CRITICA ALL’ECONOMIA DI GUADAGNO – Tommaso Moro

CRITICA ALL’ECONOMIA DI GUADAGNO

Tommaso Moro

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L’economia politica come branca autonoma del sapere è un tipico prodotto del pensiero moderno; ciò non toglie tuttavia che alcuni concetti ereditati dal passato non abbiano continuato ad esercitare una considerevole influenza anche nel presente. Si tratta in particolare della distinzione aristotelica fra economia diretta al consumo ed economia diretta al guadagno (crematistica); tale distinzione ê basata sul principio che lo scambio è un rapporto d’uguaglianza nel quale le merci hanno uguale valore perchè contengono uguale quantità di lavoro. Ogni tolta quindi che dallo scambio sorge un guadagno, un plusvalore, vuol dire che il principio di uguaglianza è stato violato.
Tali concetti; ereditati da Aristotele trovarono naturalmente nella scolastica medioevale una serie di applicazioni: la condanna dell’interesse (il denaro non partorisce denaro), della mercatura intesa come strumento di ricchezza, e l’esaltazione del “giusto prezzo” quale realizzazione del principio di uguaglianza. E, si badi bene, questi concetti esercitarono una durevole influenza durante tutto il corso del Rinascimento, in duplice direzione: da un lato come ritorno al passato, alla vita cristiana primitiva (è questo il tema preferito dei riformatori religiosi, da Gerolamo Savonarola a Martin Lutero), dall’altro come aspirazione ad una nuova società futura (è questo invece il tema degli umanisti).
Il punto di partenza per ambedue le interpretazioni è identico: una critica alla società mercantile sorta in Italia, nei Paesi Bassi e in Germania. Del tutto diversi invece sono i punti d’arrivo, poiché nel primo caso si intende rivalutare il passato rispetto al presente, nel secondo si vuole invece far progredire il presente. .
Ora è evidente che l’economia politica si ricollega non tanto al passato scolastico o alle sue rielaborazioni da parte della Riforma e della Controriforma, quanto al nuovo corso impresso al pensiero da parte dell’Umanesimo, e soprattutto alla esaltazione dell’uomo come conoscitore e conquistatore della natura.
Per questo motivo preferisco cercare gli immediati precedenti dell’economia politica, piuttosto che nelle pagine di un teologo, nell’opera di un umanista: cioè nell’Utopia di Tommaso Moro. Nell’umanista infatti la critica alla società del suo tempo si impernia nella critica della economia di guadagno, analizzata in un caso storicamente concreto ed attuale (la recinzione delle terre) e sfocia nell’indicazione di una soluzione-limite, nella prospettiva di una società che trovala propria perfezione-non già nell’osservanza di una legge divina, ma nello sviluppo delle naturali necessità dell’uomo, coincidenti anche, ma in ultima istanza, col precetto religioso.
L’importanza dell’opera del Moro sta quindi, a mio avviso, in due punti particolari: – un aspetto che si potrebbe dire metodologico: la società umana è intesa come mezzo per l’accrescimento del benessere materiale, legittimando quindi tacitamente la ricerca delle cause che formano là ricchezza, forma concreta del benessere; – un secondo aspetto, relativo all’impostazione ed alla soluzione: l’economia di guadagno viene criticata come irrazionale, prima ancora che come immorale; si propone quindi una soluzione che oggi noi chiameremmo “comunistica”. In genere è questo lo schema umanistico che si ritrova nelle varie “utopie” del XVI secolo, fino al Campanella.
Oltre allo schema umanistico, ed a quello “teologico” per un ritorno alle forme primitive, esiste un’altra corrente di pensiero che individua l’accrescimento del benessere materiale nello sviluppo di forze storicamente già in atto, e precisamente nella vigente società mercantile, dedicandosi quindi allo studio delle concrete categorie dell’economia politica, cominciando dalla funzione del denaro dal sistema finanziario, per giungere poi nel secolo XVIII all’analisi sistematica del processo di produzione e distribuzione. Questa corrente di pensiero proviene dai “pratici” ed è in sostanza il condensato dell’esperienza
del mercante.
Di norma le storie dell’economia politica si ricollegano soprattutto a quest’ultima corrente: ma ignorare il contributo degli umanisti vuol dire dimenticare coloro che resero metodologicamente possibili l’economia come scienza autonoma; né è possibile trascurare la loro critica alla economia di guadagno, e la loro indicazione per una soluzione “progressiva “, tema ricorrente nell’economia, e che troverà il suo più ampio svolgimento nel socialismo del XIX secolo..

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