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SAN GIOVANNI BATTISTA (1505-1507 o 1513-1516)
Leonardo da Vinci
Parigi, Musée du Louvre
Olio su tavola cm 69 x 57
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Quando Leonardo si trovava già in Francia nel piccolo castello di Clos-Lucé, a Cloux presso Amboise, gli fece visita il cardinale d’Aragona e il suo segretario scrisse di avere visto in quell’occasione un quadro “di San Iohanne Baptista giovane”, insieme ad altri due dipinti identificabili con la Gioconda e la Sant’Anna del Louvre. Leonardo aveva dunque portato questo dipinto dall’Italia e lo ebbe presso di sé nell’ultimo periodo della sua vita.
Ma la concezione del San Giovanni risale con ogni probabilità agli anni in cui Leonardo si trovava ancora a Firenze, intorno al 1508, quando collaborò con l’amico scultore Giovan Francesco Rustici nel progettare il gruppo bronzeo della Predica del Battista, destinato a essere collocato sopra la Porta nord del Battistero fiorentino (dedicato proprio a san Giovanni).
Leonardo dovette contribuire considerevolmente all’ideazione di quell’opera scultorea, con il santo al centro, fra il levita e il fariseo, che alza la mano destra per indicare verso l’alto, alludendo così al concetto della sua argomentazione.
Il Vasari afferma a proposito di Leonardo: “nella statuaria fece prove nelle tre figure di bronzo” e specifica “fatte da Giovan Francesco Rustici, ma ordinate col consiglio di Lionardo”. Immediatamente prima di questo riferimento alla scultura, il resoconto del Vasari considera il contributo di Leonardo nell’ambito della pittura ed evidenzia l’introduzione nei suoi dipinti di “una certa oscurità”, che rappresenta un’innovazione fondamentale adottata poi dai pittori “moderni” per conferire, dice sempre il Vasari, “gran forza e rilievo alle loro figure”.
Quell’effetto specifico inventato da Leonardo trova la sua dimostrazione proprio in quest’opera, con la figura che emerge progressivamente dal fondo in ombra; un metodo che si rivela di grande efficacia per rendere in pittura proprio la tridimensionalità scultorea delle forme. San Giovanni affiora con il suo sorriso enigmatico dall’oscurità; la luce che investe la figura proviene da una fonte in alto a sinistra ed evidenzia l’articolazione dei volumi creando superfici chiare e zone d’ombra, che contrastano fra loro e acquistano un forte risalto in base al principio che Leonardo stesso esprime con grande efficacia, formulandolo quasi come un aforisma filosofico: “Bianco col nero, o nero col bianco, pare più potente l’uno per l’altro, e così i contrari l’uno per l’altro si mostrano sempre più potenti”.
La parte in ombra del corpo rimane pur sempre visibile e distinta rispetto allo spazio indefinito dello sfondo e sembra suggestivamente proporre il riferimento al concetto del lumen cinereum della luna, quel fenomeno per cui anche la parte buia risulta percepibile all’occhio perché emana una leggera luminosità.
La posizione di tre-quarti sottolinea l’aggetto della spalla e del braccio, che taglia lo spazio in primo piano disegnando un arco che termina nella mano levata all’altezza del volto.
Il gesto con il dito che indica in su è simmetricamente correlato allo sguardo allusivo del personaggio. Si tratta di un atteggiamento che ritorna nei dipinti di Leonardo e che stabilisce, quindi, una consonanza gestuale tra il san Giovanni Battista e altri personaggi in cui ricorre questo tema del riferimento a qualcosa di superiore. Già una figura nel cerchio degli astanti dell’Adorazione dei Magi era rappresentata nell’atto di indicare verso l’alto; la stessa posa contraddistingue poi il san Tommaso, e la sua espressione di stupore, nell’insieme di emozioni che animano il Cenacolo; infine, il gesto, associato all’intensità dello sguardo, ritorna nella Sant’Anna del cartone alla National Gallery di Londra.
Si tratta dunque di un topos ricorrente che già Raffaello aveva individuato quasi come una sigla o un concetto distintivo della pittura di Leonardo, tanto da replicarlo nel ritratto che fece di lui nella figura di Platone al centro della Scuola di Atene, nelle Stanze Vaticane .
È soltanto in questo dipinto, però, che con il suo gesto allusivo il personaggio raffigurato si rivolge direttamente all’osservatore: a lui il san Giovanni indirizza, senza mediazioni, il suo messaggio. Questo risultato corrisponde a una idea che Leonardo aveva elaborato per l’immagine di un Angelo dell’Annunciazione, il dipinto oggi è perduto, ma risulta documentato da alcune versioni e repliche di seguaci e da un disegno su un foglio a Windsor, eseguito da un allievo.
L’angelo si rivolge all’osservatore ed è raffigurato, quindi, come se fosse guardato dal punto di vista della Vergine, in soggettiva si potrebbe dire. L’invenzione di Leonardo sembra costituire il corrispettivo ideale, come in un controcampo cinematografico, della
Vergine Annunziata di
Antonello da Messina (Palermo, Galleria Regionale della Sicilia).
Rispetto all’Angelo dell’Annunciazione, nel San Giovanni la figura ha effettuato una rotazione del braccio sovrapponendolo al torace, così che nella rappresentazione del corpo i piani si articolano in profondità. La figura incarna il manifestarsi della luce nelle tenebre e il messaggio di cui è portatrice rimanda a qualcosa che è esterno alla rappresentazione e che non appartiene all’ambito del visibile: una alterità che può essere solo evocata dato che spinge la conoscenza oltre i limiti della comprensione razionale.
A proposito della capacità della mente di penetrare “infra l’universo”, Leonardo dichiara: “ma perché ell’è finita non si astende infra lo infinito”.
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