LA MUSICA NUOVA

LA MUSICA NUOVA

Neppure la grande musica dell’Ottocento resse alle sollecitazioni e ai tumultuosi cambiamenti prodottisi nella società prima e dopo la guerra del 1915-18. Nell’opera – una delle più classiche manifestazioni dell’arte musicale del XIX secolo – un movimento di contestazione si apre con la cosiddetta “musica nuova”, polemica, in particolar modo, nei confronti di Wagner. Il francese Claude Debussy (1862-1918) è il primo protagonista di questa operazione di rinnovamento che egli cerca di precisare con l’opera “Péllèas e Mélìsande“. È un tentativo in grande stile, ma riuscito solo in parte: chiare e persistenti influenze wagneriane si riscontrano, infatti, nella composizione, pur estremamente suggestiva ed elegante. Comunque la prima mossa è compiuta e sulla breccia aperta da Debussy passano le esperienze dei francesi Paul Dukas (1865-1935) – di cui notissimo è il poema sinfonico “L’apprendista stregone” – Maurice Ravel (1875-1937), che rinnova completamente gli schemi dell’opera comica, dello spagnolo Manuel De Falla (1876-1946), con l’opera “El retablo de Maese Pedro” (Il teatrino di Mastro Pietro), e dell’ungherese Béla Bartòk (1881-1945).

Ma l’opera subisce una svolta ancor più decisiva con due compositori austriaci, Arnold Schönberg (1874-1951) e il suo allievo Alban Berg (1885-1935). La musica di questi due artisti di altissimo livello ha un particolare risvolto culturale in quanto essa deve essere ricollegata a quel movimento che tanto significativamente aveva contrassegnato l’arte europea e tedesca: l’espressionismo. Ma l’importanza dell’azione innovatrice portata a termine da Schönberg e da Berg (soprattutto con “L’attesa” da parte del primo, e “Wozzeck“, da parte del secondo) deriva in modo specifico dalla introduzione di una nuovissima tecnica musicale, detta dodecafonia. Questa consiste, essenzialmente, nel fatto che per comporre si utilizzano non solo le sette note fondamentali della scala cosiddetta tonale ma anche i cinque semitoni: in totale, dunque, dodici note (da qui dodecafonia) poste nella successione stabilita dal musicista.

Facciamo un esempio: su un pianoforte, un’ottava comprende le sette note, dal do al si (più, naturalmente, ancora un do, ma di tono più alto), ma a ciascuna ottava si aggiungono, com’è noto, cinque tasti neri, che rappresentano i semitoni. Nella musica tradizionale questi semitoni hanno una funzione subordinata, servono da raccordo e da arricchimento, nel pezzo, per le sette note fondamentali. Nella musica dodecafonica, invece, i semitoni vengono considerati di pari importanza, e utilizzati alla stregua delle altre note. Naturalmente, la struttura del pezzo viene ad essere così profondamente modificata, con un effetto tutto particolare che ad un orecchio non esercitato dà una sensazione di “dissonanza” ma che appare anche carico di indiscutibile fascino. La tecnica dodecafonica si è imposta a partire dagli anni ’30 ed è stata largamente adoperata.

Se a Schönberg e a Berg va riconosciuta una funzione rivoluzionaria nel campo dell’opera e della musica in generale, non meno importanti protagonisti dell’evoluzione musicale del Novecento furono il russo Igor Stravinskij (1882-1970) e il tedesco Paul Hindemith (1895) ai quali rispettivamente si devono – in campo operistico — “Storia di un soldato” e “Mathis il pittore“. A questi aggiungeremo ancora, lo svizzero Arthur Honegger (1892-1955) che si espresse al meglio nell’ “Antigone“, e il francese Darius Milhaud (1892-1974), autore di un’opera, “Cristoforo Colombo“, di pregevolissima fattura.

La musica nuova inglese è rappresentata da Benjamin Britten (1913-1973), autore di “Peter Crimes” e del “Ratto di Lucrezia“, mentre dagli Stati Uniti il contributo più rilevante viene da George Gershwin (1898-1937) con l’opera “Porgy and Bess“, ispirata all’ambiente negro-americano di cui evoca il folklore.

Particolarissima è l’opera del tedesco Kurt Weill (1900-1950), che si cimentò in maniera originale sul piano della satira politica. Nella “Dreigroschenoper” (L’opera da tre soldi) su testo di Bertolt Brecht, Weill inserì motivi popolari di successo, operazione che ripeté nella “Ascesa e caduta della città di Mahagonny“. Fu egli stesso compositore di musica leggera, particolarmente dopo il suo trasferimento negli Stati Uniti.

In Italia, di rilievo la musica di Ildebrando Pizzetti (1880-1968) volta a rinnovare la tradizione ottocentesca (sue opere maggiori: “Fedra“, “Lo straniero” e “Assassinio nella cattedrale“, quest’ultima del 1958-1973) e di Gian Francesco Malipiero (1882), autore di “Sette canzoni“, “Torneo notturno“, “Venere prigioniera“. ecc…

Se l’opera, pur profondamente rinnovata, continua a esistere come forma musicale autonoma, la sinfonia subisce, nel Novecento, una trasformazione tale che autorizza a parlare di una sua decadenza, almeno nei suoi schemi classici. Dopo un dominio di circa un secolo, durante il quale era stata la forma di più elevato prestigio, la sinfonia cede il passo a composizioni assai più libere, che anche nella definizione, che ad esse si dà, di “musica o pezzi per orchestra”, denunciano il loro distacco dalla struttura sinfonica tradizionale. Questa rimane così definitivamente legata ai grandissimi nomi del Settecento e dell’Ottocento, da Haydn a Mozart, da Beethoven a Mahler.

Comunque, nella “musica per orchestra”, ritroviamo i nomi di Debussy, di Ravel, di Schönberg e, ancora, di Stravinskij (con una bellissima ma assai “libera” sinfonia in do maggiore), Hindemith e Milhaud. A questi vanno aggiunti i compositori della scuola russa, Sergej Prokofiev (1891-1953) e Dmitri Shostakovich (1906-1975). Tra gli italiani, Gian Francesco Malipiero e Alfredo Casella (1883-1947) si pongono come i maggiori interpreti di queste nuove forme di musica sinfonica.
Una sorte diversa, rispetto alla sinfonia, tocca al concerto, o più precisamente al concerto sinfonico che mantiene un posto di tutto rilievo nel panorama musicale del primo Novecento. Forma musicale, largamente, per così dire, spettacolare (poiché continua a richiedere ai solisti il massimo di virtuosismo tecnico) essa trova in Germania due autorevoli interpreti in Max Reger (1873-1916) e Ferruccio Busoni (1866-4924). Il concerto sinfonico regge anche all’avvento della “musica nuova”, seguendo una propria evoluzione. Pianoforte e violino sono, in prevalenza, gli strumenti scelti come solisti nel concerto sinfonico, nel quale si cimentano quasi tutti gli autori che abbiamo sinora citato, con una notazione particolare per i russi Shostakovich e Prokofiev e per gli italiani Malipiero, Casella, Ottorino Respighi (1879-1936), Giorgio Federico Ghedini (1892-1965).

Va detto, infine, che una certa tendenza, già presente nelle composizioni di Reger, si manifesta a sollecitare per il concerto un ritorno alle antiche forme delle composizioni di Bach e Vivaldi. Intervengono in questo senso autori ,
come Stravinskij e Hindemith.

Il quadro musicale del Novecento, però, si arricchisce di una nuova e particolarissima presenza: il jazz. È una musica che conquista subito un suo spazio, soprattutto “commerciale” e tuttavia per il suo carattere, per la espressività che la distingue, per il mondo “culturale” che è alle sue origini, essa deve essere considerata come una delle forme più suggestive e degne d’attenzione di tutta l‘arte musicale. Ma del jazz e della sua evoluzione dalle origini ai giorni nostri tratteremo in un prossimo capitolo, insieme alla musica moderna e ad alcune considerazioni che pensiamo debbano essere fatte sulla musica di “consumo“: le canzoni.

VEDI ANCHE . . .

LA MUSICA NUOVA

SINFONISTI DELL’OTTOCENTO 

MUSICA ROMANTICA DEL NOVECENTO

LA MUSICA ROMANTICA – Ludwig van Beethoven

GIUSEPPE VERDI – Vita e opere

ROBERT SCHUMANN – Vita e opere

FELIX MENDELSSHON – Vita e opere

HECTOR BERLIOZ – Vita e opere

FRÉDÉRIC CHOPIN – Vita e opere

FRANZ LISZT – Vita e opere

RICHARD WAGNER – Vita e opere

JOHANNES BRAHMS – Vita e opere

GIOACHINO ROSSINI – Vita e opere

.

.