LA SCIENZA NELLA PRIMA METÀ DEL XIX SECOLO – BIOLOGIA, MATEMATICA, FISICA, CHIMICA

LA SCIENZA NELLA PRIMA METÀ DEL XIX SECOLO

Premessa

Si può affermare che nel campo della scienza si manifestò, sin dagli inizi del XIX secolo, un fenomeno per molti aspetti analogo a quello che aveva investito la letteratura, le arti e la filosofia. Come queste avevano tagliato i ponti con la tradizione classica, così il pensiero scientifico aveva preso le distanze da quelle concezioni che per oltre un secolo avevano guidato il cammino della scienza, richiamandosi al nome prestigioso di Newton e alle idee illuministiche.
L’800 segna dunque, nei suoi primi anni, un periodo se non proprio di crisi, quanto meno di transizione verso i più moderni approdi scientifici della fase terminale del secolo.
Significativo appare, nell’opera di rottura con tutta una tradizione scientifica, il ruolo svolto non solo dagli addetti ai lavori, cioè gli scienziati in quanto tali, ma dai filosofi e addirittura dai poeti; Goethe, ad esempio, polemizzò con grande impegno con la tesi di Newton sull’ottica, accusandolo di non saper cogliere il valore “emotivo” e “spirituale” del colore, e di ridurre questo a un puro fenomeno di movimento di particelle materiali. Evidentissima si palesa, in questa posizione di Goethe, l’ispirazione romantica che suggerisce un’interpretazione estremamente soggettiva, “idealistica” della realtà (la realtà come riflesso dell’1dea) e quindi legata a fattori quali il sentimento, la fantasia, la libera intuizione di ogni singolo osservatore.
Queste teorie, sviluppate nella filosofia della natura di Schelling e di Hegel (filosofia che sarà definita, appunto, idealistica) influirono in maniera sensibile – e anche positiva – sullo sviluppo almeno di alcuni rami della scienza.

Bisogna tuttavia precisare che il termine di crisi, adoperato per caratterizzare il periodo scientifico compreso tra la Rivoluzione francese e l’età romantica, va riferito piuttosto alle idee che alle concrete realizzazioni della scienza. La rivoluzione industriale aveva posto la necessità di continui adeguamenti tecnici, vincolando in maniera crescente la scienza all’industria, divenuta ormai uno dei cardini fondamentali delle forze produttive dell’umanità. Le stesse guerre napoleoniche avevano sollecitato applicazioni e innovazioni tecnologiche sempre più avanzate. Si può dire, allora, che in questa fase storica avvengono una serie di trasformazioni e scoperte che tuttavia il pensiero scientifico contemporaneo non riesce a cogliere in tutte le loro implicazioni e a sintetizzarle in nuove teorie: in questo senso resta valida la constatazione di una crisi della scienza sul piano, delle idee e delle elaborazioni generali, ma non su quello delle concrete conquiste tecnico-scientifiche.

Ma vediamo di dare una breve illustrazione del cammino della scienza in questa prima parte del XIX secolo.

La biologia

È questo il ramo del sapere scientifico dove maggiore e più positivo fu il contributo delle concezioni romantiche. Abbiamo già visto come con il francese George de Buffon (1707-1788) si fosse pervenuti a definire un primo abbozzo della teoria evoluzionistica, che considera tutto il presente, lo stato attuale della materia come il risultato di trasformazioni successive avvenute nel corso dei miliardi di anni di vita della Terra. Dalla scuola di Buffon uscirono naturalisti che operarono egregiamente nei primi decenni dell’800. Tra questi, i francesi Geoffroy de Saint Ilaire (1772-1844) e George Cuvier (1769-1832) fondatori della anatomia comparata e della paleontologia (scienza che studia i resti di piante o animali vissuti in ere geologiche precedenti l’attuale).
Ma, in particolare, un apporto rilevante alla teoria della evoluzione fu dato, anche se in forme ancora approssimative, dal francese Jean Baptiste Lamarck (1744-1829). Questi pubblicò nel 1809 la sua “Filosofia zoologica“, che è considerato come una prima sistemazione della nuova dottrina. Cercando di spiegare la ragione delle somiglianze esistenti tra le diverse specie animali, Lamarck affermava che esse sono da attribuirsi a una comune origine dalla quale le specie si sono distaccate, differenziandosi via via per effetto di trasformazioni organiche dovute all’ambiente esterno. Sotto la pressione dell‘ambiente, gli individui trasformano e adattano la loro struttura. “Il bisogno genera la funzione e la funzione sviluppa l’organo”: in questa frase sta il significato della ipotesi di Lamarck la quale, a parte le intrinseche debolezze che gli sviluppi teorici successivi metteranno in luce, rappresentò il primo, vero passo verso l’affermazione della dottrina evoluzionista.

 Le matematiche

“La matematica è la regina della scienza e l’aritmetica la regina della matematica”: così affermava il tedesco Karl Friedrich Gauss (1777-1855), il più grande studioso di “numeri” che l’Europa abbia avuto in tutta la prima metà dell’800. Gauss intervenne con successo in ogni campo della matematica, introducendovi idée profondamente rinnovatrici. La frase che abbiamo citato mette in evidenza uno dei suoi fondamentali campi di ricerche, basato sull’assunto che l’aritmetica dei numeri interi – cioè la più certa, assestata tra tutte le dottrine matematiche – costituisca la base di tutto il sapere.

Ancora; trai matematici dell’epoca, vanno citati Augustin-Louis Cauchy (1789-1857); Carl Gustav Jacob Jacobi (1804-1851), Évariste Galois (1811-1832) precoce genio, morto a soli 21 anni in seguito a un duello.

A questo periodo appartiene la nascita della “geometria non euclidea”, ad opera del russo Nikolaj Ivanovič Lobačevskij (1793-1856) e dell’ungherese János Bolyai (1802-1860).

La fisica

Anche in questo campo intervennero numerosi fattori di rinnovamento e di rottura rispetto alla fisica dell’età illuministica. Uno dei primi bersagli fu la teoria circa la natura corpuscolare della luce legata al nome di Newton, che concepiva la luce come formata appunto da tante minuscole particelle irradiantesi da una determinata sorgente.

Sulla base di alcune esperienze che avevano portato il francese Etienne Louis Malus (1775-1812) a scoprire il fenomeno della “polarizzazione della luce” (1808) tale concezione fu capovolta e tornò ad affermarsi la teoria “ondulatoria” già formulata nel secolo precedente da Huyghens (1).

In particolare, il francese Augustin Fresnel (1788-1827) riuscì a elaborare una ipotesi più completa sul problema, sostenendo che la luce dovesse considerarsi, fisicamente, un moto ondulatorio dell’etere (2), come quello provocato nell’acqua dall’impatto di un sasso e nell’aria dal suono. Fresnel dette la spiegazione matematica delle caratteristi che di questo particolare moto dell’etere, contribuendo al rilancio della teoria ondulatoria. Diremo che l’alternarsi tra le due teorie proseguirà per tutto il secolo XIX, come avremo modo di vedere, e sarà uno dei temi di dibattito di ricerche e di sensazionali scoperte del XX secolo.
Si può affermare che ancora oggi una sintesi completa tra le due teorie non è stata raggiunta. Comunque, le conclusioni cui era pervenuto Fresnel influenzarono e stimolarono gli studi sull’elettrologia, che grazie alla conquista tecnica della pila, realizzata da Volta, si sviluppò in maniera notevolissima. Due figure di scienziati dominano questo campo: André Ampère (1775-1836), francese, e l’inglese Michael Faraday (1791-1867). Dopo che Hans Christian Ørsted (1777-1851) aveva scoperto, casualmente, che l’ago della bussola subiva una deviazione in presenza di corrente elettrica, Ampère iniziò una serie di esperimenti che lo portarono alla costruzione pratica di un “conduttore elettrico”, avvolto a elica, con spirali ravvicinate (solenoide). Era nata, di fatto, una nuova disciplina: l’elettrodinamica, cioè lo studio delle attrazioni e repulsioni reciproche tra conduttori, percorsi da corrente, per effetto dei rispettivi campi elettromagnetici. Col nome di Ampère – e in suo onore – fu chiamata l’unità di misura dell’intensità della corrente elettrica. Gli studi di Ampère furono seguiti dal già citato Gauss e da Georg Simon Ohm (1787-1854) che formulò la legge, che porta il suo nome, sulla conduzione elettrica. A Faraday spettò il compito, importantissimo, di dimostrare – una volta accertato che la corrente elettrica produce magnetismo – che il magnetismo poteva a sua volta produrre corrente elettrica. Con questa scoperta, cui pervenne nel 1831, Faraday chiarì che l’elettricità è magnetismo in movimento e viceversa. L’importanza pratica di questo risultato fu enorme: essa infatti apriva la possibilità di azionare le macchine per mezzo di corrente elettrica.

(1) polarizzazione: spiegata molto sulle generali, questa teoria consiste nella possibilità, scoperta appunto da Malus, di far “vibrare” la luce su un determinato piano. Si può ottenere per riflessione su specchi, per rifrazione in cristalli. Per giungere a questa scoperta, però, Malus partì dalla convinzione che la luce fosse il risultato di una “vibrazione” – propagantesi per linee trasversali – dell’etere. L’ottenuta “polarizzazione“ portava quindi inevitabilmente a inficiare la validità della teoria corpuscolare.
(2) etere: fino al secolo scorso si riteneva che lo spazio cosmico fosse riempito da una determinata sostanza – detta “etere” – ritenuta elastica, imponderabile, trasparente, non vischiosa e non dispersiva.

La chimica

Questo ramo della scienza, che aveva già conosciuto nel secolo precedente una sua evoluzione come disciplina razionale – liberandosi progressivamente di antiche credenze magiche e di pratiche alchimistiche – si sviluppò sensibilmente nell’800. Al contrario della fisica, la chimica accolse il modello “corpuscolare”, come quello che meglio poteva spiegare i diversi fenomeni che i ricercatori avevano di fronte. Dopo Antoine-Laurent de Lavoisier (Parigi, 26 agosto 1743 – Parigi, 8 maggio 1794)  la chimica “ossigenistica” ebbe un impulso vigoroso, grazie anche all’apporto dell’elettricità. Si scoprì, infatti, che la corrente elettrica decomponeva, oltre che l’acqua, anche i sali.

L’inglese Humphry Davy (1778-1829) riusciva a ottenere tre nuovi metalli, scomponendo gli alcali (composti chimici, come l’idrato di potassio, di calcio, di ammonio, ecc.): sodio, potassio, calcio. Ciò valse a far suddividere tutti gli elementi conosciuti in due grandi classi: metalli e non metalli, i primi dotati di carica elettrica positiva, i secondi di carica negativa. Attraverso successivi studi lo svedese Jöns Jacob Berzelius (1779-1848) giunse a determinare la costituzione della maggior parte (circa 50) dei composti inorganici e minerali e a precisarne il peso atomico.

Le nuove conoscenze stimolarono l’industria chimica e a loro volta studiosi e ricercatori cominciarono a muoversi sulla base di una più razionale organizzazione scientifica. In altre parole, i risultati via via ottenuti venivano sottoposti ad una più attenta analisi. A questo tipo di lavoro si accinsero, tra gli altri, i chimici francesi  Gay-Lussac (1778-1850) e Laurenti (1808-1853), il tedesco Justus von Liebig (1803-1873) che creò un laboratorio modello, esempio di serietà e profondità di studi. A Liebig, esperto tra l’altro di problemi d’agricoltura, si devono l’introduzione dell’uso dei concimi chimici e i procedimenti di fabbricazione degli estratti di carne, per i quali ancor oggi il suo nome è popolare.

In Italia, non molto presente in campo scientifico in questo periodo, si impose la figura di un fisico, Amedeo Avogadro (1776-1856) torinese, che enunciò la legge che porta il suo nome sul numero delle molecole contenute in “eguali volumi di gas a pari condizioni di temperatura e pressione”. Ad Avogadro si deve il moderno concetto di “molecola”.

Il progresso della tecnica

I fondamentali risultati ottenuti nello studio del calore e delle sue trasformazioni, che avevano portato James Watt a costruire, nel 1775, la prima macchina a vapore, avevano aperto una strada feconda di novità rivoluzionarie nel campo dei trasporti. Nel 1814 l’inglese George Stephenson (1781-1848) costruiva la prima locomotiva. Rispetto alle altre macchine, l’innovazione decisiva fu la riutilizzazione del vapore aspirato dal fumaiolo per ottenere un’alimentazione supplementare della caldaia e quindi una maggiore energia. La locomotiva di Stephenson poteva raggiungere, superando nettamente il carro a Cavallo (3), la velocità di oltre 33 chilometri orari. Il trionfo della nuova macchina fu sancito nel 1829, dopo le prove di Rainhills, sulla nuova linea Liverpool-Manchester, che valsero al “Rocket” (razzo) di Stephenson il riconoscimento ufficiale di mezzo più veloce ed economico. Intanto, l’americano Robert Fulton (1765-1815) aveva sperimentato il suo battello azionato a vapore.

Il miglioramento di queste macchine, dovuto in grande parte all’opera di tecnici pratici, richiamò l’attenzione degli scienziati, che cercarono di apportarvi radicali innovazioni. Il grande fisico francese Nicolas Léonard Sadi Carnot  (1796-1832), figlio del celebre Lazare Carnot, artefice delle vittorie militari della Rivoluzione francese, dimostrò in particolare che era possibile ottenere lavoro, cioè energia, dal “passaggio” di calore tra differenti temperature.

Ma la “rivoluzione” dei trasporti non costituì la sola – anche se più importante – novità tecnica dei primi anni dell’800. Qualcosa di analogo avvenne nel campo delle comunicazioni: nel 1837 l’americano Samuel Morse (1791-1872) realizzava il primo telegrafo elettromagnetico, che venne impiegato regolarmente sette anni più tardi tra Washington e Baltimora. Nel 1839 l’inglese Rowland Hill (1795-1879) introduceva, nel servizio postale inglese, l’uso del “francobollo”: una piccola “trovata” di enorme importanza per lo sviluppo di questo particolare sistema di comunicazione.
Nel 1831, il francese Louis Daguerre (1789-1851) inventava insieme a Joseph Nicéphore Niépce (Chalon-sur-Saône, 7 marzo 1765 – Saint-Loup-de-Varennes, 5 luglio 1833) un procedimento fotografico – chiamato poi “dagherrotipia” – per la sensibilizzazione di un sottile strato d’argento applicato elettroliticamente su una lastra di rame e per lo sviluppo dell’immagine impressa su questa dalla luce. Era nata la prima macchina fotografica.

(3) era stato James Watt a definire l’unità di misura della potenza della macchina a vapore, rapportandola al lavoro che un cavallo era in grado di fare, espresso in “chilogrammetri” al minuto. Da qui la definizione di cavallo-vapore o, con la sigla inglese, HP.

GRANDI INVENTORI

A – B – CD – E – F – G – H – I – J – K – L – MN – O – PRST – U – VW – X – Y – Z

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