MADONNA DEL GAROFANO – Leonardo da Vinci

MADONNA DEL GAROFANO (1490 circa)
Leonardo da Vinci (452–1519)
Alte Pinakothek, Monaco di Baviera
Olio su tavola cm 62 x 47,5

MADONNA DEL GAROFANO

In questo dipinto è stata ravvisata una delle prime opere indipendenti che Leonardo eseguì a Firenze. La posa della Madonna con la mano sollevata, che tiene delicatamente il fiore fra le dita, è mutuata da modelli del Verrocchio. Anche il suo viso corrisponde ancora a una tipologia di testa femminile legata al repertorio della bottega in cui Leonardo svolse il suo apprendistato. Inoltre, il dipinto ha una stretta affinità con un’altra Madonna col Bambino, la Madonna Dreyfus Madonna della melagrana (Washington, National Gallery) eseguita in ambito verrocchiesco forse da Leonardo stesso giovanissimo.

Per quanto riguarda la prima attività di Leonardo, sono stati riconosciuti alcuni suoi interventi che risalgono all’epoca in cui non riceveva ancora commissioni autonome e collaborava alle opere prodotte nella bottega. Questi interventi sono riscontrabili in tre dipinti tutti raffiguranti la Madonna col Bambino. Leonardo vi avrebbe eseguito: un giglio tenuto da un angelo e il picco roccioso del paesaggio (in un quadro alla National Gallery di Londra) e, ancora, i particolari delle rocce sullo sfondo (in due dipinti a Berlino, Staatliche Museen). Infine, nel Tobia e l’angelo (National Gallery di Londra) assegnato al Verrocchio, Leonardo eseguì con ogni probabilità il cagnolino e il pesce, dando prova della sua capacità di restituire in pittura la vitalità del dato naturale.
Nel dipinto conservato a Monaco, la testa della Madonna si staglia sul fondo scuro, ornata dalla trina trasparente e luminosa del velo che dà risalto all’elaborata acconciatura. La raffinatezza dei dettagli contraddistingue questa figura e in generale l’intera composizione, a partire dai ricercati accostamenti cromatici delle vesti, passando per i riflessi della spilla incorniciata di perle e il gesto elegante della mano che porge il garofano rosso intenso, fino alla balaustra in primo piano. Su questa sono disposti, in sequenza, il morbido cuscino su cui poggia il Bambino, il brano del panneggio indagato nel chiaroscuro e infine il prezioso vaso di fiori. Qui Leonardo restituisce con estrema abilità l’effetto della trasparenza del vetro riccamente lavorato. Proprio la presenza di questo dettaglio potrebbe far identificare l’opera con un dipinto descritto dal Vasari, la Madonna della caraffa posseduta da papa Clemente VII, della famiglia Medici. Il particolare della caraffa è lo spunto per elogiare le sorprendenti qualità illusionistiche della pittura di Leonardo che, imitando la natura, riesce a restituirne la vita.
Testimonia infatti il Vasari: “contraffece una caraffa piena d’acqua con alcuni fiori dentro, dove, oltre la maraviglia della vivezza, aveva imitato la rugiada dell’acqua sopra, sì che ella pareva più viva della vivezza”.
Per rendere con maggiore efficacia anche la trasparenza dell’epidermide, Leonardo dovette provare un’applicazione sperimentale di olii e vernici che oggi sono evidenti a una visione ravvicinata, essendosi rappresi sulla superficie del dipinto. Le zone interessate sono il volto della Madonna e il corpo del Bambino. Qui, specialmente nel braccio, per rappresentare in dettaglio le pieghe della carne tipiche dei neonati, Leonardo approfondisce gli effetti del chiaroscuro come negli studi di panneggi.
Oltre ai toni dell’incarnato, si riconosce nel dipinto una precisa attenzione per la ricerca degli accostamenti cromatici, soprattutto nelle vesti della Madonna. E in particolare nelle opere giovanili di Leonardo, che si osserva la tendenza a utilizzare, per gli abiti delle figure, una gamma definita di colori che include il rosso, il verde, il giallo, l’azzurro e il viola. Anche nella successiva trattazione teorica Leonardo espliciterà la sua preferenza per questo tipo di combinazioni cromatiche: “i colori che stanno bene insieme sono il verde col rosso o viola o malva, e giallo coll’azzurro”.
La figura della Madonna si iscrive fra le due finestre, due bifore ritmate da una colonnina centrale, oltre le quali la vista spazia su un vasto paesaggio. È come un’ampia panoramica orizzontale attraverso un territorio i cui toni digradano progressivamente, dal bruno delle zone più vicine, fino agli azzurri chiarissimi delle estreme lontananze.
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