Et in effetto, ciò, ch’è nell’universo per essenzia, presenzia o immaginazione, esso l’ha prima nella mente, e poi nelle mani…”.
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BATTESIMO DI CRISTO – Verrocchio e Leonardo

ANNUNCIAZIONE – Leonardo da Vinci

ANNUNCIAZIONE 598 – Leonardo da Vinci

RITRATTO DI GINEVRA BENCI – Leonardo da Vinci

SACRA FAMIGLIA (Sant’Anna, la Madonna e il Bambino con l’agnello) – Leonardo

SANT’ANNA CON LA VERGINE, IL BAMBINO E SAN GIOVANNINO – Leonardo

1 – LA VERGINE DELLE ROCCE – Leonardo da Vinci

2 – LA VERGINE DELLE ROCCE – Leonardo da Vinci

MADONNA DEL GAROFANO – Leonardo da Vinci

MADONNA BENOIS – Leonardo da Vinci

LA DAMA CON ERMELLINO – Leonardo da Vinci

MADONNA LITTA – Leonardo (Giovanni Antonio Boltraffio)

LA GIOCONDA (Monna Lisa) – Leonardo da Vinci

SAN GEROLAMO – Leonardo da Vinci

ADORAZIONE DEI MAGI  – Leonardo da Vinci

RITRATTO DI MUSICO – Leonardo da Vinci

RITRATTO DI DONNA (LA BELLE FERRONIÈRE) – Leonardo da Vinci

RITRATTO DI ISABELLA D’ESTE – Leonardo da Vinci

TESTA DI FANCIULLA – LA SCAPILIATA – Leonardo da Vinci

SAN GIOVANNI BATTISTA – Leonardo da Vinci

BACCO (SAN GIOVANNI) – Leonardo da Vinci

L’UOMO VITRUVIANO – Leonardo da Vinci

L’ULTIMA CENA (Cenacolo) – Leonardo

SALA DELLE ASSE – Castello Sforzesco, Milano – Leonardo da Vinci

DISEGNI DI LEONARDO – Biblioteca Reale di Torino

DISEGNI DI LEONARDO – Galleria degli Uffizi a Firenze

DISEGNI DI LEONARDO – Gallerie dell’Accademia – Venezia

CODICE TRIVULZIANO – BIBLIOTECA DEL CASTELLO SFORZESCO a MILANO – Leonardo da Vinci

BIBLIOTECA AMBROSIANA, MILANO – GABINETTO NAZIONALE DELLE STAMPE E DEI DISEGNI – Leonardo da Vinci

DISEGNI IN EUROPA – Leonardo da Vinci

DISEGNI DI LEONARDO IN AMERICA

RACCOLTA DI WINDSOR – Leonardo da Vinci

CODICE ARUNDEL (Londra, British Museum) – Leonardo da Vinci

CODICE ATLANTICO – Leonardo da Vinci

CODICE SUL VOLO DEGLI UCCELLI – Leonardo da Vinci

I MANOSCRITTI DI LEONARDO

MANOSCRITTI DI FRANCIA AB – C – D – E – F – G – H – I – K – L – M

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